NOTA INFORMATIVA SULL'ATTIVITA' DELLA RETE ABOLIRE L'URANIO IMPOVERITO n. 2

INDICE


1.

LA MANIFESTAZIONE AL "MILITE IGNARO"

La manifestazione che annunciavamo nella nostra prima nota informativa ha avuto un buon successo. Abbiamo trovato l'accesso all'Altare della Patria sbarrato dai cancelli con un cartello che diceva "monumento chiuso per ragioni tecniche (sic!) fino alle ore 14" e una presenza piuttosto visibile di polizia e carabinieri. Abbiamo trovato anche però una folta presenza di giornalisti e operatori TV che hanno in effetti assicurato una buona copertura stampa. Quasi tutti i giornali hanno riportato ampi servizi, spesso con foto, molti riprendendo il servizio dell'ANSA in cui era citato il nostro comunicato oppure brani di interviste ad Accame o ad altri partecipanti. La corona con su scritto "per le vittime dell'uranio" è stata deposta sulla cancellata del monumento


2.

CONTINUANO A PERVENIRE SEGNALAZIONI DI CASI DI MILITARI MORTI PER TUMORE

Senza nessuna pretesa di completezza segnaliamo alcuni casi:

Roberto Buonincontro , servizio di leva presso il poligono sperimentale di Salto di Quirra, morto dopo un anno dal congedo (ne ha scritto Il Mattino del 6/2).

Vito Moramarco, malato di leucemia mieloide acuta, in servizio durante la guerra del Golfo sulla nave Audace, è stato a terra a poca distanza da rottami di carri armati iracheni (ne ha parlato la Gazzetta del Mezzogiorno del 30/1

A. M., morto per tumore al sistema linfatico dopo aver partecipato alle operazioni in Somalia si veda "La Nazione" del 17/2.

Un altro militare di servizio sulla nave audace (segnalazione pervenuta il 18/2 dal fratello)

Quanti altri casi dovrebbero essere presi in considerazione e vengono invece ignorati? Su questo punto Falco Accame ha inviato il seguente comunicato stampa nonchè una esplicita richiesta (a tutt'oggi ignorata) al Presidente del Consiglio.


3.

RENDERE NOTO A TUTTI COLORO CHE SOSPETTANO DI ESSERE STATI CONTAMINATI COSA POSSONO FARE PER ANALISI E CURE TEMPESTIVE

Comunicato stampa - Roma 4 febbraio.

Una signora di Battipaglia chiede che cosa si può fare per effettuare analisi al marito malato che è stato inviato a più riprese in Bosnia, Macedonia e Kosovo. Persone che hanno operato in Somalia si sono ammalate ai reni e la cuasa può essere l'inalazione di polvere all'uranio che si deposita, appunto, nei reni. Molte persone reduci dalle missioni nel Golfo, in somalia e in Jugoslavia (e anche persone che hanno operato nei poligoni di tiro), colpite da malattie che erano apparse inspiegabili, ora che qualcuno ha saputo che la causa potrebbe essere la contaminazione da uranio impoverito chiedono consigli sul da farsi. Dovrebbe essere la Presidenza del Consiglio a fare un appello attraverso i mass media affinchè tutti coloro (civili e militari) che hanno preoccupazioni in questo senso rendano note tali preoccupazioni, anche al riguardo di congiunti deceduti, a chi può prendere decisioni in merito. Tutto questo non dovrebbe avvenire come avviene in questi mesi, attraverso "radio fante". Un intervento tempestivo può salvare una vita.. Chiediamo esplicitamente al presidente del consiglio di intervenire in questo delicato settore che riguarda la sicurezza dei cittadini italiani.


4.

CHE COSA STA FACENDO O NON FACENDO LA "COMMISSIONE MANDELLI"?

L'incontro dell'8 febbraio con il prof. Mandelli

Avendo saputo dell'incontro che il prof. Mandelli avrebbe avuto il 6/2 con i rappresentanti di INTERSOS, il 5 febbraio Falco Accame ha chiesto a sua volta di essere ricevuto e ha incontrato il prof. Mandelli il giorno 8/2 accompagnato dalla mutagenetista Francesca Degrassi del comitato di scienziati che affianca il lavoro del nostro cordinamento e del Tribunale Clark e dal dottor Bongiovanni, medico legale che si occupa del caso di Salvatore Vacca. Sull'incontro riportiamo di seguito (4A) una nota di Francesca Degrassi e una di Falco Accame (4B). Seguono alcune osservazioni del prof.Zucchetti del Politecnico di Torino (4C). Il 15/2 gli avvocati Pasquale Vilardo e Giovanna Lombardi hanno nuovamente sollecitato il Ministro della Difesa riguardo alla partecipazione di periti di parte ai lavori della Commissione, partecipazione già chiesta ufficialmente il giorno 8 gennaio. A tutt'oggi non è pervenuta alcuna risposta. Su questo e sugli interrogativi relativi all'operato della Commssione riportiamo infine un comunicato stampa di Falco Accame a nome del coordinamento ($D).

