Chi ha paura di Iraq libero?

di Aldo Bernardini

Il 26 febbraio 2005: all’Aja si svolge l’atteso e importante incontro internazionale sull’infame processo Milosevic (ne usciranno gli atti). Il giorno prima, insieme a Ramsey Clark e al prof. Singh di New Dehli, la visita nel carcere di Scheveningen a Slobodan Milosevic, un colloquio intenso, umanamente e politicamente fervido; ho raccolto fra l’altro l’apprezzamento del Presidente per qualche contributo alla sua difesa. Al rientro in Italia mi trovo controvoglia e contro ogni precedente proposito nella spiacevole necessità di tornare a svolazzare raso terra, per riprendere l’artificiosa e tutt’altro che arguta polemica sul rapporto che ci può capitare di avere con personaggi di destra, essenzialmente “non governativa”. E anche qui, contro ogni iniziale intenzione, dedico più spazio e tempo del voluto, perché non intendo minimizzare il problema né in generale né per quanto mi riguarda: non mi rifugio, come sarebbe pur facile, dietro l’occasionalità e la peculiarità anche ambientale di certi episodi. E non nascondo come si vedrà in fine, particolari che gli ingenui, ma soprattutto gli “inmalafede” potrebbero utilizzare, senza fondamento ma tant’è, contro di me. Si tratta, per quel che mi concerne, di scelte senza dubbio eccezionali e per così dire sul filo del rasoio, ma consapevoli e calcolate. E ne dò qui ragione. Resto comunque stupefatto dello spirito di piccola setta di tanti compagni e di loro raggruppamenti che, invece di riflettere sull’epocale mutazione filoimperialistica (diretta o per subalternità culturale) della (ormai per gran parte solo nominale) sinistra, si stracciano le vesti se, nel combattere contro l’imperialismo e questi suoi nuovi adepti, ad un comunista capiti di trarre pro’, ovviamente con consapevole e stretta limitazione all’obiettivo, da specifiche occasioni offerte, per i casi della vita, in ambito di “destra non governativa”: quando il puristico rifiuto di queste varrebbe invece l’occultamento, il silenzio, il soffocamento imposti dal “pensiero unico” dominante o, al meglio, il rinchiudersi in gruppetti e limitarsi a fogli autoreferenziali (meritori e utilissimi, sia chiaro, ma qualche volta bisogna pur andare oltre!).

Incidentalmente: all’Aja i compagni jugoslavi, tedeschi, americani hanno considerato semplicemente vacua e penosa una polemica del genere, i “decaloghi” sui requisiti per far parte dei Comitati Milosevic (questi non sono certo dei partiti!), i ridicoli mal di pancia su chi rappresentasse il Comitato italiano all’Aja: il sottoscritto vi è stato non solo l’unico relatore italiano, ma l’unico presente dal nostro paese, non è buon segno la perdita del senso della realtà e addirittura del ridicolo. E, ancora, gli isterismi diffusi ben sprovvedutamente (ma non solo sprovvedutamente…) dall’Italia circa episodi di “rossonerismo” per lo più solo fantasticati, qualche singola volta trovanti piena spiegazione nella dialettica reale della vita. Ci si dovrebbe limitare a sorridere. Vi è però un caso in cui la “penosità” è travalicata in irrimediabile, gratuita, sterile bassezza: e qui le carte vanno in mano al legale.

Devo dunque riprendere la polemica, per dissipare confusioni e sospetti: ad essa si è infatti aggregato, non si sa bene perché, Bruno Steri in veste di custode di incontaminate purezze che la vita reale non consente sempre di preservare e che nessuno mai preserva pienamente, se lo sguardo spazia a tutto campo. Senza irrigidirsi su totem e tabù, ai quali si può anche restare impiccati e che divengono la caricatura di sacrosanti principi, da modularsi invece sempre in rapporto dialettico con l’effettività della vita e delle situazioni.

