La triste soddisfazione di avere avuto ragione

A proposito della conferma ufficiale dell'uso di 38.000 bombe radioattive nel bombardamento della Jugoslavia

Fulvio Grimaldi da Liberazione, 10 marzo 2000

Mettete insieme una soddisfazione venata di funebre, un'incazzatura cosmica e una disperazione senza uscita e avrete un bel corto circuito. E' quello che proviamo noi. Il giornale, Nando ed io e pochissimi altri, che avevamo ragione. Noi che di fronte ai tantissimi arroganti - in buona ma non verificata fede, di qua, e in efferata malafede di là - avevamo ragione. Di fronte a sopracciglia che si inarcavano, nasi che si arricciavano, dicevamo tragicamente la verità. Sotto la pressione documentata dei nostri parlamentari, il governo e quell'associazione a delinquere che è la Nato, hanno dovuto ammettere: abbiamo fatto una guerra nucleare contro i serbi, soprattutto contro gli albanesi del Kosovo (e, prima, contro le genti della Bosnia) e, visto che la polvere d'uranio uscita dai proiettili degli aerei A10 (300 grammi a pezzo) vola al minimo soffiar di venti, contro l'Europa.

Ricordo quel vergognoso portavoce Nato a Bruxelles - un impettito ammiraglio italiano che, irridendo alle denunce di Belgrado, agitava il suo orologio da polso per dire che un proiettile all'uranio non dava più radiazioni di quel Rolex. Sapendo benissimo che le particelle alfa sprigionate da quel proiettile si fissano negli organi e ammazzano. 1640 potenziali tumori per ogni ordigno. E non vogliamo chiamarli macellai, boia, serial-killer, infanticidi? Il loro delitto è senza confronto con qualsiasi cosa un uomo abbia potuto fare, da Caino a Mengele: uccidere in eterno e dappertutto. L'aveva già fatto - la cosca detta "comunità internazionale" - in Iraq. Lì 950mila bombe all'uranio 238 per 700 tonnellate di polvere radioattiva su tutta l'area del Golfo (e su 200mila veterani Usa che in silenzio stanno morendo e partorendo bambini deforrni). L'embargo di l0 anni contro l'Iraq è finalizzato anche a impedire che si tenti una qualche bonifica, che si permetta a quel popolo cocciuto di curarsi. Gli iracheni devono morire, sono uno di quei popoli di troppo. Come i cubani, come gli jugoslavi. E se ora, agevolati anche da una nuova congiuntura internazionale che vede buona parte del Nord del mondo ansiosa di riprendere il business con il secondo produttore mondiale di petrolio, facciamo una sacrosanta campagna per la dissociazione italiana dall'embargo all'Iraq, sarebbe ingiusto, fuorviante, imperdonabile non urlare con la stessa forza contro lo stesso strisciante genocidio inflitto alla Jugoslavia.

