Slobodan Milosevic :
Mettendo insieme tre bugie non si ottiene una verita', ma soltanto una bugia piu'grande. Tutte e tre queste accuse hanno davvero un sottile filo rosso, per usare il termine che qui ho sentito, che le unisce, e questo filo rosso e' il crimine che perdura contro la Jugoslavia e contro il mio popolo.
Questo qui e' indubbiamente un grande abuso di potere, allo scopo di montare uno storico raggiro, con il quale quelli che sono stati a favore della conservazione della Jugoslavia vengano accusati per la sua distruzione, quelli che hanno difeso il paese vengano accusati di crimini, quelli che si sono adoperati per ed hanno realizzato la secessione, appoggiando il separatismo ed il terrorismo, vengano amnistiati - poiche' dietro a loro c'erano forze che avevano l'obiettivo di stabilire il controllo sui Balcani, cosicche' da questa posizione strategica potessero estendere il loro dominio anche altrove.
Voi qui parlate di tre questioni tra loro collegate - questo abbiamo sentito. E come arrivano gli autori di questo cosiddetto piano, del quale parlano con tanto autoconvincimento, a presentare accuse su Bosnia e Croazia dopo ben dieci anni? Che sono assurde e prive di senso, innanzitutto perche' tutta la politica serba, la Serbia ed io personalmente, sia in Croazia sia in Bosnia, ci siamo concentrati sulla pace e non sulla guerra, ed abbiamo usato tutta la nostra influenza perche' si arrivasse alla pace quanto prima.
Proprio all'inizio del conflitto in Croazia noi ci siamo adoperati per una soluzione politica. Sulla base di questo interessamento sono state realizzate le Aree Protette dell'ONU e tutta la situazione si e' immediatamente calmata. Il 24 marzo 1992 il defunto leader croato Tudjman invio' il suo messaggio alla nazione dalla centrale Piazza Ban Jelacic [a Zagabria], nel quale disse testualmente : "La guerra non ci sarebbe stata se la Croazia non l'avesse voluta, ma noi abbiamo valutato che solamente cosi' avremmo potuto ottenere la nostra indipendenza".
E' naturale che la guerra non ci sarebbe stata se la Croazia non l'avesse voluta. Ed a questa guerra la Serbia non ha partecipato come parte belligerante : e' stato un conflitto interno.
E perche' la Croazia ha voluto la guerra ? Non certo perche' il popolo croato avrebbe cosi' usufruito del suo diritto alla autodeterminazione ed alla secessione - ad esempio, la Macedonia ha reclamato quel diritto e si e' separata dalla Jugoslavia -, naturalmente non per questo, bensi' per ottenere il suo obiettivo di cacciare circa mezzo milione di serbi dalla Croazia, mezzo milione di serbi delle Krajne serbe, dove per secoli hanno vissuto, sulla propria terra e non come usurpatori.
Fino all'arrivo di questo regime croato, che voleva la guerra e che ha dichiarato di averla voluta, la Croazia aveva una Costituzione nella quale era scritto che essa e' lo Stato del popolo croato, del popolo serbo e delle altre nazionalita' che vivono in Croazia. Questa Costituzione e' stata cambiata. I serbi hanno perso i diritti e lo status di popolo costitutivo in Croazia, e si sono ribellati. A quel tempo, nella stessa Serbia non esisteva coscienza del fatto che in certe parti della Croazia vivevano i serbi.
Voi parlate del piano in base al quale, con il sostegno della Germania, la Croazia fu prematuramente riconosciuta gia' alla fine del 1991, senza attendere alcuna soluzione politica, il che ha scatenato un conflitto nel quale la Serbia - lo ripeto - ha contribuito solamente al raggiungimento della pace quanto prima possibile.
Nemmeno la dirigenza croata ci ha mai indicato come responsabili di quegli scontri, ed oggi io qui sento che per quello noi avevamo un qualche piano.
In realta' c'era un piano evidente contro quello Stato di allora che era, direi, un modello per il futuro federalismo europeo. Quello Stato era la Jugoslavia, dove piu' nazionalita' erano comprese in un sistema federativo che realizzava la possibilita' di vivere con pari diritti, con successo, con la possibilita' di prosperare, svilupparsi e, direi, di essere d'esempio al mondo intero di come si puo' vivere insieme.
