Il leghismo, malattia senile del capitalismo

Eros Barone

Genova, 1 agosto 2009


Il successo elettorale conseguito dalla Lega Nord, cioè da una forza populista, reazionaria, xenofoba e razzista, e l'appartenenza di questo partito, insieme con il Pdl, alla coalizione che gestisce il governo del paese, oltre a ricordarci i tempi di Karl Lueger, che fu il borgomastro cattolico e antisemita di Vienna nel primo decennio del '900, e del giovane Adolf Hitler, che si formò in quell'ambiente, impone un rinnovato sforzo di analisi sul fenomeno del leghismo, che manifesta così evidenti analogie sul piano oggettivo (e talvolta esplicite affinità, dichiarate dagli stessi dirigenti di tali forze, sul piano soggettivo) con i fenomeni storici testé accennati.

Il primo problema da affrontare, se ci si propone di combattere in modo efficace il 'Bebo' (= l'alleanza fra Berlusconi e Bossi), concerne l'identificazione della natura di classe della Lega Nord: orbene, tenendo conto che occorre distinguere tra base sociale (ossia l'effettiva direzione di un movimento) e base di massa (ossia l'insieme degli strati sociali, fra cui anche un ampio settore del proletariato, egemonizzati dalla classe che detiene la direzione di tale movimento), non v'è dubbio che la Lega sia da definire come un movimento reazionario della piccola e media borghesia dell'Italia settentrionale, atto a fornire una base di massa alle politiche antipopolari dei settori più corporativi e autoritari della grande borghesia (che coincidono in larga misura con quei settori la cui attività economica è strettamente connessa ai circuiti produttivi e commerciali dell'Europa centrale), nonché fondato su un'ideologia populista che amàlgama valori democratici (elettività della magistratura, associazionismo, azione collettiva), liberali (individualismo, mito della superiorità dell'iniziativa privata su quella pubblica, liberismo, federalismo) e valori fascisti (securitarismo, xenofobia, razzismo e correlativo mito dell'identità padana, darwinismo sociale, comunitarismo organicista e culto del capo).

Se questa è la natura profonda della Lega, va detto nondimeno che essa, come tutti i movimenti dello stesso tipo (basti pensare all'eclettico pressappochismo ideologico e all'opportunismo politico che la caratterizzano), può “permettersi il lusso” – per parafrasare una celebre dichiarazione di Mussolini – “di essere aristocratica e democratica, conservatrice e progressiva, reazionaria e rivoluzionaria, legalitaria e illegataria, a seconda delle circostanze di tempo, di luogo e di ambiente”. In effetti, se i 'controribaltoni' del passato sono stati un ottimo esempio della tattica proteiforme seguita dalla Lega, il 'Bebo' trova oggi il suo cemento non solo nel richiamo al neoliberismo, ma anche e soprattutto, come teorizza Giulio Tremonti, ideologo organico del blocco corporativo interclassista e nordista, nella svolta neoprotezionista, che viene progressivamente attuta: svolta che spiega, anch'essa, l'alleanza con il Pdl.

D'altronde, le posizioni della Lega a favore del ripristino delle 'gabbie salariali', sulla questione meridionale, sulle politiche industriali, finanziarie, sociali, fiscali e del lavoro, confermano pienamente la giustezza di quella definizione, mettendo a nudo la natura della Lega quale prodotto di una reazione aggressiva del 'popolo delle partite Iva' ai processi di mondializzazione (= concentrazione + centralizzazione + concertazione) posti in atto dal grande capitale industriale e finanziario, reazione sostenuta da vasti consensi territoriali originati, oltre che dall'aggregazione, in chiave localista, dei settori più retrivi dell'area clericale, dalla decomposizione politica e ideale di una parte del proletariato, che prima sosteneva e votava il Pci (e in questo senso è del tutto pertinente la definizione dalemiana della Lega come 'costola della sinistra').

Tolta la maschera del federalismo, ciò che la Lega mostra è il volto repellente di un coacervo di forze politicamente reazionarie e ideologicamente primitive. Basti pensare alla concezione soggettivistica e dietrologica, insistentemente riproposta da Bossi, secondo cui la storia è il risultato di un complotto di onnipotenti demiurghi che dirigono la politica mondiale: una concezione con cui il leader della Lega, ispirandosi forse a De Maistre, nonché a Hitler e Mussolini, mira a demonizzare la massoneria, l'ebraismo, le 'demoplutocrazie giudaico-massoniche' e, naturalmente, il Moloch del centralismo romano. Né il discorso cambia se si prende in considerazione la critica, tipicamente piccolo-borghese, che la Lega sviluppa contro il predominio del grande capitale monopolistico: una critica che esprime il carattere fondamentalmente regressivo dell'ircocervo leghista il quale, in nome del federalismo e/o del secessionismo, aspira, nel XXI secolo, a ritornare dal capitalismo monopolistico al capitalismo libero-scambista, così come, nel XIX secolo, altri rappresentanti di utopie reazionarie aspiravano a ritornare dal capitalismo al feudalesimo.

La borghesia sta ricorrendo a molteplici operazioni per prevenire le conseguenze della crescente polarizzazione politica e sociale, che oggi viene mascherata dal blocco corporativo interclassista e nordista, ma che è destinata nel breve periodo, quando 'tutti' i nodi verranno al pettine con l'esplosione di violente contraddizioni economiche, sociali e politiche, a sfociare in una grande rottura di massa. Il vento della restaurazione e della repressione, che sembra spirare così forte oggi, potrebbe allora trasformarsi in un vento di emancipazione e di liberazione. Vedremo se i cavalli di Frisia (ronde, federalismo dissociativo, politiche proprietario-securitarie) che vengono approntati dalla borghesia per impedire, evitare o rinviare la rottura che si sta determinando nel profondo della società, saranno, oltre che necessari, sufficienti. Vedremo se la mobilitazione reazionaria delle masse, il cui potenziale di malcontento, di protesta e di rivolta viene oggi convogliato su falsi obiettivi (non la borghesia italiana ma il centralismo romano, non lo sfruttamento capitalistico ma gl'immigrati extracomunitari, non il capitale finanziario transnazionale ma la massoneria e il mondialismo) ad opera di forze populiste, come la Lega Nord, possa trasformarsi in una mobilitazione di segno opposto, il cui avvìo potrebbe coincidere con la campagna per l'applicazione della Costituzione e per la messa fuorilegge della Lega, proposta dai compagni di “Aginform”: ormai è sempre più chiaro – e di questa evidenza le forze democratiche, popolari e comuniste italiane ed europee devono essere ben consapevoli – che, come disse Brecht in una sua poesia riferendosi al rapporto fra capitalismo e nazifascismo, “quel ventre è ancora fecondo” e, grazie a levatrici ben disposte, può ancora generare mostri.

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