4A. NOTA DEL DR. FRANCESCA DEGRASSI SULL'INCONTRO CON IL PROF. MANDELLI

Volevo relazionarvi brevemente sull'incontro con Mandelli che abbiamo avuto questa mattina con Falco Accame, Govanni Bongiovanni, il medico legale che si occupa del caso Vacca ed io stessa come esperta in mutagenesi del gruppo dei tecnici che dovrebbe affiancare l'associazione e il Tribunale Ramsey Clark sull'analisi delle conseguenze dell'uso dell' uranio impoverito.

L'incontro era stato richiesto da Accame a nome della sua associazione. L'intenzione di Accame era di avere informazioni sulle analisi che la commissione intende fare, per esempio sulla riesumazione dei cadaveri, ma Mandelli e' stato molto sulle difensive dicendo che non aveva nessun ruolo per rispondere a questo tipo di domande e che il suo compito era quello di fare un'indagine epidemiologica sul numero di tumori nella popolazione dei militari rispetto ai casi nazionali.

Non ha voluto sentire le informazioni sui casi a conoscenza di Accame perche' non avevano veste di ufficialita' e, a suo parere, dovevano essere riportati al Ministero della Difesa. La sua linea e' stata che, se ci sara' un'evidenza di un'aumento di tumori, il compito passava poi ai fisici nel decidere quali indagini fare.

Ad una mia osservazione che il "whole body counting" (che era riportato sul Manifesto di ieri come analisi che Mandelli ha detto si fara' nell'incontro con le ong) rischia di non essere assolutamente sensibile per l'uranio, ha risposto che "In Italia va bene se non si fa niente, ma se si fa qualcosa a qualcuno sicuramente non va bene" (argomenti di natura prettamente scientifica!).

L'unica nota positiva è che ho avuto modo di presentare il documento del Comitato scienziate e scienziati contro la guerra e glielo ho lasciato su sua richiesta. (*)

La valutazione di Accame è che la chiusura alla discussione dipende dal fatto che l'avvocato dell'associazione (Pasquale Vilardo) ha fatto richiesta al Ministero della Difesa, in base alla legge sulla trasparenza, affinchè Zucchetti possa seguire i lavori della commissione e che questo possa essere giunto alle sue orecchie.

La mia opinione e' che per poter avere un ruolo in questa vicenda bisogna arrivare ad un ulteriore elaborazione del documento che incorpori 1) un'analisi sul rischio di tipo chimico che viene dal DU 2) un'elaborazione condivisa su quali sono le analisi ( sui vivi e sui morti) che sono necessarie per valutare l'esposizione al DU ed il rischio connesso nei militari, nei volontari e nella popolazione. Questo documento si puo' spendere dopo su vari tavoli e discutere su una base consistente con le varie controparti

Dr Francesca Degrassi

4B. NOTA DI FALCO ACCAME SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE E DEL GRUPPO DI SCIENZIATI CHE AFFIANCA IL NOSTRO COORDINAMENTO

Insieme ai dottori Giovanni Bongiovanni e Francesca Degrassi (facenti parte della Commissione scientifica sull'uranio impoverito che collabora con la rete AUI) ci siamo recati dal professor Mandelli per conoscere qualche elemento sui lavori della commisssione nominata dal Ministro della Difesa in merito alla problematica dell'uranio impoverito. Il prof. Mandelli, molto sensibile ai problemi dell'inquinamento, ha espresso la sua preoccupazione per lo smog cittadino, come quello che può trovarsi a Roma al Tritone. Per quanto riguarda le richieste sull'uranio, ci ha invitati a rivolgerci al Ministro della Difesa: "I dati di partenza li fornisce il Ministro della Difesa". Ascoltati però dalla Commissione Difesa della Camera, tre membri della "Commissione Mandelli" tra i quali il generale medico Tricarico, hanno detto che i dati li hanno selezionati loro, sia per quanto riguarda le zone operative da considerare (per esempio è stata esclusa la Somalia), sia per ciò che riguarda l'inclusione nella lista dei singoli casi da considerare.

C'è da chiedersi: come possono essere definiti dai membri della "Commissione Mandelli" i singoli casi se di alcuni di questi la Commissione non conosce il nome e il cognome, perchè gli interessati hanno chiesto alle associazioni a cui si sono rivolti di non pubblicizzarli o di far conoscere solo le iniziali dei loro nomi. Alcuni degli ammalati, per ragioni di privacy, non hanno infatti voluto rendere noto il loro caso. Ad esempio un alpino destinato a Feltre, operato di tumore, ha chiesto di non divulgare la sua identità. Si tratta ovviamente di una questione fondamentale, che interessa i dati di partenza da cui prende avvio l'inchiesta. E su questi dati di partenza occorre che vi sia una concordanza tra i membri della "Commissione Mandelli" che li raccolgono e selezionano e le associazioni che ne hanno avuto notizia. Occorre inoltre una verifica tra questa lista di dati e quella in possesso della Procura Militare.

Gli interrogativi che si pongono sui lavori della Commissione e che sono di viva preoccupazione per coloro che sono affetti da varie patologie, sono molti.

