II grande boomerang

A due mesi di distanza dai tremendi attentati terroristici a New York alcuni elementi che possano spiegare il significato della strage stanno venendo alla ribalta, come pure risultano lampanti le contraddizioni della politica estera americana, anzi per dirla con Mao, nel tentativo di reagire all’attenuato gli Usa hanno sollevato un grande masso per gettarselo sui loro piedi.

Andiamo con ordine. Da ammissioni della stampa americana la famiglia Bin Laden era socio in affari con quella Bush negli anni ‘80. Questi affari erano in auge all’epoca della guerra del Golfo e si sa che le guerre oltre alla conquista di territori permettono grossi affari che le grandi famiglie finanziarie intraprendono. Dopo una vittoria militare c’è sempre una spartizione del bottino di guerra. I vincitori economici della guerra del Golfo furono le multinazionali del petrolio americane ed i potentati economici arabi fruitori delle rendite petrolifere, come Bin Laden, oltrechè i produttori di armi

Ovviamente ogni gruppo ha in testa il suo disegno ed il disegno americano, se nella fattispecie della guerra del Golfo coincideva con quello degli sceicchi, sulle altre cose future era diverso. Dopo la vittoria di quella guerra, nello stesso anno, avviene il crollo dell’Unione Sovietica a completamento del crollo dei paesi dell’est europeo.

Nella logica dell’accumulazione capitalistica come nella logica dell’espansione territoriale lo Stato è uno strumento essenziale, indispensabile. Quindi, nessun gruppo finanziario, per quanto grande sia, può conservare a lungo termine i suoi affari senza appoggiarsi su uno Stato forte.

Gli Usa pensavano di avere il dominio del mondo per un lungo periodo storico ed in effetti negli anni Novanta l’hanno fatta da padrone in tutte le crisi internazionali. Ma l’epoca dell’imperialismo è caratterizzata da contrasti, da ascese e discese sia di potentati economici che di Stati. Le rivalità sono tante che si compongono, scompongono e ricompongono secondo diversi accordi o secondo diverse guerre.

Tutte le forze economiche, polìtiche e militari che gli Usa hanno messo in campo per contenere e disgregare l’Unione Sovietica (ad esempio il sostegno con finanziamenti ed armi sofisticate, come i missili Stinger per abbattere gli aerei sovietici, ai gruppi di Bin Laden in Afganistan!) sono state poi indirizzate nel continente asiatico a frantumare la Russia (come vistosamente con l’appoggio ai ribelli in Cecenia in nome dei diritti umani!) per avere il controllo delle grandi risorse petrolifere e metanifere che dall’area caspico-caucasica si allargano al Kazakistan ed oltre, pensando altresì di cominciare a disgregare la Cina che sul piano economico era in forte crescita. Pertanto sollevano la questione del Tibet, del Sinkiang, di Taiwan, della setta eretica come la Falung gong presentata all’opinione pubblica internazionale come una minoranza religiosa e quindi da difendere, in nome degJi "universali diritti umani" d’angolazione americana.

Così gli americani hanno armato le minoranze che praticano il terrorismo contro gli altri e nello stesso tempo i gruppi economici dominanti statunitensi hanno cambiato, a volte, le loro alleanze strategiche in virtù dei nuovi obiettivi. In tal senso, l’affermazione di Bismarck che la bandiera segue il commercio è sempre valida. Quindi i gruppi economici multinazionali realizzano nuovi cartelli d’affari ed abbandonano quelli precedenti e la politica estera si accoda alle nuove realtà oppure la stessa politica estera apre nuovi orizzonti e le multinazionali stanno dietro.

Crollata l’Urss la famiglia Bin Laden viene emarginata dagli affari delle altre famiglie americane perché sono altri gli interessi; a sua volta la famiglia Bin Laden, con gli agganci che ha nella penisola arabica, cerca di sviluppare i propri interessi, creando propri gruppi armati oppure sostenendo i Talebani che si impossessano dello Stato in Afganistan, e che con una ideologia religiosa autoritaria, come simbiosi tra forzature interpretazionali di alcuni passi del Corano e sovrastruttura tribale, cercano di ricevere un consenso di massa pescando nella disperazione dei settori emarginati del mondo arabico ed additando come nemica l’America, riproponendo i vecchi valori tribali e feudali in contrapposizione al modello di vita americano. Ciò come sovrastruttura per la creazione di uno Stato fondamentalista dall’Arabia alle steppe asiatiche, ricco di grandi giacimenti di petrolio e di gas, oltreché di droga. Questo il significalo reale dei proclami dei Talebani al potere, di Bin Laden e dei mullah per allargare immediatamente la loro influenza nel Pakistan.

Quindi la contraddizione America da una parte e Talebani - Bin Laden dall’altra è un conflitto non tra ricchi e poveri, tra dominatori e oppressi, ma un conflitto interimperialistico; tra un imperialismo dominatore assoluto negli anni '90 ed uno aspirante per il futuro. Gli americani, non a caso, avevano mollato Bin Laden agli inizi degli anni ’90 perché non avevano più bisogno di lui e lui invece, scaricato, cercava di lanciare la carta fondamentalista, oltreché avvertimenti mafiosi, quali gli attentati terroristici in Somalia, nel Sudan ed infine a New York.

