Imperialismo e "libertà"

Lo stesso discorso svolto per Milosevic vale per l’atteggiamento delle "sinistre" anche "comuniste" a proposito degli eventi del Medio Oriente (come del resto per Cuba).

L’esaltazione delle agitazioni degli studenti iraniani riporta al vecchio problema dell’atteggiamento da tenersi nei confronti di istanze "democraticistiche" contro governi "autoritari" e per certi aspetti "reazionari". Il criterio di fondo dei comunisti è quello indicato da Lenin e Stalin a fronte dell’emiro dell’Afghanistan, da appoggiarsi, benché reazionario, in quanto schierato contro l’imperialismo. Nessuno può negare che certe richieste degli studenti iraniani siano in sé (o in astratto) comprensibili e legittime: ma se esse non vengono prese in pugno da una forza realmente progressista, in particolare da un partito comunista, che non pare esistente, esse porteranno alla perdita dell’indipendenza del paese con assoggettamento all’imperialismo USA, allo stabilimento (forse) di talune libertà formali, che saranno privilegi per delle minoranze, mentre le masse popolari perderanno quel tanto o poco di stato sociale di cui usufruiscono. Il copione è collaudato, da quanto è accaduto nei paesi socialisti europei sino alle vicende jugoslave: ricordiamo l’esaltazione degli studenti di Otpor, di cui oggi si vanno svelando i legami e i finanziamenti da parte dell’imperialismo. Esistono negli USA o collegati con gli USA organismi deputati a promuovere la "democratizzazione" nei paesi recalcitranti. Così la NED (Endowment for Democracy) che è "un’organizzazione non governativa che riceve dei fondi pubblici per portare avanti iniziative democratiche… la promozione della democrazia è diventato un campo fisso dell’attività internazionale e un pilastro della politica estera americana" in modo sganciato dalla CIA e con l’apparenza di interventi "culturali e umanitari".

In una risposta di Paolo Mieli a un lettore ("Corriere della Sera", 9 luglio 2003) risulta che "24 associazioni universitarie (iraniane) hanno firmato un documento in cui affermano l’assoluta ‘priorità della libertà sull’indipendenza’: un’affermazione che equivale a una grande apertura di credito nei confronti degli Stati Uniti e delle loro iniziative per provocare il cambio di regime" in Iran. Miglior prova non potrebbe darsi del carattere di classe (borghese o piccolo-borghese) delle esigenze, pur se spesso in astratto apprezzabili, di quegli studenti, che non a caso hanno ricevuto espresso sostegno da Bush e hanno - almeno alcuni gruppi - forti contatti e sostegni americani. Proprio nel momento in cui lo Stato iraniano, circondato a est e a ovest da invasori americani, subisce pressioni inammissibili sulla questione nucleare, che potrebbero ripercorrere il copione irakeno. Come non ricordare le profetiche parole di Stalin nel 1952, per cui la borghesia ha lasciato cadere nel fango la bandiera dell’indipendenza nazionale?

I comunisti devono quindi mostrare molta prudenza nei riguardi degli eventi iraniani. Dove invece devono esporsi, senza timori né schizzinosità democraticistiche (che ancora una volta hanno avvelenato l’atteggiamento delle "sinistre" e dei "comunisti" ufficiali nei riguardi della barbarica e totalmente illecita aggressione all’Iraq), è nell’appoggio pieno, incondizionato, senza se e senza ma nei confronti della strenua resistenza legittima e sacrosanta del popolo irakeno contro gli invasori, e di quei dirigenti che ne fossero eventualmente alla guida, a cominciare da Saddam Hussein se questo fosse il caso: richiedendo lo sgombero immediato degli invasori e nessun intervento dall’esterno, neppure delle Nazioni Unite, le quali non avrebbero alcun titolo, per il ripristino dell’autodeterminazione irakena in funzione anticoloniale. Qui richiediamo fermamente impegno e manifestazioni, mentre condanniamo nel modo più deciso l’infame operazione suggerita dai "progressisti" riuniti a Londra, per venire in aiuto agli invasori americani e al governo fantoccio da questi instaurato, nel senso ("Repubblica", 13 luglio 2003) di "internazionalizzare il processo di ricostruzione dell’Iraq, e la NATO dovrebbe prendersene la responsabilità" (Clinton); di non credere "che coloro che hanno voluto questa guerra dovrebbero essere lasciati soli a sopportarne le conseguenze" (D’Alema); e che "l’unico modo per reintrodurre il multilateralismo è attraverso una soluzione politica, che parta dalla situazione di fatto, piuttosto che per via giuridica" (Amato).

I cosiddetti "progressisti" rivelano tutta la loro funzione di supporto all’imperialismo in un discorso che cancella l’aggressione, l’illegale destituzione di un governo legittimo, la vera autodeterminazione del popolo irakeno e la sua attuale resistenza: per dare una copertura illusoria all’operazione di ricolonizzazione dell’Iraq, come se l’associarsi di nuovi ladroni ai primi, magari con "crisma" (impossibile in via di legittimità) di un’organizzazione internazionale, potesse sanare ciò che è in radice insanabile e rendere una rapina internazionale a mano armata un’operazione "benefica".

Aldo Bernardini


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