Si tratta intanto di stabilire se è possibile fare un'indagine epidemiologica su una situazione che è in continuo sviluppo. Infatti basta scorrere i giornali partendo da qualche tempo fa e leggiamo, ad esempio, in data 18 dicembre 2000 ("Il Messaggero") che il consuntivo è di tre morti e di dodici malati; il 3 gennaio "Libero" ci parla di 6 morti; l'11 gennaio "La Nuova Sardegna" cita sette morti e trenta ammalati; il 19 gennaio "L'Adige" indica in otto i militari morti; fino ai giornali di oggi su cui si legge di dieci morti e di 38 ammalati. Tra l'altro non sappiamo (visto che il Ministero della Difesa non l'ha comunicato) se i dati relativi ai casi individuati da sottoporre alla Commissione Mandelli derivano da canali ufficiali delle Forze armate o se derivano dalle notizie giunte tramite "radio fante" e se c'è una corrispondenza tra queste liste. Inoltre non sappiamo se la lista più recente includa anche i casi che si sono presentati tra il personale che ha operato in Somalia e nei poligoni, dove pure risulta che è stato presente l'uranio, e non conosciamo a quale popolazione militare si riferisca l'indagine, in altre parole quanti sono i militari che verranno presi in considerazione e quale debba ritenersi la permanenza minima nelle zone esposte da prendersi in esame.

Inoltre non sappiamo quali siano le condizioni "conoscitive" in cui ha operato il personale circa la protezione da rischi. Questo deve essere considerato come un dato di partenza. Infatti il personale che ha operato in Somalia, in Bosnia e nei primi sei mesi della campagna del Kosovo non ha avuto a disposizione norme di sicurezza. Queste disposizioni sono venute in essere il 22 novembre 1999.

Non è chiaro nemmeno quali affezioni dovrano essere considerate (leucemie e tumori o anche linfomi come il linfoma di Hodgkins?). Secondo il generale Tricarico della sanità militare i casi segnalati sono 64, ma 26 non sono stati presi in esame perchè, si è detto, il personale non è stato impegnato nei Balcani nè in altre missioni fuori area, oppure perchè era affetto da patologie non tumorali, di lieve entità. In proposito possiamo chiederci: una persona che è tornata dalla missione in condizioni di sterilità o che è tornata affetta da disfunzione alla tiroide non viene presa in considerazione dalla Commisssione? Questi danni (possibilmente provocati dall'uranio) sono da considerarsi inesistenti? Tra l'altro ci sono dei casi come quello di Salvatore Vacca la cui morte è stata addebitata a disfunzione alla tiroide, mentre probabilmente si trattava di una leucemia. Inoltre non si sa se verranno effettuate autopsie sui corpi per cercare di appurare se vi si possono trovare (almeno nelle ossa) tracce di polvere di uranio. A parte questo, interessa conoscere quali metodologie verranno applicate nelle indagini. E si sa che si tratta di un tema controverso. Inolttre va tenuto presente che che il "registro dei tumori" non è omogeneo rispetto alle varie parti d'Italia. E allora, come verranno effettuati i confronti? Quale attendibilità potranno avere?

Quello dell'uranio impoverito negli usi bellici è un campo in cui, tra l'altro, in Italia si sa ben poco. Le uniche esperienze consistenti si possono trovare negli Stati Uniti e in Iraq in seguito alle vicende relative alla guerra del Golfo. Purtroppo nella importantissima conferenza internazionale che si è tenuta a Manchester il 4 e 5 novembre 2000 sugli usi dell'uranio impoverito, per l'Italia fu invitato solo un ricercatore, Marco Saba dell'Osservatorio Etico-Ambientale di Trieste. Comunque, come si è accennato sopra, sono pronti a collaborare con la Commissione Mandelli nel difficilissimo compito assegnatole un gruppo di valenti studiosi e scienziati tra cui il prof. Massimo Zucchetti del Politecnico di Torino.

Certo bisogna approfondire problematiche come quelle che hanno portato in Francia a consigliare ai reduci dalle missioni di non generare figli per almeno sei mesi dopo il rientro in patria e che hanno portato ad esprimersi in termini inequivocabili sui rischi la Forza Multilaterale Ovest. Nelle disposizioni emanate dalla Forza Multilaterale a firma del colonnello Osvaldo Bizzari si afferma che "inalazioni di polveri insolubili di uranio impoverito sono associate nel tempo con effetti negativi sulla salute quali il tumore e disfunzioni nei neonati".

La Commissione Mandelli dunque, insieme agli esperti che si sono messi a disposizione volontariamente e che vogliamo qui formalmente ringraziare, potrà approfondire le conclusioni a cui erano giunte le autorità nelle loro norme precauzionali inviate al personale che ha operato in missioni nelle quali si è imbattuto nella possibilità di contaminazione da uranio impoverito.

Falco Accame

4C. OSSERVAZIONI SULLE MODALITA' DI OPERAZIONE DELLA "COMMISSIONE MANDELLI"

prof. ing. Massimo Zucchetti, Politecnico di Torino, Dipartimento di Energetica.

15/2/01

Con riferimento ai lavori della Commissione scientifica sull'uranio impoverito nominata dal Ministro della Difesa presieduta dal prof. Mandelli ("Commissione Mandelli"), il sottoscritto, a titolo personale, ma anche a nome del Comitato Scienziate e Scienziati contro la Guerra, intende far rilevare alcune osservazioni/richieste di chiarimento sulle modalità di operazione della Commissione.

