STATI UNITI
Il ruolo dei comunisti nelle lotte sociali e contro la guerra

Intervento di John Catalinotto (International Action Center) alla conferenza “Civiltà o barbarie” tenutasi dal 23 al 25 settembre a Serpa (Alentejo, Portogallo) sulla attuale situazione internazionale.

La prima grande fase della lotta tra “civiltà o barbarie” nel XXI secolo si è aperta dopo l’attacco dell’11 settembre 2001 contro il World Trade Center e il Pentagono.

L’attacco e l’utilizzazione da parte dell’amministrazione Bush dello choc psicologico da esso provocato è servito al presidente e ai suoi colleghi per preparare la popolazione a sostenere una “guerra infinita”.

Personalmente comprendo benissimo questo stato psicologico. Io stesso lavoravo al 31º piano della prima torre del World Trade Center. Quel giorno feci tardi al lavoro. Solo per questo la paura e il trauma che ho provato sono stati minori di quanto avrebebro potuto essere.

Gli elementi più reazionari e aggressivi dell’amministrazione Bush hanno subito approfittato degli attentati che fornivano loro l’occasione per dare inizio a un’offensiva militare per la conquista del mondo.

Non era trascorso un mese che già Washington aveva lanciato la sua offensiva militare contro l’Afganistan che avrebbe portato alla distruzione del regime dei Talebani e alla sua sostituzione con un governo fantoccio. Attualmente però non c’è un governo stabile a Kabul, c’è un’opposizione armata e ci sono gruppi militari indipendenti in tutto il paese.

Poi la banda Rumsfeld-Wolfowitz-Cheney ha puntato al vero obiettivo: la conquista dell’Iraq con il 10% delle riserve petrolifere mondiali. Pensavano di farlo se necessario con l’impiego della sola potenza militare USA, senza offrire ai loro rivali in Francia e Germania una parte adeguata del bottino.

Il 1º maggio 2003 George W. Bush celebrava la conquista USA dell’Iraq atterrando con un jet sulla portaerei USS Lincoln con un grande striscione alle spalle con su scritto “Missione Compiuta”. Per buona parte del mondo dovette apparire il trionfo della barbarie sulla civiltà. In effetti il mondo aveva apena assistito al saccheggio dell’arte irachena risalente a Babilonia e agli inizi della civiltà. Non era che l’inizio dell’occupazione USA.

Fu un momento di trionfo per l’imperialismo USA, ma di sconfitta per l’umanità. Ma da allora molte cose sono cambiate. Il Pentagono dispone di terribili armi di distruzione di massa e Washington e Wall Street controllano ancora l’economia mondiale. Ma i popoli del mondo rifiutano di abbandonare la lotta per la dignità, la libertà e il socialismo.

La lotta continua in Colombia e continua in altre forme in Venezuela. Ma la cosa più importante in questa fase è che i lavoratori iracheni hanno rifiutato di sottomettersi all’occupazione USA.

Non occorre che io analizzi qui la situazione in Iraq. Al riguardo concordo col compagno Miguel Urbano, che circa i piani USA per l’Iraq ha scritto: “La guerra in Iraq assume di giorno in giorno sempre più le caratteristiche di una guerra persa” e “la resistenza, che assume le dimensioni di una insurrezione contro gli invasori, assurge ad espressione di eroismo collettivo che si batte per l’umanità intera”.

Una vittoria dell’imperialismo in Iraq non è possibile. Ma rimangono molti problemi aperti. Quanto si prolungherà ancora e quanto costerà agli iracheni la lotta? Il movimento in tutto il mondo saprà unirsi alla lotta degli iracheni per fermare la macchina bellica USA? Prenderà corpo una lotta più ampia per il socialismo?

Da parte mia mi concentrerò su un elemento importante per rispondere a queste domande e cioè il contributo alla lotta internazionale da parte della classe operaia statunitense.

Forse posso formulare la questione in un altro modo. Per portare avanti avventure militari all’estero la classe dominante degli Stati Uniti ha bisogno del controllo ideologico sulla popolazione interna e usa tutti i mezzi e tutti gli strumenti di formazione per assicurarsi che i cittadini e in particolare la classe lavoratrice sia sotto controllo. Ebbene, è possibile rompere questo controllo? E’ possibile che i lavoratori lottino per i propri interessi anzichè sevire passivamente l’Impero?