Proprio all’Aja ne ho avuto riprova: la fonte più autorevole ha confermato, in nome di un’emergenza nazionale, il persistere di un indispensabile collegamento del Partito socialista jugoslavo con i radicali di destra (nulla a che fare con Pannella…) di Seselj, mentre uno dei più autorevoli e rigorosi Comitati nazionali pro Milosevic sta organizzando un incontro, al quale parteciperà anche un rappresentante di quest’ultimo partito: che in Italia, come è noto, tiene contatti pure con elementi di destra. A questo punto, coerenza e frenesie imporrebbero lo scioglimento del Comitato italiano.

Il fascismo oggi

E’ certo un fatto che di frequente, nella sinistra anche c.d. radicale, ma in realtà subalterna, si affaccia il tentativo di assimilare al nazifascismo chi, come compito primario della nostra epoca, difende l’indipendenza nazionale contro l’imperialismo e deve raccogliere ad unità, anche pur solo temporanea, le forze “nazionali”: lo abbiamo visto per Milosevic (ma il suo partito opera per una società di eguali!), molto improvvidamente lo suggerisce Curzi (“Liberazione” del 23 marzo 2005) per il Baath di Saddam Hussein, socialmente assai avanzato. Con evidenza per tale opportunistica e antistorica assimilazione si fa spesso fulcro su collegamenti e convergenze inevitabili nella difesa nazionale: ma che fare quando l’invasione coloniale in Iraq è sostenuta da “comunisti” collaborazionisti con l’invasore, a loro volta appoggiati, ad es. in Italia, da un partito che si nomina comunista, il Pdci (e forse, meno chiaramente, anche da Rc?).

Appare dunque necessario riprendere il giro d’orizzonte già iniziato in precedenza: alle infamie, che ho già citato, degli pseudosinistri per cui saremo chiamati (assillati) a votare e nei rapporti con i quali non ci si sporcherebbe, si è aggiunta una pennellata estrema di D’Alema. Costui ha ringraziato Giovanni Paolo II per aver contribuito a distruggere l’Unione Sovietica: lo scopo di Pio XII e dei nazi-fascisti nella seconda guerra mondiale, non resta che rimpiangere che l’opera non fosse stata completata allora. Il presidente Mao mi pare abbia detto che i comunisti che rinnegano diventano fascisti e fascista è quell’affermazione di D’Alema, come del resto lo sono stati i bombardamenti sulla Jugoslavia e tante altre azioni anticostituzionali portate avanti da quello schieramento politico e di governo. “Fascista” è una ripetuta sortita di Fassino (“Corriere della Sera” e “Repubblica” del 15 marzo 2005; si vedano anche l’intervista alla “Stampa” del 20 marzo 2005 e la lettera sempre di Fassino all’”Unità” del 22 marzo 2005), che lamenta l’assenza di una strategia della “sinistra” per cacciare, senza la guerra (ma come allora?), Saddam Hussein: ma chi gli dà il diritto? E non me la sento di esentare da questo quadro Ingrao, con le reiterate sbandate anticubane e anticinesi: un ritorno alle origini, per il santone Pietro? Questo è il vero fascismo oggi, l’imperialismo “dei diritti umani” e della “democrazia” da esportare ovunque, meglio con le buone, ma all’occorrenza anche con le cattive, purché “multilaterali”! Su ciò si incontrano in definitiva questa “sinistra” e la destra di governo: quest’ultima nell’attuale momento è certo la compagine più pericolosa, ma quella “sinistra” al potere, se recuperato, sarebbe anch’essa probabilmente da combattersi

Non mi appassiona certo discettare se il termine “fascista” in questi casi venga usato in senso stretto e proprio o in interpretazione larga. Mi basta citare la rivista comunista tedesca “Offensiv”, gennaio-febbbraio 2005, p. 11:

“Il fascismo festeggia oggi la sua rinascita in Iraq e in Israele. Il crollo della comunità di Stati socialisti ha spalancato la porta alle ambizioni egemonistiche della grande potenza americana e dei suoi satelliti. Le immagini e i rapporti sconvolgenti sulle disumane umiliazioni, torture ed uccisioni, sofferte da prigionieri irakeni, significano una ricaduta nelle pratiche del fascismo degli anni ’30, quando la violenza dello stato di polizia infuriava contro l’opposizione della classe lavoratrice nella Germania nazista, nell’Italia fascista, nel regime falangista di Franco e nell’imperialismo giapponese in Cina… La mirata politica di annientamento del regime Sharon contro la popolazione civile palestinese nei territori occupati di Gaza e all’ovest del Giordano può nella sua bestialità essere paragonata solo con [le criminali azioni] dei nazisti: anche molti israeliani persino militari condannano in tal senso la politica dello Stato sionista, ma senza successo… Una macchina di propaganda coordinata a livello mondiale stigmatizza i combattenti della guerriglia nei territori occupati di Iraq ed Israele come terroristi e insorti! …La sfida di cui si ha paura è l’insurrezione di popoli oppressi e sfruttati contro le posizioni di potenza globali del capitalismo… Gli eredi ideologici del fascismo sono i c.d. neoconservatori della destra USA, il cui influsso sulla politica estera del paese attraverso la collaborazione con fondamentalisti cristiani ed organizzazioni sioniste va crescendo rapidamente sotto la presidenza Bush II… Ciò di cui, fra gli innumerevoli specialisti e consiglieri di Washington, nessuno aveva tenuto conto è la resistenza di popoli disprezzati e rapinati contro il terrore della violenza armata e di una soldataglia indottrinata… La resistenza contro il fascismo, la lotta per l’autodeterminazione nazionale vanno avanti. Milioni di persone in tutti i paesi condividono la speranza di un giusto ordine mondiale socialista”
. Nella sostanza dunque l’imperialismo nella fase attuale è, quanto meno nel suo nucleo duro, un equivalente moderno del fascismo, e chi lo appoggia e ne sposa l’essenziale dell’azione (pure eventualmente distanziandosi per qualche tratto di metodo) è alleato di questo fascismo, chi ne assorbe dati presupposti culturali è ad esso subalterno.

Discriminante antifascista e sinistra imperialista

La sacra discriminante antifascista che Steri impugna come una clava resta sacra in quanto principio: per escludere alleanze organiche e strategiche con la destra, vietate del resto dall’assolutamente contrapposto modello di società perseguito, che per noi è basato sull’uguaglianza di fatto (economico-sociale) e non su una gerarchia sociale e di popoli o “razze”. Cito qui la più bella definizione dell’uguaglianza, che ho trovato in uno scritto di Stalin: “L’abolizione, uguale per tutti, della proprietà privata dei mezzi di produzione”. Ed ancora le stupende parole da lui dettate per il monumento di Treptow (Berlino) ai caduti sovietici, che desumo dal “Corriere della Sera” del 16 marzo: “L’ideologia dell’uguaglianza fra tutte le razze, ancorata nel nostro paese, l’ideologia dell’amicizia fra i popoli ha conseguito la vittoria totale contro l’ideologia fascista hitleriana del nazionalismo bestiale e dell’odio razziale”.

Ora, pur fissata questa discriminante, nell’attuale vita concreta, se non si tiene conto della dislocazione apertamente filoimperialista della “sinistra moderata”, detta anche progressista, e della subalternità almeno culturale della maggior parte della sinistra definitasi radicale, si finisce per operare secondo un principio tolemaico in un sistema che ormai si manifesta come copernicano. Il principio diventa appunto un tabù. Assumere qui un atteggiamento “da poliziotto” (non si offenda Bruno Steri) si rivela proprio futile, anzi dannoso. Un simile atteggiamento deriva comunque - sia consentita l’illazione - da due elementi convergenti. Da un canto, certi comunisti (pur benemeritamente) “dissenzienti” (ad es., quelli dell’”Ernesto” o almeno una parte di essi) ritengono di essersi spinti troppo avanti nel loro dissenso dal politicamente corretto, che affligge anche tanta sinistra c.d. radicale, e si aggrappano, come residuo di esso, alla discriminante antifascista: un elemento che li associa in definitiva alla sinistra moderata e occulta o minimizza il carattere filoimperialista-fascista di questa (vedi sopra). D’altro lato, non tollerano alla loro sinistra forze totalmente antimperialiste e che disvelano il vero carattere della sinistra “moderata”, con cui anche quei “dissenzienti” finiscono in definitiva per allearsi, non solo tatticamente e provvisoriamente. E’ questa nuova, pur se ormai annosa, e per me tragica situazione che finisce per portare, occasionalmente e momentaneamente, a incontri e convergenze per lo più solo obiettivi (capita in un dibattito di dire in concreto le stesse cose contro l’imperialismo, questo è un fatto), certo mai strategici, con elementi di destra: se non altro per sfuggire all’asfissia, all’assedio, al silenzio, all’impotenza imposti dalla sinistra moderata o anche radicale ma subalterna.