In particolare:

L'esame dei casi di malattie e morti attribuibili all'uranio impoverito deve prendere in esame, vista l'esiguità del fenomeno, la maggior base possibile di dati, per migliorare l'affidabilità dell'indagine. Non possono pertanto venire esclusi a priori i casi riferentesi a presenza nei poligoni, oppure in Somalia. Restringere l'indagine ai soli casi attribuibili ai Balcani rende più difficile l'ottenimento di risultati probanti.

Per lo stesso motivo, restringere l'indagine solo a patologie gravi, escludendo quelle più lievi, non appare una scelta corretta. Allo stesso modo, vi possono essere patologie che, pur essendo a prima vista di difficile attribuibilità all'uranio impoverito, debbono comunque essere prese in considerazione.

Per lo stesso motivo, ulteriori casi segnalati dalle associazioni dei militari colpiti non possono non essere prese in considerazione.

Occorre conoscere poi, facendo le opportune richieste di informazioni alle autorità militari competenti, le modalità di possibile esposizione per ognuno dei casi esaminati. Mappe e dati più precisi sulle quantità di proiettili sparati o di missili utilizzati, zone di utilizzo, presenza dei militari nelle zone, ed in quale periodo.

Per quanto riguarda gli esami da effettuare sulla "popolazione militare potenzialmente esposta", occorre includere in questa indagine coloro che effettivamente possono essere stati esposti - escludendo invece, ad esempio, chi fra i militari, pur avendo operato in quelle zone, vi è stato per un periodo troppo breve e in zone non contaminate. Questo, oltre che per facilitare l'indagine, serve anche per evitare di falsare i dati sulla "normale incidenza" di casi nella popolazione esaminata. Questo numero, al di là di tutte le riserve sulla reale affidabilità dei dati sulle "normali incidenze" stesse, è ovviamente dipendente dalla popolazione globale considerata.

Per quanto riguarda gli esami da effettuare su potenziali contaminati ma senza patologie, è ben noto che esami ematologici e delle urine "standard" non possono, a distanza di qualche anno, rilevare alcunchè, tranne il caso di militari con proiettili ritenuti, che non si applica qui. La tipologia di esami da effettuare risulta più complessa in questo caso.

Rimanendo a disposizione per ogni eventuale chiarimento, porgo distinti saluti.

prof. ing. Massimo Zucchetti

4D COMUNICATO STAMPA DELLA RETE AUI

LA COMMISSIONE MANDELLI HA AVVIATO I LAVORI, MA NON C'E' ANCORA ALCUNA RISPOSTA DEL MINISTRO DELLA DIFESA ALLA RICHIESTA DEGLI AVVOCATI LOMBARDI E VILARDO DELL'8 GENNAIO 2001

La Commissione Mandelli ha avviato i suoi lavori, ma si pongono numerosi e gravi interrogativi:

1) Vengono presi in considerazione solo alcuni casi e altri vengono esclusi in base a criteri che non si conoscono e ciò incide ovviamente, a priori, sugli esiti dell'indagine epidemiologica. Vengono esclusi dalle liste casi di malattie o morti attribuibili alla presenza nei poligoni e in Somalia e ciò altera l'entità del fenomeno da considerare.

2) La Commissione non ha reso noti i nomi delle persone prese in considerazione e quindi non si sa come siano state ricavate le liste in suo possesso, se gli elenchi corrispondano a quelli in possesso della magistratura militare e anche a quelli delle associazioni che hanno segnalato vari casi. Inoltre vi sono dei casi a conoscenza delle associazioni in cui però i segnalanti non hanno voluto che si rendesse noto il loro nome e cognome. Per questi casi ci si chiede come la Commissione Mandelli possa ritenerli acquisiti, dato che non ne conosce l'identità.

3) Non si capisce come e con chi verrà fatto il raffronto dell'incidenza della malattia. Non si sa quale sia la "popolazione" militare presa in considerazione: 30.000 persone, 60.000 persone? Vi è chi ha sostato per mesi in determinate zone e vi è chi vi ha sostato solo per giorni. Quali criteri si usano per determinare l'esposizione alla possibile contaminazione? Essi debbono essere resi noti in anticipo e chiariti, altrimenti i risultati possono essere i più disparati. Inoltre, mentre per il Kosovo sono stati resi noti i raid effettuati, col numero di colpi sparati in ciascun raid, questo non è il caso della Bosnia. La base di Aviano dispone di tutti i rapporti di operazione sui raid effettuati, ma non ha ancora comunicato quanti colpi all'uranio sono stati sparati in ciascun raid e nemmeno le coordinate geografiche di ciascun luogo di attacco. Le coordinate geografiche di ciascun luogo di impatto sono quelle che occorrono per le verifiche di intensità di radiazioni e di tossicità da effettuare circa le polveri di uranio. Inoltre, come è noto, non esistono in campo nazionale statistiche sui tumori, leucemie, linfomi, ecc., ma solo statistiche relative a particolari località dove tali fenomeni si sono mostrati in forma critica e perciò non si capisce quale sia la base di raffronto che dovrà essere utilizzata. E mancando una chiara base di confronto non potrà derivarne alcuna indicazione credibile.