Io sono ottimista, anche se non voglio esagerare il nostro contributo alla lotta. Voglio però far breccia nel muro di menzogne che stanno ingannando il mondo intero su quanto succede all’interno degli Stati Uniti. C’è una classe operaia nel mio paese. Ci sono 36 milioni di poveri. 45 milioni di persone prive di assicurazione sanitaria. Ci sono decine di milioni di immigrati recenti e 35 milioni di afroamericani esposti al razzismo. Ci sono dieci milioni di disoccupati. Un vasto settore di questa classe operaia che subisce la maggiore oppressione sta incominciando a organizzarsi e a lottare. E ci sono anche i comunisti e gli antimperialisti negli Stati Uniti, che lo crediate o no. Forse non siamo molto numerosi, ma ci siamo.

Per iniziare a rispondere alla domanda posta descriverò tre nuove aree di lotta a partire dal 1999 e da Seattle. Riguardano 1) il movimento contro la guera in generale e i giovani; 2) l’opposizione alla guerra tra i militari; 3) il tentativo di organizzare i settori più avanzati del movimento operaio con quella che viene chiamata la “Marcia di un milione di lavoratori” a Washington il 17 ottobre.

Il movimento contro la guerra e i giovani

Ci sono state manifestazioni di lotta molto significative alla fine di agosto e primi di settembre a New York, in contemporanea con la Convenzione Nazionale Repubblicana. La classe dominante degli Stati Uniti e di New York ha impiegato tutti i mezzi a disposizione per cercare di impedire che le dimostrazioni di protesta sfociassero in scontri nelle piazze. Temevano il ripetersi di Seattle o forse un’altra Chicago 1968.

Per impedirlo hanno preso due provvedimenti: i mass media hanno dato vita a una campagna di menzogne sostenenendo che c’erano gruppi di anarchici pazzi pronti a mettere a ferro e fuoco la città e le autorità hanno mobilitato 10.000 poliziotti e li hanno schierati tutto intorno al Madison Square Garden. Io vivo a non più di 500 metri dalla sala della Convenzione. Non avevo mai visto tanti poliziotti in vita mia, eppure ho partecipato a innumerevoli manifestazioni. Il cielo era solcato giorno e notte dagli elicotteri e c’era perfino un dirigibile.

Nonostante questo spiegamento di forze, alla manifestazione di massa del 29 agosto hanno preso parte 500.000 persone. Ero presente anch’io, a distribuire giornali e osservare tutto il corteo. Posso dire che l’odio per Bush era generalizzato, senza alcun dubbio, e la mobilitazione è stata all’altezza delle più grandi manifestazioni contro la guerra negli Stati Uniti prima dell’invasione dell’Iraq.

Molti cartelli denunciavano l’occupazione dell’Iraq. Ne abbiamo distribuiti a migliaia in cui Bush veniva definito criminale di guerra. I giovani erano moltissimi, di tutti i colori, di tutte le etnie. E tenete presente che molti immigrati avevano certamente paura di manifestare per il rischio di espulsione. Molti avevano i loro striscioni e i loro cartelli.

Forse non sapete che le manifestazioni si sono protratte per tutta la settimana. Alcuni hanno cercato di dar vita ad azioni dirette. Altri si sono limitati a sfilare pacificamente sui marciapiedi. La polizia ha adottato le sue misure di controllo della folla, circondando i manifestanti e usando recinzioni di plastica a mo’ di reti per intrappolarli. In una settimana hanno proceduto a quasi 2000 arresti e trattenuto i manifestanti dietro barriere di filo spinato in un deposito di autobus in disuso sulla riva del fiume Hudson. I giovani l’hanno battezzato la “Guantanamo sull’Hudson”. Il pavimento era tutto intriso di olio e prodotti chimici. Ma ogni volta che arrivava un autobus della polizia con un nuovo gruppo di fermati, quelli che già stavano dietro il filo spinato li salutavano cantando “Solidarietà per sempre”. Ogni giorno vedeva nuove manifestazioni e nuove sfide alla polizia. C’era una gran voglia di lottare. Un segno di speranza per il futuro.

Possiamo organizzare i soldati?

In una conferenza a cui abbiamo preso parte in Europa, alcuni definivano “mercenari” i soldati perchè gli Stati Uniti hanno forze armate interamente formate da volontari.

