Articolo comparso, con una insignificante omissione, su "Il Centro", quotidiano abruzzese, il 25 maggio 2007,
con il titolo "FAURISSON, MA L'UNIVERSITA' CHIUSA FA MALE"

Il caso Faurisson a Teramo

Aldo Bernardini


Il “caso Faurisson” ha scosso l’Abruzzo e l’Italia. C’è da chiedersi se tutti gli aspetti ne siano stati lucidamente considerati. Non intendo assolutamente toccare il rispetto dovuto alla decisione del Rettore: questo “mestiere” l’ho esercitato anch’io dal 1979 al 1985, ora da Decano della mia Facoltà di Scienze politiche e dell’Ateneo so che il peso delle responsabilità amministrative, certo non alleggerito da inaudite pressioni esterne, obbliga a decisioni rapide ed operative.

Ma la vicenda lascia un amaro sapore per chi ne colga le implicazioni. Doverosa, pur se poco simpatica, premessa è che da parecchio ho interrotto con Claudio Moffa ogni rapporto per ragioni non futili, che credo riflesse in certi aspetti della gestione della vicenda di cui è stato l’iniziatore. Decisioni forse non partecipate e non condivise, coinvolgimento di persone non consapevoli in una situazione comunque arrischiata…

Arrischiata perché la tragedia detta dell’Olocausto (e rispetto alla quale da ragazzo sono stato testimone di episodi prodromici di persecuzione e caccia agli ebrei) è nel suo nucleo fondamentale per me verità storica accertata. Ma essa è divenuta oggetto di fede e circonfusa da un alone di intoccabilità, che insieme a conseguenze politiche sovente inaccettabili che se ne traggono costituisce uno degli elementi fondanti del pensiero unico, del “politicamente corretto” che oggi in modo insopportabile ci affligge. Proprio questo alimenta le tendenze critiche, che arrivano sino ad un “negazionismo” che respingo nella sua pretesa centrale, ma che esiste, sia pur marginalmente, e non può venire esorcizzato con anatemi fideistici o, come per ora non è fortunatamente in Italia, con misure di legge: del tutto controproducenti. L’ipocrisia e l’opportunismo di massa con reazioni quasi pavloviane alla venuta del negazionista Faurisson a Teramo, è indice preoccupante di carenza di vera capacità critica: il silenzio e l’accettazione supina di crimini contro l’umanità compiuti oggi dalla parte ritenuta giusta sulla scena mondiale ne sono testimonianza inequivoca.

Nel sistema costituzionale italiano (sottolineo: in tale sistema) non esiste la possibilità di vietare l’espressione di idee e di limitare l’ insegnamento e la ricerca: salvo reati e buon costume, difficilmente configurabili rispetto a manifestazioni di idee, per quanto paradossali e persino aberranti. Chi potrebbe stabilire che l’idea X è buona e quella Y cattiva? Ovviamente, a fini giuridici, mentre la contestazione e la critica culturali e politiche sono nutrimento della vita universitaria e culturale. Ma se infrangiamo questo principio (artt. 21 e 33 Cost.), dove si va a finire?

Per questo, avevo apprezzato una bella idea del Preside Pepe, di organizzare in Facoltà, contestualmente alla discussa conferenza di Faurisson, una vigilanza e mobilitazione di docenti, studenti e altri, per la testimonianza della realtà storica della Shoa. Si è invece chiusa l’Università, per preoccupazioni comprensibili, ma ipotetiche, di ordine pubblico. L’Università che chiude al dibattito invece di promuoverlo non fa un bel vedere.

Sgomentano poi, in quanto “volontarie” e “politiche”, nonostante apparenti vesti giuridiche, e quindi in quanto insani precedenti, le affermazioni relative alla non congruenza di una iniziativa – dove saranno scritti e chi decide di questi requisiti? – con indirizzi di Facoltà, con le finalità formative di un corso, addirittura circa la valutazione – in sede almeno giuridicamente incompetente, con l’ aggravante della data pubblicità – sull’asserita inidoneità scientifica di persona invitata per un’iniziativa circoscritta da un titolare di corso di insegnamento, unico soggetto, e responsabile, della correlativa autonomia (senza poi tenersi conto di tanti altri casi analoghi o, più in generale, della “larghezza” con cui si conferiscono incarichi per corsi di insegnamento…). E, per colmo, si è parlato di una nota ministeriale che avrebbe vietato la conferenza di Faurisson.

Qui si va in pazzia! Si tratta di una deriva grave ed inaccettabile. Sempre con il massimo rispetto per l’autorità accademica decidente e responsabile: ma la soluzione data, forse anche per soddisfare richieste esterne, non servirà certo a confutare presso gli studenti le tesi negazioniste, anzi le farà apparire oggetto di chiusura a tutela di “verità di regime” e stimolerà in taluni una indifesa curiosità, invece che fornire strumenti di confutazione. Se fosse stato possibile, queste cose avrei dette a Mauro Mattioli.

Aldo Bernardini


Ritorna alla prima pagina