In conclusione grandissima è l'incertezza in cui si muove la Commissione Mandelli e, tra l'altro, dovrebbero essere riesumate le salme del personale deceduto per avere qualche indicazione fattuale di presenza o meno di uranio, quanto meno nelle ossa. E si sa che si tratta di analisi tutt'altro che semplici. Queste questioni dovranno essere chiarite in tempo utile. Intanto si aspetta la risposta del Ministro della Difesa alla richiesta avanzata dall'Ana-Vafaf, tramite gli avvocati Lombardi e Vilardo, l'8 gennaio 2001, per far partecipare ai lavori della Commissione Mandelli i rappresentanti del comitato di scienziati raccolto intorno al prof. Zucchetti.

Falco Accame


5.

LE ARMI ALL'URANIO SONO STATE USATE ANCHE DALL'ESERCITO ITALIANO?

E' quanto emerge da un articolo-denuncia pubblicato dal "Tempo" del 10 febbraio, di cui riportiamo uno stralcio (5A) a cui segue un comunicato stampa del coordinamento (5B)

5A MUNIZIONI ALL'URANIO PER GLI ITALIANI IN SOMALIA

di Stefano Mannucci

Titolo del Tempo:
"Nel documento riservato di un magazzino dell'esercito la prova che il nostro contingente disponeva di proiettili radioattivi
Munizioni all'uranio per gli italiani in Somalia
Il lotto di armamenti, di fabbricazione tedesca, sarebbe stato acquistato dagli israeliani nel 1985"

Testo dell'articolo:

Il contingente italiano potrebbe aver sperimentato munizioni all'uranio impoverito nel corso delle missioni in Somalia nel 1993. Quei proiettili farebbero parte di un lotto di fabbricazione tedesca e di provenienza israeliana. acquistato dal nostro Ministero della Difesa nel 1985. Quel che è peggio, dallo stesso stock proverrebbero i colpi anticarro sparati all'interno dei poligoni NATO in Italia fino all'ottobre-novembre 2000: l'allarme suscitato nel mondo per la presunta radioattività dell'U238 avrebbe poi consigliato la sospensione dei test. Sulla veridicità della notizia dovrà rendere conto il ministro Mattarella, chiamato in causa da un'interrogazione urgente "a risposta in Commissione Difesa" presentata giovedì scorso dai parlamentari leghisti Cesare Rizzi e Edouard Ballaman. E, se venisse confermata, la clamorosa novità spazzerebbe via tutte le reticenze e le ammissioni tardive dei vertici militari e politici sulla questione dell'uranio; la cui pericolosità, avverte la Commissione Scientifica insediata dal Governo, è ancora tutta da dimostrare.

L'interrogazione.
Ballaman e Rizzi pongono a Mattarella una serie di quesiti scottanti. Ai due parlamentari risulta che "Il personale tecnico militare e civile di un deposito di armamenti in Italia ha richiesto nel mese di gennaio 2001 che siano effettuati dei controlli e delle analisi per i rischi collegati all'uranio impoverito; tale personale ha effettuato verifiche e lavorazioni su una serie di munizioni all'uranio impoverito su di un lotto ritornato dalle operazioni della Somalia". I deputati del Carroccio vogliono sapere "se risponde al vero quanto esposto e quali siano le attività che il ministero intende intraprendere al fine di salvaguardare la salute del personale in questione. Se tale deposito sia di pertinenza delle forze NATO o di quelle dell'esercito italiano. Se l'indicazione posta sui proiettili- 105/51 mm APFS/DS-T-DM33 Lotto IMI 1-1-1985 - configuri l'acquisto da parte del Governo italiano di questi proiettili all'uranio impoverito di provenienza dell'esercito israeliano sin dal 1985"

Il documento.
"Il Tempo" è in grado di rivelare il contenuto della comunicazione scritta inoltrata il 12 gennaio scorso dal personale artificiere al capo del deposito in questione. Il documento è stato protocollato tre giorni più tardi; impossibile decifrarne il numero o i nomi dei firmatari, che nel timore di ritorsioni hanno provveduto a cancellarli, impedendone così l'identificazione. Secondo indiscrezioni, tuttavia, il deposito di munizioni dell'esercito italiano si troverebbe in Italia centrale, presumibilmente in Toscana. Ma un particolare renderebbe molto complicata l'eventuale ispezione da parte dei parlamentari: per accedere in questa struttura infatti sono necessarie le cosiddette "doppie chiavi". Oltre al placet del responsabile italiano del magazzino, dunque, occorrerebbe quello del delegato dell'Alleanza. Ad ogni modo in quella lettera gli artificieri chiedono chiarimenti al capo deposito sulle precauzioni sanitarie da adottare dopo le verifiche portate a termine sulle munizioni sospette. Quei dipendenti scrivono: "Per quanto riguarda l'uranio impoverito, il personale in specifica (...) ha effettuato lavorazioni sui colpi completi da 105/51 mm APFS/DS-T-DM33 Lotto IMI 1-1-1985 (all'uranio impoverito) e su tutto il materiale esplosivo e non esplosivo - sacchi di sabbia e materiali vari rientrati da missioni fuori area (zone a rischio) in container e mezzi militari..." Ed ecco il punto chiave: "Si rende noto che le lavorazioni sono state svolte sul quantitativo totale di colpi che rientrarono dalla Somalia; l'involucro dei colpi quando giunsero al Deposito Munizioni presentavano segni di annegamento e malformazione degli involucri quindi era difficile stabilire quali e quanti colpi fossero in buono stato senza una lavorazione più capillare". La pulitura dei proiettili, viene precisato più oltre, fu effettuata "anche con lana di acciaio dove si presentassero punti di ossidazione".

