Nasce a Berlino
il Forum europeo per la pace

L’iniziativa di lanciare una proposta di coordinamento europeo contro la guerra è partita ed è stata sorretta in Germania, con ottime capacità organizzative, dagli stessi ambienti che si erano fatti carico nell’anno trascorso della costituzione e dell’attività del Tribunale di Berlino contro i crimini NATO nei Balcani (vedi Aginform n. 12, giugno 2000). Ma la sollecitazione in questo senso era venuta un po’ da tutti i gruppi e le personalità che avevano dato vita ai Tribunali contro la NATO in vari paesi europei e anche dal Tribunale italiano. Alla base vi era la comune convinzione del carattere non episodico ma permanente e strategico della svolta in senso militarista e bellicista impressa dalla NATO con l’aggressione alla Jugoslavia, ma anche la coscienza della estrema debolezza della lotta contro la guerra in quasi tutti i paesi europei e la constatazione che una parte assai cospicua di quella che era stata la sinistra in Europa si era trovata pienamente allineata con le posizioni degli imperialisti.

Con queste premesse, nella data simbolica del 23-24 marzo, secondo anniversario dell’inizio della fase più acuta e criminale della aggressione NATO contro la Jugoslavia, si è tenuta a Berlino una conferenza internazionale con l’obiettivo di lanciare la costituzione di un Forum europeo per la pace. "C’è bisogno di contrapporre forze adeguate allo sviluppo dell’Unione Europea come blocco militare e ai piani comuni NATO e UE di imposizione dei loro interessi mediante gli interventi militari". Così definiva l’obiettivo della conferenza, in una intervista al quotidiano "Neues Deutschland", Elmar Schmähling, ammiraglio in pensione della marina tedesca, ben conosciuto in Germania per il suo impegno contro la guerra, e incaricato, al termine dei lavori, del coordinamento del gruppo di lavoro che dovrà mettere in piedi le strutture e assicurare capacità operative al Forum europeo per la pace.

L’impressione di chi ha partecipato alla conferenza è che questa volta sia stato messo in moto un processo serio e promettente di coordinamento. L’inizio promettente deriva sostanzialmente dai seguenti fattori:

1) il livello alto e la precisione nell’analisi delle politiche di guerra sia degli USA che della UE e la loro netta e inequivoca condanna;

2) la partecipazione qualificata delle diverse componenti della sinistra tedesca portate a discutere sul terreno concreto dell’opposizione al nuovo militarismo europeo e alla NATO;

3) la partecipazione importante da tutti i paesi dell’Europa orientale.

Sul primo punto, già il lavoro del Tribunale di Berlino si era caratterizzato per la capacità di mettere lucidamente in evidenza non solo la spinta americana, ma anche quella specificamente europea (e tedesca) all’aggressione alla Jugoslavia. La conferenza di Berlino ha prodotto adesso una mole importante di nuovi materiali relativi alla trasformazione in senso militare della UE, alla destabilizzazione dei Balcani e all’allargamento verso est della NATO. Di particolare interesse il bilancio di due anni di guerra presentato dall’ex ambasciatore della RDT in Jugoslavia, Ralph Hartmann: insieme alla destabilizzazione dei Balcani, evidenziata nel modo più plateale dalla guerra in Macedonia, la guerra scatenata due anni fa ha il suo lascito più importante nella trasformazione della NATO e nella costituzione del nuovo corpo di spedizione europeo, assai rilevante per uomini e mezzi, che viene predisposto per l’impiego nelle prossime avventure militari.

Sul secondo punto: la conferenza di Berlino è stata in grado di imporsi alla sinistra tedesca come momento centrale di riflessione per tutte le componenti che professano intenti di pace. Questo non era affatto scontato considerando la radicalità dell’opposizione alla guerra manifestata dagli organizzatori e l’accento posto sulla presenza dell’Europa orientale. Alla fine anche i più tiepidi e condizionati dalla ricerca di legittimità istituzionali hanno dovuto accettare il confronto con i settori più radicali e militanti; un risultato non di poco conto, considerando il peso della Germania in Europa non solo nello sviluppo in senso militarista ma anche nelle potenzialità del movimento contro la guerra. Parlamentari della PDS come Hans Modrow (già leader della RDT) e Hans Arnold, animatori di diverse iniziative di massa per la pace come Peter Strutynski e Tobias Pflüger (campagna contro le forze di intervento), intellettuali come Hermann Klenner o Gregor Schirmer, personaggi noti per la loro militanza a favore della RDT come Rainer Rupp, tutti sono stati chiamati a un esercizio di responsabilità in vista di una lotta efficace contro la guerra a livello europeo.

Terzo: la partecipazione dell’Europa orientale è certo il fatto che maggiormente ha caratterizzato l’iniziativa di Berlino. Unica assente proprio la Jugoslavia, non per colpa degli organizzatori, ma per il boicottaggio congiunto delle autorità tedesche e dei Quisling jugoslavi che hanno negato il visto al presidente della Lega degli Antifascisti Jugoslavi Miodrag Zecevic. Gli altri paesi erano rappresentati da parlamentari come il bulgaro Velko Valkanov, uno dei pochi parlamentari del Partito Socialista ad opporsi alla guerra, il bielorusso Valery Aleksandrov, l’ucraino Romascenko accompagnato da numerosi delegati di diverse associazioni ucraine unite nel denunciare l'asservimento del loro paese alla NATO, il ceco Vojtech Filip, capogruppo del Partito Comunista di Boemia e Moravia, il polacco Zbigniew Wiktor della Lega dei Comunisti, il russo Michail N. Kuznetzov, presidente del Tribunale per i crimini NATO che ha tenuto le sue sessioni in Russia e Ucraina e molti altri intellettuali e scienziati..

La conferenza di Berlino rappresenta fino a questo momento in Europa il tentativo più avanzato di costruire un effettivo coordinamento europeo per la pace. La strada da percorrere tuttavia è lunga ed è stato compiuto solo il primo importante passo. In particolare è stata formata una commissione di lavoro, con una presidenza a cinque di cui fa parte anche la Fondazione Pasti, e una segreteria permanente composta dal suddetto Elmar Schmähling e da un rappresentante del Comitato Greco per la Pace e la Distensione Internazionale (EEDYE). La commissione di lavoro è chiamata a lanciare proposte e a strutturare il Forum in vista dell’appuntamento decisivo previsto tra un anno ad Atene, ospiti dell’EEDYE. Il Forum di Berlino si salda così anche attraverso il ruolo dei greci, importantissimo data la rilevanza dell’iniziativa antimperialista di cui sono portatori nei Balcani, con le prospettive di coordinamento europeo discusse a Lisbona. L’EEDYE è infatti l’organizzazione che detiene attualmente la presidenza internazionale del Consiglio Mondiale per la Pace. La rete di rapporti tessuta in questi anni pur tra mille difficoltà si sta dunque profilando chiaramente. Se sapremo lavorare bene il movimento antimperialista potrebbe avere in futuro in Europa punti di riferimento più saldi.

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