Per tutto il tempo abbiamo lottato per la Jugoslavia, per conservare la Jugoslavia. In fondo, tutti i fatti comprovano soltanto quello che sto dicendo. E soltanto la Repubblica Federale di Jugoslavia tuttora esistente ha conservato la sua struttura dal punto di vista delle nazionalita'. Qui non c'e' stata alcuna cacciata su base etnica, dall'inizio e fino alla fine della crisi jugoslava. Tutte le altre repubbliche hanno cambiato la loro struttura. Dalla Croazia sono stati cacciati circa mezzo milione di serbi. Quello che e' successo in Bosnia si sa, per non parlare anche delle altre parti della Jugoslavia.
Dunque, questo e' un processo in malafede, estremamente ostile, mirato a giustificare il crimine commesso contro il mio paese, usando questo "tribunale" come strumento di guerra contro il mio paese ed il mio popolo.
Guardate la Bosnia-Erzegovina. Li sin dall'inizio abbiamo cercato di assicurare la pace. Dove e' finito il piano Cutileiro, che tutti avevano appoggiato ? Su iniziativa dell'ambasciatore americano [Zimmermann, marzo 1992] esso e' stato respinto dalla parte musulmana, e poi iniziarono gli scontri. Come poteva la Serbia essere accusata di alcunche' in Bosnia, quando si sa benissimo che, cercando di usare tutta la nostra influenza proprio per la pace, non solo abbiamo appoggiato tutte le proposte di pace ma abbiamo anche cercato di farle mettere in pratica ?
Nel 1993 si tenne ad Atene l'incontro in cui fu firmato il piano Vance-Owen. Tutti lo sottoscrissero. Io andai a Pale insieme a Mitsotakis [premier greco] ed all'ex presidente jugoslavo Dobrica Cosic, e ci adoperammo affinche' questo piano venisse accettato. Purtroppo esso fu respinto il tre o il cinque maggio (non mi ricordo esattamente) del 1993. Noi abbiamo allora persino decretato un embargo alla Repubblica Serba di Bosnia, per costringere la sua dirigenza di allora ad accettare questo piano di pace. Questo e' stato il ruolo della Serbia : di cercare di pervenire alla pace.
Abbiamo costantemente messo in rilievo che l'unica formula per ottenere la pace in Bosnia e' una formula che difenda egualmente gli interessi di tutti e tre i popoli della Bosnia ed Erzegovina, Serbi, Musulmani e Croati. Dayton e' riuscito perche' questa formula e' stata accettata, perche' si cercava di difendere gli interessi di tutti e tre i popoli allo stesso modo.
Ora sento qui che l'accordo di Dayton avrebbe dovuto trattare anche del Kosovo. Questa e' una assurdita'. I colloqui di Dayton sono stati organizzati per la pace in Bosnia-Erzegovina, ed a nessuno e' venuto in mente di aprire la questione del Kosovo, che era una questione interna della Repubblica di Serbia, e nessuno si sarebbe potuto sognare che qualcuno cercasse di internazionalizzarla.
Voi non potete in alcun modo collegare ne' la Serbia ne' la politica della Serbia ad alcun crimine ; in particolare non potete accusare e processare dopo dieci anni per cose che nessuno ci ha mai attribuito. Ci hanno accordato solamente rispetto ed apprezzamento per i grandi sforzi per la pace che proprio noi, e la Serbia tutta intera e la politica serba, abbiamo fatto.
Parlando della Bosnia, sapete che circa 70mila rifugiati musulmani hanno riparato in Serbia durante il conflitto bosniaco ? Voi ritenete che qualcuno potrebbe scappare da casa proprio verso il territorio dal quale gli verrebbe la minaccia ? Quante vite abbiamo salvato, quanti dei vostri ostaggi siamo andati a salvare in Bosnia - dai soldati dell'ONU fino ai vostri piloti ? E su quanti accordi di pace abbiamo insistito, per renderli praticabili ? In effetti, noi siamo stati i maggiori artefici di questa pace, ottenuta proprio grazie al successo di Dayton.
E' stata la fine completa delle ostilita', il totale allentamento delle tensioni, e poi... Voglio dirvi come e' cominciato tutto quanto in Kosovo. Proprio perche' esisteva un piano di mettere sotto controllo i Balcani, il territorio della ex Jugoslavia, sono iniziati i tentativi di destabilizzare il Kosovo. Proprio quando diventava chiaro che tutto si sarebbe risolto pacificamente.