Le sigle sui proiettili
Quella successione di numeri e lettere non lascia dubbi agli esperti: si tratta di munizioni anticarro destinate all'artiglieria. La sigla è quella corrente in ambito NATO: "APFS" identifica i colpi ad alta penetrazione, "DS" sta per "scomponibili". Quella "T" che segue (e in questa ssurdità è un'altra chiave del giallo) evidenzia che il proiettile è "tracciante", cioè lascia una scia: il suo "cuore" sarebbe dunque morbido, presumibilmente al fosforo. Niente uranio, allora? Va sottolineato che le codificazioni dell'Alleaza prevedono anche un PB (piombo) al posto di quella "T". E nessun proiettile al "depleted uranium" viene presentato come tale, ma i dipendenti di quel deposito li hanno smontati e visti con i loro occhi: la testata era radioattiva. Ancora. quel "DM33" si può tradurre con "Drill Munition", munizioni per addestramento. In Somalia potrebbero non essere mai state utilizzate, ma di certo erano state messe a disposizione del nostro contingente, per fini apparentemente di "esercitazione in loco". Non v'è prova che gli italiani le abbiano sparate contro i ribelli nel Corno d'Africa: ma le usarono le truppe americane, anch'esse inquadrate nelle forze di pace ONU, quando attaccarono la residenza del generale Aidid nell'agosto del 1993.

E quel lotto, disseminato poi nei poligoni e nei magazzini militari della penisola, fu acquistato da Israele sedici anni fa: lo dimostra (così come la sua fabbricazione tedesca) la dicitura IMI 1-1-1985. Se anche, per assurdo, qualcuno decidesse di far sparire i colpi incriminati, alla Difesa dovrebbero poter reperire la documentazione di quel contratto di fornitura. Sapremmo chi lo autorizzò, chi lo firmò, i tempi di consegna. E se esista o meno la "scheda tecnica" su quegli armamenti che gli israeliani potrebbero aver omesso di inviare ai nostri, vista la delicatezza del materiale.

Israele
I tecnici di Tel Aviv sono considerati all'avanguardia nello sviluppo di armi sofisticate; l'esercito con la stella di Davide ha ammesso solo di recente di aver sperimentato le armi all'uranio impoverito: a riprova c'è la denuncia di Arafat, secondo cui sarebbe costante, da parte degli israeliani, l'utilizzo di munizioni radioattive in Libano e in Cisgiordania. Ma la fornitura agli italiani è datata 1985: a quel perido in effetti risalirebbero le sperimentazioni dei colpi all'uranio impoverito da parte degli eserciti americano, tedesco e dello stato ebraico. (...)

I poligoni italiani
Potrebbero essere almeno due i militari deceduti per leucemia al ritorno dalle operazioni in Somalia, e altri tre quelli morti dopo aver prestato servizio all'interno dei poligoni NATO in Italia. Il mese scorso alcuni esponenti politici locali e i dipendenti della struttura militare di Nettuno chiesero urgentemente una verifica sul munizionamento usato, che secondo gli addetti era all'uranio impoverito. Proiettili che, si sostiene da più parti, sarebbero stati sperimentati in quel poligono fino all'ottobre-novembre dello scorso anno, prima di una sospensione "cautelativa". Il direttore del poligono, il colonnello Angelo Ambrosino, ha poi disposto uno screening che ha escluso ogni utlizzo di armi radioattive a Nettuno negli ultimi venti anni. Ma, secondo voci accreditate, anche lì sarebbero state stoccate e testate le munizioni del famigerato lotto IMI 1-1-1985.

5B URANIO IMPOVERITO ANCHE IN SOMALIA E NEI POLIGONI COMUNICATO STAMPA

10/2/01

Le notizie pubblicate oggi dal Tempo confermano quanto già da tempo fatto presente dallo scrivente e cioè la presenza di uranio in Somalia (presenza sospettata già dal 96 a causa della grave malattia da cui restò affetto il maresciallo Marco Mandoini) e ritornato alla luce recentemente per via del sospetto di contaminazione del maresciallo Pizzamiglio e del capitano di corvetta D'Alicandro. Tra il personale che ha operato nei poligoni si sono verificati vari casi di patologie attribuibili all'uranio. Inoltre addirittura si prospetta la possibilità che le Forze Armate italiane siano state esse stesse dotate di armi all'uranio.

Dopo la serie incredibile di menzogne a livello ufficiale sulla questione delle armi all'uranio, con la negazione della presenza delle armi all'uranio in Bosnia, poi nei poligoni e quindi in Somalia, il presidente della Repubblica come Capo delle Forze Armate deve riunire urgentemente il Consiglio Supremo della Difesa, come già richiesto in precedenza, perchè non è lecito che lo Stato menta ai cittadini, specie quando sono in questione più di una decina di morti e varie decine di ammalati. La Commissione Difesa della Camera deve estendere l'indagine, come già in precedenza richiesto dallo scrivente, anche alla Somalia e ai poligoni convocando i responsabili, mentre la Commissione Mandelli, che ha escluso tra i casi da considerare quelli relativi ai poligoni e alla Somalia, deve includerli, modificando le decisioni prese. La magistratura militare e civile dovrà aprire le opportune indagini e le commissioni ministeriali che vigilano sul traffico di armi, nel caso sia stato autorizzato l'acquisto di armi all'uranio, debbono eseguire tutti i controlli richiesti dal caso.