E valga il vero, con qualche ulteriore esempio di silenzio forzato e di vergognose deformazioni. Il “Manifesto” rifiuta la pubblicità (a pagamento) dell’iniziativa di Iraqlibero a Sant’Anna di Stazzema, centrata su un ideale gemellaggio con Falluja. Della Conferenza dell’Aja nemmeno “Liberazione”, pur sollecitata, ha dato una riga, dico una riga, di notizia. E vediamo il modo vergognoso con cui i giornali della sinistra c.d. radicale riferiscono sulle azioni della Resistenza irakena: stragi, assassinii, omicidii, uccisioni di innocenti o disoccupati, laddove, a parte quelle di dubbia attribuzione, si tratta di azioni di guerra contro l’aggressore e i collaborazionisti, il verbo esatto per questi ultimi è che vengono “giustiziati”. E non si pone in luce né tanto meno si valorizza il nucleo centrale predisposto e organizzato prima dell’aggressione, si dà invece una rappresentazione caotica! O vediamo ancora come si parla ormai abitualmente di un governo e di un esercito irakeni non più indicandone costantemente, come dovuto, il carattere “fantoccio” e di asservimento al potere dell’invasore colonialista. In tutto ciò abbiamo diretta complicità con l’imperialismo.

Proseguiamo con silenzi e censure. Bruno Steri inizia il suo attacco a certe mie scelte, ricordando bontà sua che egli legge con interesse le mie “lettere” al “Manifesto” (da anni non ve ne sono comparse, e non per mia scelta) e a “Liberazione” (che “generosamente” finora, pur se in modo saltuario, le ha pubblicate): ma non si domanda Steri perché si tratti solo di “lettere”. E non si scandalizza del fatto che un “sinistro” come Sabino Cassese rifiuti una recensione a un mio libro scritta da un assistente democratico di un costituzionalista comunista: questi particolari li aggiungo ora, pur se non dico il nome del collega, per non esporlo alle salmodie delle sante vestali, visto che l’autorevole collega, di fronte a quel rifiuto, ha senza battere ciglio accettato l’ospitalità offerta dalla rivista di Sinagra.

Non ha senso censurare, come fa Steri, con la clava della discriminante antifascista, la mia certo “arrischiata” accettazione di prefare un libro di un collega di destra: l’operazione non può essere vista in astratto, isolatamente, al di fuori di un contesto di fatti come quelli che ho ampiamente snocciolato nelle mie prime risposte. Ed è senza pregio l’argomento, di fronte a questa, riconosco, singolare operazione, che non si può perdere credibilità presso il “popolo di sinistra”: chi vuol dirigere ed esercitare egemonia deve saper spiegare, far capire, magari con gradualità, ma non si può proprio lasciare quel “popolo” nella convinzione mitologica che il “nero” stia tutto da una certa parte storica e in qualche modo arcaica e non si trovi oggi invece, nella grande sostanza, tra le file dei novelli filoimperialisti (che non sono i classici “democratici”, per primi avendo violato in immuneri ipotesi la Costituzione e promosso o fatto la guerra!). E che, sempre nel rifiuto di alleanze strategiche e organiche con le destre, la mascalzonaggine di questi ultimi “convertiti” può talvolta combattersi anche con la mossa del cavallo, quella con cui - rinnovo - Stalin ha spiazzato i “democratici” occidentali che gli tendevano trappole. Se, in ipotesi, mi trovassi a sparare (pur solo simbolicamente) sui filoimperialisti, ad es., per sostenere la Resistenza irakena e contro di quelli sparassero contemporaneamente elementi di destra, che cosa dovrei fare? Tirare su quei “fascisti” (storici) o seguitare a sparare contro i filoimperialisti e magari a un certo punto coordinare, almeno obiettivamente, il tiro contro questi ultimi, i fascisti nuovi oggi in atto a livello mondiale? Salvo fare i conti successivamente con gli altri, per ora momentanei associati anche involontari (e per fugare ogni equivoco preciso che tali convergenze e incontri devono restare circoscritti all’obiettivo concreto antimperialista del momento…).

