Lutti nazionali

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La lettera di Piero Bernocchi pubblicata su "Liberazione il 1º maggio

La risposta attribuibile al direttore di "Liberazione" Piero Sansonetti

Un commento di Aldo Bernardini

Per chi non va con la corrente a proposito di “lutto nazionale” e di “popolo unito nel piangere i suoi eroi uccisi dai terroristi a Nassiriya” il clima italico è già sufficientemente pesante. Per cui, caro Piero (Sansonetti, NdR), non vorrei che ai lettori/trici di Liberazione restasse pure il dubbio che le differenze di posizione tra noi (mio articolo del 1° maggio e tua risposta) dipendano dal contrasto tra una mia “spietatezza” e una tua “misericordia universale”.La divergenza è tutta politica e non è piccola. A mio avviso, ruota innanzitutto su una diversa valutazione del ruolo dei militari italiani in Iraq. Poiché tu non hai dubbi sul fatto che laggiù è in corso una guerra feroce, quanto scrivi è spiegabile solo con una convinzione, purtroppo diffusa, che i militari italiani vi partecipino così marginalmente e pro-forma da non avere quasi responsabilità e che, in fondo, facciano solo un disciplinato lavoro di “ordine pubblico”: insomma, una variante della filosofia degli “italiani brava gente”.

Non si spiega altrimenti, Piero, la tua rampogna nei miei confronti, quel “nessuno, neanche tu, può sindacare sul diritto di alcuni soldati italiani di presentarsi volontari in Iraq”: quasi che non fossero ad ammazzare iracheni, ma edili che hanno deciso di lavorare in un cantiere “a rischio”. Avresti mai detto una cosa del genere per i marines in Vietnam, o, restando all’oggi, diresti per i guerrieri Usa e britannici che non sta a noi “sindacare sul loro diritto di partecipare a quella operazione”?

Peraltro, anche se per assurdo ragionassimo come se si parlasse di un qualsiasi lavoro “a rischio”, ti risulta che quando (cioè spessissimo, come segnali sempre su Liberazione) i lavoratori muoiono in cantiere o in fabbrica le forze politiche e i massmedia invocano il lutto nazionale e il Paese si ferma per i loro funerali? La verità è che chi costruisce il clima artificiale da “lutto nazionale” sa che elevare i morti in guerra ad eroi è “conditio sine qua non” per avere militari disposti ad andare in battaglia a “presidiare” la quota, pur piccola, di bottino (petrolio o altro) che spetta all’Italia.Poi convengo con te sul rifiuto delle categorie eroi/martiri, ma la citazione di Cossiga (con cui Liberazione e Bertinotti dialogano sovente) serviva a far notare che persino lui, da sempre collegato a tutto ciò che è militarismo e apparato poliziesco, sa quanto è impresentabile quell’innalzamento dei morti ad eroi e martiri che stampa e TV ci stanno nuovamente imponendo.

Ma ci separa, caro Piero, un’altra divergenza pesante: tu non solo non ti pronunci sulla legittimità da parte della resistenza irachena di cacciare gli occupanti anche con le armi, ma mi rimproveri di non manifestare “orrore per gli attentati”. Io per la verità provo sempre orrore davanti alla morte (tutte: pure quelle nel letto di casa a 110 anni). Ma ciò che vorrei sapere da te e magari anche dal PRC è: stante che non ci basta il ritiro delle truppe italiane ma che vogliamo che gli USA se ne vadano restituendo l’Iraq agli iracheni, come pensate che questo possa accadere? Con gli scioperi della fame? Con la ripetizione della “marcia del sale” di Gandhi? Aspettando che il movimento no-war stronchi a forza di cortei (peraltro assolutamente indispensabili) la ferocia USA? E infine: visto che almeno sul ritiro delle truppe italiane dall’Iraq, immediato, totale e senza sostituzione con fantomatici “ricostruttori”, siamo d’accordo, potresti dirmi se la cosa, per te e il PRC, vale anche per gli altri contingenti bellici italiani, Afghanistan in primis, oppure no?

Piero Bernocchi


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