Falco Accame


6.

LA COMMISSIONE DIFESA DELLA CAMERA PRIMA DICHIARA DI VOLER ALLARGARE L'AMBITO DELL'INDAGINE, POI FA MARCIA INDIETRO

Sollecitato da precedenti lettere di Falco Accame Il 7 febbraio il Presidente della Commissione Difesa della Camera on. Valdo Spini inviava a Falco Accame la lettera che riportiamo (6A), dalla quale emergeva una disponibilità a considerare anche quanto accaduto in Somalia. Questa "apertura" risulta però ben presto contraddetta da una "precisazione" dello stesso Spini riportata dall'ANSA il 12/2 (vedi 6B). A questa retromarcia parziale o totale risponede una nuova lettera di Falco Accame (6C) e un comunicato stampa del coordinamento (6D). Intanto il ministro che escludeva qualche tempo fa che fossero stati sparati proiettili all'uranio in Bosnia dichiara che "allo stato non risulta nulla per la Somalia" (Messaggero del 16/2).

6A. LETTERA DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE DIFESA DELLA CAMERA A FALCO ACCAME

7/02/01

Caro onorevole Accame,

Le comunico di aver interessato il nostro ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della sua lettera del 5 febbraio 2001, con la quale mi chiede che la Commissione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva da essa deliberata il 10 gennaio scorso, dal titolo "Prevenzione dei rischi e condizioni di sicurezza dei militari italiani impegnati nei Balcani", si occupi anche di accertare eventuali collegamenti tra le patologie registrate in occasione dei conflitti in Somalia e nel Golfo Persico e l'eventuale impiego di proiettili all'uranio impoverito.

Per non trascurare l'opportunità di ricevere anche le notizie in Suo possesso, l'Ufficio di Presidenza La invita a trasmetterci al più presto eventuali memorie e documenti sulle materie da Lei indicate, di cui la Commssione possa tener conto ai fini della predisposizione del documento conclusivo dell'indagine.

Non mancheremo poi di porre quesiti anche su Somalia e Golfo Persico nel corso della prevista audizione del Ministro della Difesa, in modo da poter acquisire anche la posizione del Governo.

L'occasione mi è gradita per inviarLe i miei migliori saluti.

Valdo Spini

6B. LE "PRECISAZIONI" DELL'ON. SPINI DEL 12 FEBBRAIO (ANSA)

"L'indagine conoscitiva 'Prevenzione dei rischi e condizioni di sicurezza dei militari italiani impegnati nei Balcani', deliberata dalla Commissione Difesa della Camera dei Deputati il 10 gennaio 2001, previa intesa del Presidente della Camera dei Deputati, riguarda esclusivamente la situazione di quell'area. Tuttavia, l'ufficio di Presidenza della Commissione stessa si è dichiarato disponibile in seguito alla richiesta di Falco Accame, presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime delle forze armate, ad acquisire sue memorie sull'argomento".

6C. LETTERA DI FALCO ACCAME AL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE DIFESA DELLA CAMERA ON. VALDO SPINI

13/2/01

Signor Presidente,

faccio seguito ai precedenti scritti in cui segnalavo l'opportunità di estendere l'esame della problematica riguardante l'uranio impoverito anche ai casi che sono stati ipotizzati in Somalia e nei poligoni di tiro. Per quanto riguarda la Somalia sono stati segnalati i casi del maresciallo Pizzamiglio e del capitano di corvetta D'Alicandro. Per quanto riguarda i poligoni (Teulada, Salto di Quirra, Persano ed altri) sono stati segnalati i casi di Pintus e altri.

Per quanto ancora riguarda la Somalia, il problema acquista particolare rilevanza anche in relazione a ciò che si legge nell'articolo pubblicato da Il Tempo, a firma S. Mannucci, in data 10 febbraio 2001. Ancora in relazione al tipo di indagine da compiere relativamente ai possibili effetti dell'uranio impoverito, il caso Somalia è interessante perchè qui non c'è il pericolo di confondere gli effetti dell'uranio con gli effetti del bombardamento di fabbriche chimiche o altro dato lo scarsissimo livello di industrializzazione del paese.

In Somalia l'uranio impoverito è stato usato dagli aerei AC 130, dagli elicotteri Cobra e da vari tipi di mezzi blindati. Di particolare rilievo sono state le azioni nella zona dell'aereoporto e quelle che hanno mirato alla distruzione della residenza del presidente Aidid e delle fortificazioni che la difendevano.