Ferma restando l’insuperabile differenza di punti di partenza e di obiettivi con la destra, ci si può porre con serietà il quesito se, almeno su un piano umano, antropologico, D’Alema (e Veltroni, e Fassino, ecc., con le infamie che hanno dichiarato e operato) siano “meglio” di Sinagra (alla fine dovrò scusarmi con questo collega, per gli accostamenti che propongo), se i rinnegati siano proprio migliori degli incaponiti seguaci di vecchie ideologie che certo seguitiamo giustamente a respingere, pur se qualche volta questi personaggi oggi dicono cose , nel concreto, coincidenti con nostre posizioni e contrastanti con l’imperialismo e specificamente con gli attuali misfatti di questo.

Su Iraq libero un falso persistente

Vediamo come Steri articola il suo ragionare. Egli parte dal timore che in occasione di iniziative pubbliche si verifichino commistioni con esponenti o forze politiche di destra storica e anche direttamente fascista, e considera ciò inammissibile. Un’ovvia banalità, ma così generica da non significare pressoché nulla: va precisato infatti che - a parte la doverosa estensione di una simile preclusione agli attuali “fascisti” in senso largo, che Steri neppur suggerisce - ciò è vero a livello di organizzatori, non di pubblico in iniziative aperte (e con la precisazione che all’Università le soluzioni non possono essere così drastiche e che, in via più generale, possono indubbiamente darsi situazioni eccezionali come quella riguardante, per gli jugoslavi, il partito di Seselj). Ma l’osservazione banale e ovvia cela la trappola. Come appare in chiusura del pezzo di Steri, sottinteso (e condannato) è un fatto inesistente, ma dato per certo: che una determinata iniziativa, quella importantissima del 13 dicembre 2003 a Roma sulla Resistenza irakena, sia stata fondata su un connubio rosso-nero. Che negli antecedenti e nel retroterra possano esservi stati avances e interessamenti da destra sarà pure verificabile, ma l’iniziativa del 13 dicembre è stata rigorosamente democratica e “di sinistra”: basta rievocare l’assetto fondamentale del tavolo di presidenza. Questo falso storico è stato propalato da elementi torbidi e bevuto, anche in quanto opportunisticamente faceva comodo, alla stregua di inconfutabile verità persino da quei “comunisti dissenzienti” che non volevano evidentemente osare troppo e hanno trovato la comoda scappatoia.

Proseguiamo. Io ho detto: si parva licet… e cioè se è lecito comparare piccole cose alle grandi. In altri termini: toute proportion gardée. Sarà pur vero che non possono paragonarsi le difficoltà che la “sinistra per bene” (compresa R.c.) ci oppone agli immani pericoli che correva l’Unione Sovietica (noto incidentalmente che Steri mi pare alteri il significato del patto Ribbentrop-Molotov: si trattava per l’URSS di guadagnare tempo, come è stato e si è rivelato fondamentale per la vittoria, è in questi termini, non in quelli “rossoneri” in cui sembra classificarlo Steri, che il patto è consegnato vittoriosamente, per la causa del socialismo mondiale, alla storia, mentre non vi era nessuna illusione sulla tenuta del patto stesso). Ma tornando alle nostre piccole cose, per uno studioso il vedersi imposto il silenzio proprio da chi si professa “democratico” vale come la morte culturale: se non vi è circolazione di quanto si produce, patiamo l’asfissia. E non ho il minimo dubbio che, a questo punto, sia lecito reagire anche con la mossa del cavallo. A la guerre comme à la guerre. Dichiarazioni di Milosevic, sentenze jugoslave, commenti giuridici dal nostro punto di vista, la Costituzione irakena baathista del 1990 di intonazione autenticamente progressista, sono entrati nella circolazione universitaria - e ne ho avuto riscontro da studiosi e studenti - per il tramite della rivista giuridica universitaria di Sinagra, che certo contiene anche cose per noi inaccettabili. Ma peggio sarebbe stata la morte culturale, il silenzio voluto dai “sinistri democratici”.