Nel novembre 1997 c'e' stato un summit a Creta con tutti i capi di Stato e di governo dell'Europa orientale. Li', allora, proprio su nostra iniziativa abbiamo molto parlato della eliminazione delle barriere, delle tariffe doganali, della integrazione all'interno della Europa Sudorientale e del miglioramento della mutua cooperazione. Io ebbi un dialogo diretto con il premier albanese Fatos Nano. Abbiamo parlato della normalizzazione delle relazioni, della eliminazione dei visti e dei dazi, dello sviluppo dei trasporti e del commercio. Fatos Nano ed io eravamo dinanzi alle telecamere, quando lui disse, tra tutto cio' di cui avevamo parlato, della cooperazione, dello sviluppo delle relazioni - la questione del Kosovo e' un affare interno della Repubblica di Serbia. Tutto questo era promettente per la pace, per la soluzione pacifica di tutti i problemi. Proprio questo allarmo' quelle forze che continuavano a commettere crimini contro il mio paese, che cercavano di destabilizzare la Jugoslavia e di intervenire, come poi hanno anche fatto. Subito dopo, dopo un mese o due, arrivo' la lettera di Kinkel e Vedrine in cui esprimevano la loro preoccupazione per la situazione in Kosovo. Per dieci anni, da quando la Serbia secondo voi avrebbe "preso il controllo" del suo stesso territorio, non si erano verificate uccisioni, ne' espulsioni, ne' razzie, o distruzioni, e nessun arresto in Kosovo. In Jugoslavia non avevamo nemmeno un prigioniero politico, neanche uno. In Kosovo uscivano 20 quotidiani ed altre pubblicazioni albanesi, in lingua albanese, che potevate acquistare in ogni edicola. Mai neanche un numero, nemmeno una sola copia e' stata vietata. I partiti politici albanesi, persino quelli separatisti, lavoravano liberamente. Qualcuno qui ha detto che eravamo tolleranti verso di loro. No, noi ritenevamo che tutto e' lecito, tranne la violenza.
Dopodiche' le potenze che perseguivano tenacemente la distruzione della Jugoslavia e la sua occupazione hanno chiamato a raccolta i criminali in giro per l'Europa occidentale e li hanno spediti giu', per organizzare il terrorismo. Hanno iniziato le azioni terroristiche nella primavera del 1998. E poi sono stati sbaragliati. Gia' nell'autunno del 1998 essi erano stati completamente eliminati, e restituivano sui trattori le armi che avevano illegalmente sottratto alla polizia.
< p> Durante quell'anno, costoro uccisero soprattutto albanesi. Io qui non ho dati precisi da esibire al pubblico, perche' non sapevo che avrei avuto l'occasione di parlare oggi. Solo ieri sono stato avvertito che oggi mi sarei dovuto presentare qui. Nemmeno sapevo di che cosa si sarebbe parlato. . Percio' non ho dati da esporre, ma vi dico quello che so. Due volte e mezzo...Claude Jorda :
Signor Milosevic, mi consenta...
Slobodan Milosevic :
...piu' albanesi che non serbi sono stati uccisi dai terroristi nel 1998. Ammazzavano quegli albanesi che lavoravano come poliziotti, come postini, che erano guardie forestali, che erano pensionati - e solamente perche' andavano a riscuotere la pensione statale. Cercavano di incutere il terrore tra gli albanesi, e di ammazzare quanti piu' serbi possibile. Noi abbiamo difeso i nostri cittadini, sia i serbi che gli albanesi, dal terrorismo, e questa operazione e' stata portata a termine con successo entro l'autunno del 1998. Dopodiche' Holbrooke [inviato USA] e' arrivato per chiedere una "missione di verifica", per creare il pretesto all'attacco contro la Jugoslavia. Ed io devo dirvi...
Claude Jorda :
Signor Milosevic, mi conceda solamente un minuto. Per piacere, solo un minuto. Io non le togliero' il tempo che e' a sua disposizione, glielo concedero' sicuramente. Anche questo Tribunale internazionale, la cui legalita' lei contesta, le da' naturalmente la facolta' di esprimersi fino in fondo. A me sembra, innanzitutto, che lei e' d'accordo che si incominci subito il processo, oggi stesso, mi pare... Naturalmente questo le fa onore. Lei e' pronto. Pero' io devo forse ricondurla a cio' che lei... La prego, cerchi di non dimenticare del tutto il merito della questione. Noi non siamo la corte che condurra' il suo processo. Noi abbiamo capito bene che la sua idea centrale e' completamente opposta - cioe' che si tratta della legittimazione del suo paese. Lo abbiamo capito e compreso.