Il personale degli S tati Uniti, in relazione alle norme emanate che Le ho inviato in precedenza e che sono anche citate nell'articolo che le allego del San Francisco Examiner del 21 giugno 98, ha operato, in seguito ai bombardamenti, in assetto di massima protezione (tute impermeabili, maschere del tipo antigas, guanti a perdere). Il nostro personale che invece si trovava nella stessa zona, a brevissima distanza dagli americani, lavorava in calzoncini e maglietta senza alcuna protezione, tenuto conto che si raggiungevano temperature di oltre 40 gradi all'ombra. Il nostro personale si è più volte chiesto come mai il personale USA addottasse questi provvedimenti precauzionali.

Ma certamente la domanda dovevano porsela i rappresentanti dei nostri Servizi Segreti agli ordini del colonnello Raiola e il personale di polizia militare dell'Arma dei Carabinieri addetto ai compiti di sicurezza.

Non credo occorresse molto acume per supporre che se i militari USA operavano nell'assetto di cui sopra vi dovevano essere dei buoni motivi. Lei, che è fiorentino come me, sa cosa si dice a Firenze di un personaggio emblematico che non spicca per doti di acume, cioè l'astrologo di Brozzi, che si dice riconoscesse le ortiche al tasto e lo sterco all'odore.

Ora io credo che noi, da parte di chi dirigeva le operazioni e da chi aveva funzioni informative e di sicurezza, dobbiamo chiedere qualcosa di più delle qualità dell'astrologo di Brozzi e credo sia nostro compito sapere perchè nessuno si è preoccupato di informare chi di dovere che il nostro personale operava in quelle condizioni di rischio che, successivamente, nelle direttive emanate il 22 novembre 1999 a firma del colonnello Osvaldo Bizzari sono così definite: "INALAZIONI DI POLVERE INSOLUBILE DI URANIO IMPOVERITO SONO ASSOCIATE NEL TEMPO CON EFFETTI NEGATIVI SULLA SALUTE QUALI TUMORI E DISFUNZIONI NEI NEONATI". Mi auguro che i responsabili delle gravissime carenze sopra denunciate vengano ascoltati dalla Sua Commissione.

Falco Accame

P.S. Le allego anche alcune fotografie relative a distruzioni avvenute in Somalia di fortificazioni in cui prevedibilmente sono state usate armi all'uranio impoverito.

Le allego inoltre, in relazione alle operazioni in Bosnia, una fotocopia di un articolo apparso sul quotidiano Il Tempo in cui si vede la fotografia dell'ammiraglio USA Leighton Smith che illustra le operazioni in Bosnia nel corso di una conferenza ad AFSOUTH a Napoli, a cui erano presenti le autorità militari italiane, che quindi non potevano non essere al corrente delle operazioni svolte. La base di Aviano, retta da un colonnello dell'Aereonautica italiana, era al corrente dei singoli raid compiuti, del numero e del tipo dei colpi sparati e quindi in grado di fornire alla Commissione Difesa un quadro riassuntivo come quello che è stato pubblicato da L'Espresso per le operazioni in Kosovo. Per ogni raid il rapporto di operazione indica anche le coordinate geografiche dove è stato compiuto e ciascun punto colpito può quindi essere oggetto di valutazioni sia per quanto riguarda il tasso di radiazioni sia per la tossicità chimica.

6D URANIO IMPOVERITO - L'INDAGINE NON PUO' NON TENER CONTO DELLE VICENDE SOMALE - COMUNICATO STAMPA

Ho preso atto delle precisazioni dell'on. Spini, presidente della Commissione Difesa della Camera, a cui comunque ho già fornito tutti i documenti che provano in modo inequivocabile l'uso dell'uranio impoverito in Somalia, che era stato smentito così come era stato smentito l'uso dell'uranio impoverito in Bosnia. La Commissione Mandelli, che seleziona i dati da includere nell'indagine epidemiologica, non può trascurare i dati relativi alla Somalia perchè ciò falserebbe i risultati dell'indagine stessa. Invierò comunque al Presidente Spini anche un significativo articolo del San Francisco Examiner del 21 giugno 1998 in cui si riferisce che il regolamento di medicina preventiva USA prevede una serie di test per coloro che possono essere stati contaminati e precisa che questa attività fu già implementata in Somalia "durante una missione di pace delle Nazioni Unite del 1992" e che "attualmente tale regolamento viene applicato in Corea, Bosnia e Golfo Persico". Viene precisato inoltre che: "Le truppe di stanza in Somalia ricevettero ordini precisi su come comportarsi in caso di contaminazione dai proiettili all'uranio impoverito in una direttiva impartita il 14 ottobre 1993 dal comando delle forze armate USA".

D'altra parte, come rilevato dal quotidiano Il Tempo nell'articolo in data 10 febbraio 2001 a firma di S, Mannucci, l'uso delle armi all'uranio era conosciuto in Italia dal 1985. Peraltro l'uranio era già stato impiegato in Vietnam, forse in Libano oltrechè in Corea ed era in dotazione ad Israele almeno fin dal 1985.

La questione dellìacquisto delle armiall'uranio da Israele figura certamente nell'elenco delle transazioni approvate dal Comitato interministeriale per l'autorizzazione di import/export di armi, esistente all'epoca presso il Ministero del Commercio con l'Estero e presieduto allora dal ministro plenipotenziario Alberto Indelicato, mentre oggi in forma differente tale Comitato opera presso il Ministero degli Esteri (ambasciatori Macchia e Leo).

Falco Accame

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