Bush preme per bloccare il dialogo Nord Sud

Aprile 2001: Dichiarazione del Comitato per la riunificazione della Corea

Tra i molti segnali di guerra lanciati dalla nuova amministrazione americana un po' in tutte le direzioni nei primi tre mesi della sua attività (verso la Cina, verso la Russia, verso l'Iraq e i Palestinesi, verso gli stessi alleati-concorrenti-vassalli europei) non deve sfuggire per la sua rilevanza la svolta riguardo alla Corea. L'incontro tra il presidente sudcoreano Kim Dae Jung e G.Bush junior a Washington ai primi di marzo ha fornito al nuovo presidente americano l'occasione per manifestare appieno l'ostilità della nuova amministrazione alla distensione nella penisola coreana, che aveva avuto la sua più eclatante manifestazione nel vertice del giugno 2000 a Pyongyang tra Kim Jong Il e Kim Dae Jung.

Le dichiarazioni ostili di esponenti governativi come John Bolton o Donald Rumsfeld e dello stesso Bush non si contano più e ad esse fanno eco alti comandanti militari come il comandante della flotta del Pacifico Blair. Secondo costoro la Repubblica Popolare Democratica di Corea rappresenta una grave minaccia militare, è un paese con cui non si può fare una trattativa perchè non manterrebbe i patti, ecc. In realtà - come è evidente per chiunque non rinunci deliberatamente all'uso della ragione - è proprio il gigantesco dispositivo militare USA nel Pacifico e in tutta l'Asia orientale che costituisce una minaccia per l'Asia e per tutto il mondo e il nuovo ministro della difesa USA Rumsfeld dichiara che gli USA devono riposizionare il loro mostruoso apparato militare per poter "combattere e vincere una guerra nucleare" contro la Cina (W. Pfaff, International Herald Tribune, 29 marzo). Basterebbe da sola la mostruosità di una simile affermazione per destare orrore e ripulsione in tutto il mondo e per dimostrare che tutti i popoli del mondo, i governi dei paesi indipendenti e le istituzioni internazionali devono unirsi per fermare questo mostro che ormai mostra senza vergogna e con impudenza il suo volto imperialista senza nessuna giustificazione e nessuna maschera.

Ancora una volta la Corea è al centro delle trame dell'imperialismo. Alle dichiarazioni ostili seguono i fatti: sostanziale congelamento dei rapporti bilaterali Corea del Nord - USA, che sembravano sulla via della normalizzazione con la visita di una delegazione nordcoreana a Washington e di Madeleine Albright a Pyongyang; rafforzamento del dispositivo militare già enorme nella Corea del Sud; sostegno aperto alle forze più reazionarie della Corea del Sud per impedire il dialogo tra Nord e Sud (a fine marzo Kim Dae Jung ha cambiato 13 ministri su 22 e tra gli altri il ministro degli esteri che a colloquio con Putin aveva osato mettere in dubbio l'approvazione del suo paese ai piano di scudo antimissile americano).

La lotta pluridecennale del popolo coreano per l'indipendenza e la riunificazione nazionale si scontra ancora una volta con i disegni egemonici e le minacce militari dell'imperialismo. Per questo, come è stato in passato, così anche oggi, questo popolo coraggioso che lotta con tanta determinazione e spirito di sacrificio per l'indipendenza e la riunificazione, merita la solidarietà attiva e consapevole di tutti coloro che riconoscono il grande pericolo che l'imperialismo rappresenta per il mondo intero.

Anche gli imperialisti europei mostrano qualche preoccupazione per l'accelerazione della corsa alla guerra impressa dagli americani e seguono una linea di maggiore moderazione, anche per quanto riguarda la Corea. Purtroppo molti fatti dimostrano che alla fine dei conti gli imperialisti europei trovano più comodo curare i loro interessi di espansione economica all'ombra del grande fratello americano e non hanno certo meno remore degli americani a calpestare il diritto internazionale, come hanno fatto in Jugoslavia. Di per sè comunque le divergenze che si manifestano nel campo imperialista sono un fatto positivo ed è importate che si approfondiscano. Per questo abbiamo salutato come grandemente positivo l'allacciamento di rapporti diplomatici della Corea popolare prima con l'Italia e poi con tutti i paesi dell'Unione Europea, l'intensificarsi dei rapporti economici, il prossimo invio in Corea di una delegazione di alto livello dell'UE. Questo nuovo attivismo europeo rispetto alla questione coreana, anche in parziale contrasto con l' "alleato" americano, non può però sostituire il ruolo essenziale di un movimento di solidarietà autentica con la lotta del popolo coreano, come articolazione di un più generale movimento antmperialista in Europa.

Purtroppo l'opportunismo della maggior parte delle forze di sinistra europee dopo il crollo del socialismo nell'Europa orientale ha rappresentato e rappresenta un formidabile ostacolo alla rinascita di un vero movimento di solidarietà su scala europea. Si cerca di cancellare la memoria e la conoscenza della lotta del popolo coreano, insieme alla memoria e alla conoscenza della storia del movimento comunista internazionale. Per questo è importante il lavoro che molte organizzazioni di solidarietà stanno facendo - e a cui abbiamo assicurato la nostra collaborazione - per riportare alla luce le responsabilità per gli orrendi massacri di civili e le esecuzioni in massa di prigionieri eseguite su ordine americano nella guerra di Corea. La strada è ancora una volta in salita. La lotta contro l'imperialismo e al suo interno la solidarietà con il popolo coreano è però ancora una volta la cosa più importante. Su questa base oggettiva siamo impegnati a promuovere in Europa la solidarietà attiva col popolo coreano e la lotta contro le minacce di cui è oggetto.

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