Ma sarebbe bene, signor Milosevic, che lei non si sbagliasse riguardo alla corte che conduce il processo. Lei ha gia' usufruito, lei ha a disposizione un tempo pari a quello della pubblica accusa. Io come presidente di questa corte le garantisco questo tempo. La prego dunque di non perdere di vista il tema del quale parliamo.
Lei dunque ha una sua tesi, che cerca di difendere, e ne ha il diritto - ed avra' questo diritto. Pero', io le devo ricordare che questa e' la Corte d'Appello, che deve affrontare un importante problema procedurale. Forse non per lei, ma per noi e' importante, poiche' noi in effetti dobbiamo garantire il rispetto di una procedura giusta ed imparziale. Noi in effetti vorremmo sapere se lei vuole che il processo contro di lei si conduca come processo per il Kosovo, separatamente dal processo per la Bosnia e la Croazia, oppure se preferisce che essi vengano riunificati. Io comprendo naturalmente che lei potra' rispondere in modo indiretto. Ovviamente le concedero' di parlare. Lei e' un imputato in buona salute mentale e chiarezza di pensiero. Percio' la prego di cercare di rispondere a questa domanda. La ringrazio sin d'ora. Adesso ha di nuovo la parola.
Slobodan Milosevic :
Innanzitutto, questa e' la prima volta che non vengo interrotto, la prima in cui posso dire qualcosa, ed io usero' ogni occasione che avro' di rivolgermi al pubblico in relazione al crimine che si sta attuando contro il mio paese, e questo non lo faccio a causa della procedura, perche' la procedura non mi interessa, ma per rispondere all'attacco che si sta attuando contro il mio paese, il mio popolo, ed al crimine che ancora perdura. Voglio che il pubblico sappia che dopo la aggressione..
Claude Jorda :
Aspetti signor Milosevic. Lei ha capito bene che ha tutto il tempo a disposizione, ma che avra' ancora piu' tempo quando iniziera' il processo. Naturalmente questo non e' l'oggetto del nostro dibattimento odierno. Lei ha il diritto di continuare a parlare di cio' di cui sta parlando. Ma lei adesso in verita' si rivolge alla gente al di fuori del Tribunale. Signor Milosevic, io devo ripetere che lei avra' il diritto di rivolgersi al pubblico. La comunita' internazionale ha istituito questo processo ed io certamente desidero che tutto quanto si svolge qui, e le regole di procedura che valgono per lei e per la accusa, ed anche per la civilta', siano rispettate come si deve. Il dibattito di oggi riguarda come il processo dovrebbe avvenire presso un'altra corte. Io non ho intenzione di interromperla e faro' recuperare il tempo che le ho sottratto con le interruzioni. Adesso puo' continuare a parlare.
Slobodan Milosevic :
Voglio sottolineare che il crimine contro il mio paese perdura tuttora. L'ultimo serbo ucciso in Kosovo del quale ho notizia e' stato ucciso a Natale [prob. ortodosso] di quest'anno. Circa 350mila sono i profughi dal Kosovo, scacciati sotto la copertura delle Nazioni Unite, mentre le attivita' dei terroristi albanesi sono avvenute con la copertura delle Nazioni Unite. Dall'arrivo delle cosiddette Forze di protezione delle Nazioni Unite, che in base alla Risoluzione 1244 dovevano garantire ad ogni cittadino del Kosovo la sicurezza personale e dei beni materiali, i terroristi albanesi hanno scacciato 350mila persone, hanno dato alle fiamme decine di migliaia di case. Talvolta 50, 60, qualche volta tutte le case serbe dei villaggi, il tutto sotto gli occhi di truppe che sono a tutti gli effetti truppe di occupazione e sono venute li' sotto la bandiera delle Nazioni Unite, solo per trasformarsi l'indomani in truppe di occupazione ed alleati dei terroristi, gli stessi terroristi che uccidevano, mutilavano e massacravano un sacco di gente, ed incendiavano. E continuano a farlo tuttora. E dicono che supponevano che cio' non sarebbe potuto avvenire.
