Oltre il Bertinottismo

Note sul Comitato Politico di Rifondazione

La discussione che si è avuta nell’ultimo Comitato Nazionale di Rifondazione ha avuto il merito di porre al centro la questione della nuova fase politica con un serie di interventi dei compagni che fanno capo alla rivista l’Ernesto, i quali hanno cercato di dimostrare che la elaborazione bertinottiana basata sul movimento dei movimenti non corrisponde al corso degli eventi e che la realtà è molto più articolata e, per fortuna, presenta maggiori potenzialità.

E’ da tempo che su Aginform andiamo sottolineando questa cosa e non solo in rapporto alla valutazione oggettiva del significato di quello che si definisce movimento no global, ma anche e sopratutto in rapporto alla crisi del dalemismo e agli effetti di questa crisi che portano il nome di Cofferati e dei girotondi. E’ sulla base di questa nuova realtà che le ipotesi bertinottiane hanno dimostrato la loro fallacia e che la leadership del segretario di rifondazione è in affanno. Insomma si tratta di vedere le ipotesi del congresso di Rimini non solo con la lente delle analisi teoriche, ma di ciò che la realtà stessa esprime. E questa realtà non può essere contenuta nelle braghe bertinottiane. Difatti, la situazione è caratterizzata da una profonda disarticolazione degli equilibri sociali e politici. Alla dialettica tutta politicista tra Polo e Ulivo si è sostituito un protagonismo fatto di partecipazione di massa di vari settori della società civile e di lavoratori e Bertinotti e il suo movimento dei movimenti non ne rappresenta la sintesi, bensì ne subisce l’iniziativa. La manifestazione del 28 settembre è stata difatti la dimostrazione di una mancanza di egemonia del PRC sul movimento nel suo complesso, non solo, ma si è posta al di sotto di altre forme di mobilitazione come ad esempio il girotondo di San Giovanni.

Bene hanno fatto dunque i compagni dell’Ernesto a porre in luce queste contraddizioni, ma ora si tratta di trarne le conseguenze. Di che tipo? Certamente esiste oggi una esigenza di unità della sinistra dei valori, quella che ripudia la guerra, combatte le degenerazioni istituzionali berlusconiane e difende i diritti e gli interessi dei lavoratori; come esiste un problema di mantenere unita Rifondazione in quanto riferimento politico principale dell’opposizione, ma questa esigenza di unità è debole se non riesce a trovare il suo punto di sintesi sociale e programmatico corretto.

In questo senso il bertinottismo oggi rappresenta un ostacolo all’avanzamento di un movimento più ampio e lascia spazio all’egemonia moderata e ai ritorni dalemiani. E non solo perchè ripropone irrealisticamente il movimento dei movimenti come centro dello scontro, ma anche perchè è incapace di leggere la realtà e di ricavarne un progetto forte.

L’errore che si può commettere è che si faccia di questo problema una questione interna a Rifondazione e non un problema di dibattito generale della sinistra e dei comunisti. Questo vizio di fondo che si è rimanifestato a conclusione del CPN di Rifondazione, non aiuta ad uscire dalle secche del politicismo e contribuisce a rendere i comunisti subalterni alle correnti riformiste, quando ci sarebbe bisogno di un dispiegamento a tutto campo della discussione per influenzare le forze in movimento e sottrarle all’egemonia moderata.

Ovviamente le questioni poste nel CPN di Rifondazione riguardano anche quei compagni comunisti che da decenni si pongono il problema del «Che fare?». Non disperiamo sul fatto che molti compagni, influenzati dagli avvenimente e non interni alla dialettica del PRC, convergeranno verso una discussione che interessa tutti.

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