Che gli americani conoscessero le attività finanziarie di Bin Laden lo attesta il fatto che dopo gli attentati terroristici dell'11 Settembre, sia in Usa che in altri paesi sono stati sequestrati fondi e beni per valori superiori ai cento miliardi di dollari, intestati a presunti affiliati dell’organizzazione Al Qaeda.

Come hanno risposto gli Usa agli attentati? Come al solito, rilanciado la loro macchina bellica predisposta al controllo dei mari e con i massicci bombardamenti nel territorio afgano con missili Cruise, nuove bombe da 7 tonnellate ed altro materiale sperimentale per bucare in profondità le montagne. Quindi da. un lato sperimentando armi sofisticate per future guerre di portata molto più ampia e con la preparazione di una forza di invasione con l’aiuto della Gran Bretagna e di altri paesi Nato, compresa l’Italia; dall’altro, attivando una grassa commessa pubblica all’industria bellica, anche per rilanciare il ciclo economico avviato già da mesi verso la recessione, dopo un lungo periodo di ascesa.

Ma prima di effettuare i bombardamenti sono trascorse diverse settimane, mentre per lanciare sul campo la forza d’invasione i tentennamenti, i dubbi, le preoccupazioni sono stati evidenti, tanto che a tutt’oggi, a parte qualche gruppo appartenente alle forze speciali, nessun reparto d’attacco è sbarcato in Afganistan, mentre l’Alleanza del Nord, organizzando le sue forze con l’appoggio indiretto dei paesi limitrofi (Tagikistan, Uzbekistan e Iran) scatenava l’offensiva finale e conquistava la gran parte del territorio afgano. E non soltanto per le previste perdite o perché l’intervento militare poteva sprofondare l’esercito americano ed alleato in un nuovo Vietnam, ma per un fatto politico dì grande importanza che rendeva impotenti gli Usa. Essi da soli non erano in grado di gestire l’operazione nemmeno militarmente, senza l’appoggio logistico delle ex repubbliche sovietiche dell’Asia e senza la. partecipazione alla guerra dell’Alleanza del Nord. Tanto meno politicamente, senza il consenso della Russia e della Cina.

Ma una risposta dovevano pur darla dopo gli attacchi alle Twin Towers e al Pentagono che avevano fatto crollare la loro invulnerabilità.

Insomma, il re è nudo, anche se possiede lo scettro.

Tutto quanto George W. Bush aveva impostato nel corso di nove mesi di. sua presidenza degli Stati Uniti per rafforzare i! dominio americano nel mondo, ad esempio impededendo il dialogo tra le due Coree, mostrando i muscoli con la Cina con la ripresa dei voli spia ed utilizzando la carta Taiwan e Giappone per delineare una nuova Nato asiatica oppure minacciando una nuova corsa al riarmo, magari puntando sullo scudo spaziale, per affermare il suo dominio su Russia ed Unione Europea, od altro ancora nelle varie crisi regionali, comincia a vacillare, mentre il suo paese è ferito e l’opinione pubblica americana scossa dalla pesante prova subita.

Come un suo non tanto lontano predecessore repubblicano, Richard Nixon, che in campagna elettorale aveva sostenuto posizioni rigidamente conservarci, alla presa d’atto dei fatti della storia (avanzata della guerra di liberazione in Vietnam e nel mondo, rafforzamento della Repubblica Popolare Cinese, umiliazione degli Usa subita con la cattura della nave spia Pueblo da parte della Repubblica Popolare Democratica della Corea, parità strategica raggiunta dall’Unione Sovietica nella corsa agli armamenti) ha dovuto prendere atto della realpolitik e rettificare il tiro, così ora G. W. Bush si appresta a fare altrettanto, almeno a breve termine. Ecco, quindi, riannodare il dialogo con la Cina a Shanghai, trovare una nuova partnership con la Russia e con l’Unione Europea per non ricevere la loro disapprovazione dei bombardamenti.

Ed infine, mentre gli Usa si apprestavano a lunghi bombardamenti e, avvicinandosi il grande inverno, rimandavano a primavera le operazioni di terra per «catturare Bin Laden», ed altresì cercavano una soluzione a tavolino per il futuro dell’Afganistan ripescando l’ultimo re e sponsorizzando la corrente dei Talebani moderati (una trovata di Powell, mentre Putin di rimando dichiarava che nel nuovo governo non ci doveva stare alcun talebano!) per non scontentare il Pakistan, tradizionale alleato di ferro dell’America in Asia, la repentina avanzata dell’Alleanza del Nord, che gode del sostegno politico della Russia, con il controllo di quasi tutto il territorio afgano e con la nomina di un governo provvisorio affidato al presidente della repubblica rovesciato dai Talebani nel 1996, sconvolge tutti i piani americani ed interrompe il sogno americano di vedere per molto tempo ancora un mondo unipolare, a dominio Usa. Gli atti terroristici e gli avvenimenti in Afganistan invece mettono in rilievo che ormai si fa strada un mondo multipolare, di cui gli Usa devono prendere atto, seppur controvoglia.

15 Novembre 2001
Giuseppe Amata

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