Se la memoria degli infami e ipocriti, che - vedi i grandi media delle fanfare per l'ingerenza umanitaria - oggi tacciono sugli orrori nucleari Nato, è un inceneritore della storia e della verità, la nostra è comunque troppo corta e tutti, media in testa, si dannano per sminuzzarla. Se ci fossimo ricordati un po' meglio del Vietnam, non saremmo caduti, anche solo parzialmente, preda della più grande truffa di questo mezzo secolo. In Vietnam ci sono stato poco prima che gli sterminatori sconfitti di quel popolo si lanciassero nella loro ennesima esecuzione di massa balcanica. E ora sto montando il video che vi ho girato: mi passano e ripassano davanti agli occhi, con l'ossessiva ripetitività del montaggio, bambini, giovani, adulti ridotti a mostri, quali attoniti, quali spenti, quali piangenti senza fine. Corpi come usciti da un'impastatrice, orbite vuote di occhi velate da pellicole sanguinolenti di pelle, arti che non ci sono o son ridotti a moncherini, teste gigantesche che paiono voler esplodere, con la lingua pressata all'esterno della bocca, una bocca che non può parlare nè sorridere mai, madri devastate dal dolore che sorreggono creature contorte... Sono reati adesso, continueranno a nascere fino a quando la generazione intossicata non saprà più trasmettere i suoi cromosomi rovinati, fino a quando dalle risaie, dai boschi, dalle strade, dall'aria, dall'acqua i vietnamiti saranno costretti a ingerire o aspirare le molecole del genocidio. E' l'Agente Orange, la micidiale diossina di cui gli americani hanno irrorato, per defoliarlo, l'intero Vietnam. Solo sulla zona centrale, a Da Nang, sono stati versati 50mila litri di diossina. I dati di Handi, fermi al 1997, parlano di due milioni di vittime del solo Agente Orange, 500mila bambini. Era guerra chimica e, con l'embargo durato fino al 1995, guerra biologica: impedendo farmaci, terapie, bonifiche non si dà forse via libera a germi, batteri, epidemie? Non era ancora guerra nucleare (chiamatela pure "a bassa intensità"): l'orrore dei botti di Hiroshima e Nagasaki era ancora troppo presente nell'immaginario collettivo, nessuno al mondo ne avrebbe accettato una ripetizione. Il nucleare, questa volta strisciante, mistificato perché i suoi effetti appaiono a distanza di anni, torna in auge in Iraq. Si calcola che Saddam, gli iracheni sono stati rappresentati sufficientemente cattivi da potersi permettere il ritorno all'arma di distruzione di massa che l'impero ama di più. E le presunte Sodoma e Gomorra vengono incenerite, nel presente e nel futuro, dalla pioggia di fuoco della "più grande democrazia del mondo", e noi "non possiamo non dirci filo americani", vero Norberto Bobbio? L'uranio 238 sparso sull'lraq, ma arrivato anche in Kuwait, Arabia Saudita e chissà dove, è direttamente responsabile dell'aumento di dieci volte del cancro del sangue e di altri tumori, della quadruplicazione della mortalità infantile, di migliaia di nascite deformi, di malformazioni genetiche che segneranno questo coraggioso e indomito popolo per secoli. E' stato calcolato che per bonificare il territorio contaminato (per i cromosomi e le cellule alterate non c'è più niente da fare) occorrerebbero 400 milioni di dollari. Fuori dal mondo: è esattamente quanto hanno speso in Usa, per la loro campagna elettorale, i mediocri cialtroni che ambiscono al ruolo di capo-boia del loro paese e del mondo.

Resta da dire dei nostri militari in Kosovo. La cosa migliore, per saperne il destino, è andare ad interrogare i 200mila veterani che denunciano la "sindrome del Golfo" (termine fuorviante ed eufemistico, che sta per "contaminazione radioattiva") e mettono al mondo bambini uguali a quelli dell'Iraq e del Vietnam. Il governo Usa si ostina, infingardo oltrechè criminale, a non riconoscere la natura "professionale" di queste malattie, la propria spaventosa responsabilità. Rivendichiamo con desolazione di essere stati i primi su questo giornale a sottolineare i rischi tremendi incombenti sul contingente - anche di leva! - italiano, piazzato là dove più massicci sono stati i bombardamenti all'uranio (dovevano servire a perforare le corazze dei carri armati jugoslavi: ne hanno colpito 14, in gran parte finti). Ora il sottosegretario Calzolaio afferma che la contaminazione avviene solo nel raggio di 10 metri dall'impatto. Un qualunque studente di fisica nucleare sa che le particelle radioattive Alfa liberate nella combustione dell'uranio 238 si vaporizzano e si spargono nel terreno (fauna, flora, catena alimentare), nell'acqua, nei venti. E le direttive ai nostri soldati sono stati di lavarsi di frequente e di lavare accuratamente il vestiario, quando, dio non voglia, inizieranno a fiorire i primi tumori nei giovani mandati in Kosovo o Bosnia, quando nasceranno i primi poveri mostriciattoli, Massimo D'Alema non ci sarà più a Palazzo Chigi. Ma chissà se per allora qualche tribunale italiano, di quelli cui sono state indirizzate le denunce del nostro partito e del tribunale di Ramsey Clark, si sarà svegliato dal suo torpore di regime e vorrà mettere il sale sulla coda di chi ha deciso di stracciare la costituzione, disonorare il nostro paese, farsi complice di genocidi, per mandare a far "sventolare la bandiera italiana oltre i confini della patria".

Ritorna alla prima pagina