E’ in questo contesto (diciamolo semplicemente, sul piano accademico: di cortesie ricevute e prevedibilmente ripetibili) che ho accettato di prefare una pubblicazione di Sinagra, purché come volessi io: e così è stato. Ecco la “stringente necessità”, di cui parla Steri per negarla: certo, non stringente in senso materiale, bensì scelta, anche politica, in un quadro di rottura dell’odioso ricatto dei “progressisti”. Non mi faccio tacitare in nome del politically correct e in omaggio al pensiero unico. Soprattutto di fronte alle ignominie degli attori di questo politically correct (aggiungiamo oggi le manovrette con Alessandra Mussolini, che ci mostrano come costoro, che si avvalgono della discriminante antifascista quale estrema ratio per vincolare i “dissenzienti”, ben spregiudicatamente la scavalchino quando a loro torni comodo!).

Dopo aver isolato dal contesto un episodio direttamente riguardantemi, Steri affronta il discorso dell’influenza di simili situazioni e scelte sul “popolo di sinistra” come movimento di massa: qui credo di aver già risposto.

Introduce poi un discorso di peso, ma probabilmente per disinformazione ad esso attribuisce una portata generale, che invece non possiede. E’ vero che vi è chi teorizza il superamento delle nozioni di sinistra e destra e confluisce quindi in una tendenza ad identificare in un generico antimperialismo, addirittura ridotto ad antiamericanismo, la lotta odierna: escludendo quindi dall’orizzonte il concetto fondante di lotta di classe. Anzitutto, per siffatte teorizzazioni, va indicata come prima responsabile ancora una volta la dislocazione dei c.d. progressisti ed anche della c.d. sinistra radicale, almeno in termini di subalternità culturale, a favore dell’imperialismo (ad es., negando questa categoria; o cadendo nel “cretinismo elettorale” con il dare valore, di fronte all’eroica Resistenza irakena alle elezioni farsa svoltesi in Iraq in un quadro di occupazione militare e coloniale, con l’accoglimento persino della velina imperialista sugli 8 milioni di votanti: gli elettori in Iraq come “veri resistenti”, secondo la vergognosa espressione di Fassino).

Non può dubitarsi del punto che le posizioni politiche della sinistra moderata e certi presupposti fondamentali assunti anche dalla sinistra c.d. radicale siano, pure nella diversità di sfumature, sostanzialmente coincidenti con il filo-imperialismo della destra “di governo”. E’ il discorso svolto prima: faccio ancora un esempio, l’insistenza sulla criminalizzazione di Saddam Hussein, come tiranno, dittatore sanguinario e così via, da una parte sulla base delle descrizioni e amplificazioni dei fatti compiute anche qui dalle veline imperialistiche, dall’altra nella trascuranza del compito storico del Baath, nelle enormi difficoltà create anche dall’esterno, di consolidare, al di là di oscillazioni ed errori, uno Stato anticolonialista ed antimperialista a forte connotazione sociale e laica, sempre minacciato dall’esterno: per non parlare poi dell’enorme merito di Saddam Hussein nell’aver organizzato l’attuale potente Resistenza irakena.

