La verità sulle 35 ore in Francia
La «sinistra plurale» ha votato la deregolamentazione

Testo riprodotto dal periodico dell’opposizione comunista nel PCF «Faits et analyses», n.40, 28/12/99.

La seconda legge Aubry, votata il 19 ottobre dalla "sinistra plurale" significa deregolamentazione, flessibilità, annualizzazione dell’orario, distruzione del Codice del Lavoro. Un articolo in particolare rappresenta in forma concentrata tutto il contenuto della legge: è l’articolo 5 sui quadri, che distrugge le fondamenta del Codice del Lavoro.

In tutti i paesi industrializzati la lotta per limitare l’orario di lavoro e stabilire una regolamentazione basata sul computo settimanale è stata al centro delle lotte dei lavoratori fin dall’avvento del capitalismo.

La legge Aubry adesso l’ha azzerata.

La prima e la seconda legge Aubry.

Il capogruppo comunista Gremetz aveva contrapposto la prima legge alla seconda dichiarando che il gruppo dei parlamentari comunisti, che aveva votato la prima, non avrebbe votato la seconda. Alla fine il gruppo ha votato anche la seconda praticamente nella sua totalità accontentandosi di qualche emendamento minore che, secondo Martine Aubry «non mette in causa l’equilibro della legge».

Quali sono le differenze tra le due leggi?

I . La prima legge Aubry

Questa legge:
- introduce una nuova possibilità di calcolo su base annuale che consente di eliminare qualsiasi pagamento di lavoro straordinario e di far sparire il riferimento dell’orario alla settimana (art. 4);
- estende la flessibilità (art. 4);
- incita al lavoro a tempo parziale calcolato su base annuale (art. 6), fonte di povertà (il 75% dei 2,8 milioni di lavoratori che guadagnano meno di 4.870 franchi netti sono a tempo parziale secondo un’inchiesta della INSEE del novemnre 1997);
- organizza il saccheggio dei fondi pubblici e della previdenza sociale tramite esoneri molto generosi ai padroni (art. 3), di cui potranno beneficiare anche quelli che licenziano (art. 4, comma V);
- comporterà un abbassamento generale dei salari di tutti i lavoratori a cui sarà applicata. Nel 1936 la legge sul passaggio alle 40 ore stabiliva esplicitamente che «la riduzione non dovrà comportare nessuna riduzione di salario o voci accessorie». Niente di simile nella legge Aubry.
- Con il conto risparmia tempo su base annuale e anche pluriennale il numero delle ore di lavoro non pagate aumenterà in modo esplosivo.

II. La seconda legge Aubry

- Il calcolo del tempo di lavoro su base annuale.
- L'individualizzazione totale (organizzata dall’art.3).
- La nuova definizione del tempo parziale, prevista dall’art. 6.
- L’introduzione di un contratto di lavoro intermittente (art. 7).
- L’introduzione del conto risparmia tempo.
- La formazione.
- La rimessa in causa della rappresentatività dei sindacati.
- La costituzione di raggruppamenti di imprenditori.
- La distruzione dei contratti collettivi di categoria.

La prima legge Aubry introduceva la deregolamentazione e la flessibilirà e per questo la sua applicazione ha comportato molti conflitti e scioperi. La seconda legge Aubry non fa che riprendere le principali disposizioni della prima, aggravandole.

L’emendamento che ha fatto cambiare idea al PCF

Improvvisamente, la mattina del venerdì 15 ottobre, in seguito all’accordo su un emendamento «sull’occupazione», Hue dice che nel dibattito sulle 35 ore «c’è stata una svolta nuova e significativa». Gremetz che aveva continuato a dire che la legge Aubry «non la si poteva votare» afferma da parte sua che «adesso il progetto di legge può esser votato».

L’emendamento sull’occupazione adottato da tutta la sinistra plurale, prevede che solo le imprese che si impegnano, nel quadro delle 35 ore, «a creare o a preservare l’occupazione beneficeranno della riduzione degli oneri sociali». «C’è la chiara affermazione di principio di una contropartita», si felicita Gremetz.