Puo' qualcuno credere che decine di migliaia di case vengano bruciate, e che le forze che si trovano li' non vedano che cosa sta succedendo ? Puo' qualcuno danneggiare e distruggere... Da quando le truppe delle Nazioni Unite sono arrivate, 107 chiese serbe sono state distrutte. Puo' qualcuno distruggere una chiesa intera e darle fuoco senza che le truppe ONU ne vengano a conoscenza ?
Questa e' una "impresa criminale congiunta" - delle forze che hanno commesso crimini contro la Jugoslavia insieme alla narcomafia ed ai terroristi albanesi in Kosovo e Metohija, per crimini diretti non soltanto contro i serbi ma contro tutti i non albanesi, e persino contro gli albanesi cattolici, persino contro gli albanesi che in qualche modo - ad esempio andando a riscuotere gli assegni della loro pensione - hanno dimostrato fedelta' alla Repubblica di Serbia come loro Stato.
Con cio' che sta avvenendo li' si sta in pratica riabilitando la politica del periodo nazista, di Hitler e Mussolini. Questo grande parlare di "Grande Serbia", di questa presunta idea che non e' mai esistita, non serve altro che a mascherare la creazione di una "Grande Albania" - quella stessa che crearono Hitler e Mussolini durante la Seconda Guerra Mondiale. Guardate soltanto quello schema, e guardate che cosa si sta facendo adesso, quello che vogliono sottrarre alla Serbia, al Montenegro ed alla Macedonia - e un domani forse anche alla Grecia del Nord, quando le relazioni greco-turche saranno messe alla prova di nuovo per ordine del comune padrone, ed anche quella sara' per loro una questione da risolvere.
E' evidente che e' in questione il crimine, ed e' evidente che il filo rosso e' il crimine contro la Jugoslavia. Ma io voglio far notare che falsificare i fatti storici non e' comunque semplice. Non e' semplice nemmeno se questi fatti sono noti solamente ad un ristretto gruppo di persone, ed e' impossibile falsificarli se l'intero popolo di un paese li conosce, cioe' milioni di persone. Senza offesa per nessuno, i giudici di questo processo, secondo i ruoli assegnati, sono quelli - non voi che indossate i mantelli - ma quelli che hanno deciso di ammazzare i bambini del mio paese, che hanno lanciato la aggressione della NATO e scaricato 25 milioni di tonnellate di bombe in 78 giorni, ed ucciso prevalentemente vecchi, bambini e donne. Essi vogliono partecipare alla distribuzione dei ruoli. Ma nemmeno loro riusciranno ad essere giudici.
Qui giudice e' il popolo - non soltanto il popolo della Jugoslavia, ma i popoli di tutti i paesi ai quali sta a cuore la liberta' e l'eguaglianza. Non per niente si dice "giudizio del popolo, giudizio di Dio". Tutti noi siamo davanti a questo giudizio, non soltanto io, che qui vengo preso a responsabile per qualcosa, laddove mi dovrebbe invece essere riconosciuta, ma anche voi, ed i vostri datori di lavoro, in particolare quelli che hanno commesso crimini contro il mio paese.
Siccome voi ritenere che io debba chiedere qualcosa a voi, allora vi chiedo di lasciarmi in liberta'. Perche' credo che a voi, ed a tutto il mondo, sia chiaro che io non mi sottrarro' da questa battaglia che si sta conducendo contro il mio paese ed il mio popolo. Non ho intenzione di scappare. Non fa onore a questa istituzione tenermi qui imprigionato, in condizioni svantaggiate, per privarmi di eque condizioni per esporre i miei argomenti - nemmeno se questa istituzione fosse legale, e voi sapete benissimo che non lo e'.
Perche', se non aveste questo dubbio - non mi riferisco a voi personalmente, ma alla istituzione - allora accettereste la richiesta dei vostri "amici curiae" [sorta di avvocati d'ufficio], di chiedere un parere giudiziale alla Corte Internazionale di Giustizia sulla legalita' di questo Tribunale. Voi questo non lo fate, perche' chiunque potrebbe prevederne facilmente l'esito.
In fondo, ritengo che questa attitudine, direi criminale, di cercare di far passare la vittima da colpevole, e si tratta del mio popolo e del mio paese oltreche' di me stesso, non sia stata storicamente ancora mai menzionata. Percio' ritengo logico ed anche giusto che mi lasciate subito in liberta', visto che io non scapperei e mi presenterei ad ogni dibattimento, in quanto questa e' una battaglia alla quale io non posso proprio sottrarmi.