Detto questo, quella concezione, nella sua formulazione più drastica, è per me da respingersi e su ciò ho reso pubbliche dichiarazioni. Su enunciazioni diverse (rapporto fra lotta di classe e lotta contro l’imperialismo, essenziale riduzione dell’antimperialismo ad antiamericanismo, Islam e lotta all’imperialismo…) esprimo, insieme ad altri, talune perplessità ed è per questo che, pur senza demonizzare la sede (non certo totalitaria) di tali teorizzazioni, il sottoscritto ed altri con lui non fanno parte organica del campo antimperialista, pur non rifuggendo per nulla da opportune collaborazioni (ad es., quando l’unica sede in Italia per un intervento dello jugoslavo Krslijanin è stato il campo di Assisi, e lo stesso è valso per esponenti anche baathisti della Resistenza irakena: basta pensare cheper queste iniziative certo non avremmo trovato ospitalità presso R.c. o i cossuttiani). Proprio per il rispetto delle concezioni di ognuno dei partecipanti abbiamo fatto sì che l’organismo che si occupa direttamente della Resistenza irakena, Iraqlibero, sia autonomo rispetto al campo antimperialista e diretto, come è diretto, da un comitato di indiscutibili “sinistri”. E che cosa è stata l’iniziativa di Sant’Anna di Stazzena con il gemellaggio simbolico fra la città vittima dei nazisti storici e Falluja, bersaglio dei nazisti dell’imperialismo attuale? Un’operazione rosso-nera?

Tutto questo è stato ignorato dai propalatori di menzogne e false notizie e purtroppo appare accettato anche da Bruno Steri, il quale, al di là delle legittime ma disinformate posizioni di dubbio che ha espresso, si è lanciato in chiusura in un’inammissibile condanna di Iraqlibero (non direttamente nominato), l’unico organismo in Italia ad affermare non la semplice teorica legittimità della Resistenza irakena, che sembra il massimo a cui altri si spingono, bensì il sostegno aperto e incondizionato ad essa. Ed ha perfino avallato il “grido d’allarme” di un personaggio che non voglio più nominare (se non a fini di querela), che ha fatto centro sulla disinformazione, che ha utilizzato gli stessi metodi che abbiamo conosciuto da ambienti sionisti nei confronti dei Comitati Milosevic, che colpisce persone che cercano di combattere per Milosevice l’Iraq, ma nulla propone di sostitutivo e di migliore e quindi opera in funzione puramente “sfascistica”. Aver raccolto simili posizioni ha portato Steri a un comportamento “da poliziotto”, che non gli fa onore.

Ancora un pensiero, scomodo e… compromettente (per me). Tali sono la violenza, l’arroganza, la furia bestiale e corruttrice dell’imperialismo oggi che la resistenza ad esso, in nome e da parte dei popoli oppressi, ovunque e comunque si manifesti, in prima linea per la causa dell’indipendenza nazionale, è sempre benemerita e benvenuta. E quella irakena, così affilata, eroica, totale va esaltata come esempio tragico, sì, ma luminoso. E se qualcuno nei nostri paesi si schiera al suo fianco, nel dilagante opportunismo e panciafichismo (Lenin), va comunque appoggiato. Voglio dire che persino se fosse stato vero (ma non lo è stato, almeno sul piano reale e operativo) che elementi di destra avessero simpatizzato con la nascita di un movimento pro-Resistenza irakena serto comunque “a sinistra”, dovere dei veri comunisti sarebbe stato o di creare qualcosa di meglio e di “più puro”, o comunque di sostenere l’impresa, salvo contribuire, se necessario, a “depurarla”. Il “purismo”, con cui si è vilipesa e isolata quell’impresa in Italia, è stato solo squallido opportunismo, anche nel senso che ho cercato di spiegare prima.

Forse non è inopportuno aggiungere qualche elemento “di colore”, per far capire come tutta la situazione sia molto fluida e non consenta tagli con l’accetta. Devo ricordare un episodio che ha visto come attore uno dei compagni più dubitosi: Andrea Martocchia. Una drammatica telefonata di quest’ultimo, diverso tempo fa (naturalmente non posso ricordare con precisione i particolari), per segnalarmi che l’aviatore jugoslavo Simic, “reo” di aver abbattuto nei cieli di Bosnia un aereo italiano, era stato condannato da un giudice italiano all’ergastolo. La colpa di tutto ciò, secondo Andrea, sarebbe stata dell’avvocato fascista Augusto Sinagra, al quale, non si sa come, era stata affidata la difesa dell’imputato. Non so se allora fu la prima volta che confidai a Martocchia di conoscere Sinagra come collega universitario, in ogni caso scaturì dalla conversazione che sarebbe stato utile che io parlassi con questo avvocato. In quell’occasione Martocchia “tirò” dunque la corda ragionevole (o civile, per esprimermi con Pirandello) e auspicò il contatto “impuro”. Parlai con Sinagra, lo trovai molto irritato con la giudicessa della condanna, che aveva tolto la parola agli avvocati e persino impedito un intervento del console jugoslavo, e mi preannunciò l’appello. Riferii a Martocchia , il quale mostrò assoluta sfiducia e previde sfracelli per il povero jugoslavo. Questi invece in appello ebbe la pena ridotta a 15 anni (non è cosa da poco sotto il profilo processuale) e oltre a ciò Sinagra mi fece avere anche il testo del ricorso in Cassazione. Non rammento quale fu la reazione di Andrea a tali notizie, tutto sommato, visti gli sviluppi successivi, prevalse forse di nuovo la corda pazza. Non possiamo naturalmente sapere come la cosa finirà: ma andiamo a parlare con l’aviatore jugoslavo di una “pregiudiziale” contro Sinagra e a favore di avvocati facenti parte dello schieramento che ha bombardato la Jugoslavia…