Ma non si tratta affatto di un obiettivo chiaro di creazione di occupazione e la nozione di occupazione «preservata» non comporta alcun impegno per il datore di lavoro. Il presidente della commissione per gli affari sociali, Le Garrec (PS) ha riassunto la mistificazione in questi termini: «si tratta di un’espressione politica».

L’emendamento «sull’occupazione» non è dunque nient’altro che un’«espressione politica», che consente a Hue e al gruppo comunista di giustificare il loro voto in favore della legge Aubry.

Art. 3: il calcolo del tempo di lavoro su base annuale

Stando alla relazione che accompagna la legge Aubry, «l’articolo 3 unifica e semplifica il regime delle modulazioni, aprendo la possibilità, mediante accordi di categoria o di impresa, di far variare la durata del lavoro nel corso dell’anno».

Quest’articolo dunque, con la scusa di «unificare» e «semplificare», instaura il calcolo su base annuale che diventa, di fatto, la nuova regola di organizzazione del tempo di lavoro, ponendo così fine al riferimento alla settimana. Come se non bastasse, l’importanza che viene attribuita agli accordi di impresa mette in crisi tutti gli accordi collettivi e gli statuti nazionali.

Ma c’è di peggio. L’art. 3 prevede che: «è possibile altresì, mediante accordi collettivi, di categoria o di impresa, stabilire, nel quadro dell’organizzazione del lavoro prevista dall’accordo, calendari individualizzati».

L’istituzione per legge dei «calendari individualizzati» significa la fine di ogni norma di garanzia collettiva a cui la legge sostituisce l’individualizzazione, cioè la negazione di più di un secolo di lotte del movimento operaio.

L’articolo 5 annulla il Codice del Lavoro per il 40% dei salariati

E’ Daniel Paul, deputato del PCF, che l’ha dimostrato nel corso del dibattito all’Assemblea Nazionale. Ecco il suo intervento: «La questione del tempo di lavoro dei quadri è una delle più rilevanti del progetto di legge, perchè riguarda 3 milioni di persone e se si comprendono, come avviene in numerosi accordi, anche i tecnici e gli specializzati, vi rientra il 40% dei salariati.[...] I quadri potrebbero vedersi costretti a lavorare 13 ore al giorno, 78 ore alla settimana e 2.821 ore all’anno. Una tale prospettiva, che non è ahimè solo una battuta, è chiaramente inaccettabile e unanimemente considerata tale dagli interessati e dalle loro organizzazioni».

Ecco la spiegazione del voto contrario a questo articolo data da Gremetz a nome del gruppo comunista: «Abbiamo votato contro un articolo che non tiene in nessun conto le proposte formulate, unanimemente, dai sindacati dei quadri».

Com’è possibile che si denunci l’articolo 5 perchè distrugge il Codice del Lavoro e si voti contro e poi si voti a favore della legge nel suo insieme?

Nuovo regalo per i capitalisti

A partire dal 7 settembre, di fronte alla commissione per gli affari culturali, familiari e sociali dell’Assemblea Nazionale, Martine Aubry ha presentato in questi termini la sua legge sulle 35 ore: «Tutti sono d’accordo al giorno d’oggi nel giudicare utile la riduzione dei contributi di parte padronale. L’obiettivo perseguito è la riduzione del costo del lavoro, in particolare del lavoro poco qualificato» e un lancio dell’AFP del 15 settembre precisava: «Gli alleggerimenti dell’imposizione destinati a favorire il passaggio alle 35 ore, stimati a termine per un costo totale di 65 miliardi di franchi, saranno inclusi in un fondo per l’occupazione nella legge di finanziamento della Previdenza sociale.»

Sono dunque 65 miliardi di franchi da prelevare dai fondi della Previdenza sociale e dell’UNEDIC.

Di fronte all’indignazione sollevata da questo prelievo il governo avrebbe fatto ricorso a quanto pare a una nuova tassa sul tabacco e sull’alcool in nome di una «virtuosa» lotta contro il tabagismo e l’alcolismo. Resta il fatto che i capitalisti saranno sovvenzionati a spese della popolazione, cioè della massa dei lavoratori.

Ritorna alla prima pagina