Per quanto mi riguarda, una situazione ancora una volta imbarazzante. Un magistrato di Milano, di cui non faccio il nome per non esporlo alle infuriate delle sante vestali, un magistrato che ha emesso un’ammirevole pronuncia distinguendo fra guerra di liberazione e terrorismo, per la quale è stato attaccato violentemente e certo non ben difeso “da sinistra”, mi invia il seguente messaggio (cito testualmente): “Carissimo professore, ho letto approfonditamente… il suo articolo [sull’Iraq, pubblicato in “I diritto dell’uomo - cronache e battaglie]…… e l’ho trovato di estremo interesse… Mi ha consigliato la lettura di suoi scritti il prof. Augusto Sinagra, che la stima tanto”. Che devo fare a questo punto, cari Martocchia e Steri? Sparare al magistrato, a Sinagra, a me stesso? O limitarmi a ingiungere a Sinagra di esprimere pubblicamente nei miei confronti disistima assoluta e di non consigliare la lettura di miei lavori (c’è Sabino Cassese che lo fa…), in modo da liberarmi da sospetti e condanne e da tranquillizzare le vestali?

Ancora qualche considerazione: si esprime ansia per la possibile infiltrazione di elementi di destra, e addirittura di agenti di servizi segreti, nei Comitati Milosevic, pro Iraq e così via. Certo, si impongono seriamente attenzione e vigilanza assolute: quanto agli agenti dei servizi, però, mi guarderei anzitutto da chi ne parla troppo e al tempo stesso pone in essere comportamenti di pura rottura; per gli elementi di destra, anche qui un po’ di senno: pensiamo ad es. ad un intellettuale come Franco Cardini. Per quel che è di padre Benjamin, che è stato ignominiosamente e volgarmente insultato, posso solo testimoniare che in un dibattito all’Università di Teramo egli ha sostenuto in pubblico la centralità del Baath nella Resistenza irakena.

Un’altra preoccupazione che viene manifestata: le rivendicazioni della destra italiana sull’Istria, Dalmazia, ecc.. Qui voglio essere chiaro: al di là dell’evidente, scarso realismo di tali rivendicazioni, Slovenia e Croazia sono due “paesi” che non hanno difeso il socialismo, hanno voluto il capitalismo, si trovino pure esposti, nel pubblico e nel privato, alle contese e conflittualità dei paesi capitalistici. Ritengo non sia affare nostro.

Cari ragazzi, cari preoccupatissimi Martocchia e Steri, e chi con loro, la vita è più complicata di quanto pensiate, e non si risolve con gli schematismi. Saldezza di principi e chiara visione, rifarsi all’uguaglianza come sopra definita quale principio distintivo assoluto: ma per il resto conta quel che oggi si fa, non vi debbono essere rendite di posizione a favore di infami “progressisti” e se non vogliamo l’isolamento assoluto dobbiamo operare con accortezza e prudenza, ma senza paraocchi. Sperando in tempi migliori, in cui i presunti “democratici” non siano più filoimperialisti, una speranza di alquanto ardua realizzazione.

E ora veramente basta.

Aldo Bernardini

Roma, 29 marzo 2005


Ritorna alla prima pagina