La cosa merita una discussione approfondita. Generalmente si pensa che le contraddizioni di classe tra la truppa e i comandanti debbano venire a galla. Questo però è un esercito ultrapotente da secolo XXI, dotato di tecnologie avanzate e capace di seminare la morte soprattutto a distanza. La teoria dunque va riesaminata. E tuttavia ci siamo resi conto abbastanza presto che gli ultimi sviluppi tecnologici non solo non garantiscono la vittoria, ma non cambiano la struttura di classe delle forze armate.

Nelle primissime fasi del movimento di massa contro la guerra del Vietnam, l’idea che i militari fossero mercenari era condivisa da molti. Fortunatamente però quando il movimento contro la guerra raggiunse il suo massimo sviluppo alla fine degli anni ’60 e inizio dei ’70, tra i soldati stessi si era già manifestato un significativo movimento organizzato di resistenza. Gli elementi che avevano una maggiore coscienza di classe ed erano politicamente più sofisticati nel movimento contro la guerra si preoccuparono di creare una rete di appoggio civile per i militari.

Tecnicamente è vero che molti entrano nelle forze armate per i soldi o le possibilità di istruzione e formazione. Ma ciò non modifica la composizione di classe dell’esercito.

La struttura di classe dell’esercito è un microcosmo di quella della società. I dirigenti più importanti, come i membri dei consigli di amministrazione delle grandi imprese, corrispondono ai generali. La casta degli ufficiali è il corrispettivo delle direzioni di impresa. I sottufficiali corrispondono ai capireparto e i soldati semplici sono gli operai. Anche se la cosa non è sempre evidente, gli interessi di classe dei soldati semplici sono diametralmente opposti a quelli degli ufficiali.

I super ricchi mandano in guerra i ceti operai e per comandare la truppa si servono degli elementi dei ceti più benestanti. Anche le mogli e le famiglie dei soldati vengono dai ceti operai e non vedono quali vantaggi potrebbero trarre dall’occupazione di un altro paese.

Si manifesterà tra la massa dei soldati un dissenso significativo? O sono ormai separati dalle masse popolari?

C’è un altro punto da sottolineare. In presenza di lotte sociali che minacciano l’esistenza stessa del sistema capitalista e la classe al potere o mettono in crisi il funzionamento del sistema, l’esercito è sempre stato e rimane l’istituzione più importante, l’arma ultima e decisiva per difendere il sistema con la repressione.

La resistenza è già iniziata. Il sergente Camilo Mejia, nato in Nicaragua e cresciuto a Miami, si è dichiarato obiettore di coscienza e ha firmato un documento in cui chiede all’Esercito USA di riconoscere questa sua condizione.

“Sono andato in Iraq e sono diventato uno strumento di violenza, ma ora ho deciso di trasformarmi in strumento di pace” - il sergente Mejia ha spiegato così la sua decisione di non ritornare a fare la guerra in Iraq, dopo aver prestato servizio per cinque mesi in quel paese, e nell’ottobre del 2003 si è rifiutato di ritornare. Adesso è in prigione.

“E’ una guerraper il petrolio - ha detto Mejia - e non credo che ci siano soldati che si siano arruolati per combattere per il petrolio. Non mi sono aruolato per esser mandato in capo al mondo e trasformarmi in strumento di oppressione”.

Dopo il rifiuto di Mejia altri si sono rifugiati in Canada per non essere mandati in Iraq. Nell’agosto scorso abbiamo organizzato a New York una sessione di un Tribunale contro i crimini di guerra. In quella sede abbiamo mostrato una intervista video con Brandon Hughey, un altro giovane soldato che si è rifiutato di ritornare in Iraq, dicedo che non voleva essere corresponsabile di crimini di guerra. In Canada è stata organizzata una rete per aiutare i disertori dalle forze armate statunitensi a stabilirsi nel paese. Molti dei promotori sono ex cittadini USA stabilitisi in Canada al tempo della guerra contro il Vietnam.

Il Pentagono ha un grosso problema. Come ha scritto Miguel Urbano nel suo intervento, le forze armate statunitensi su base volontaria non hanno abbastanza uomini per occupare il mondo intero. E però se osassero reintrodurre la coscrizione obbligatoria ciò potrebbe provocare una rivolta generalizzata dei giovani e all’interno delle stesse forze armate. Anche un esercito di volontari, che non è propriamente un esercito professionale, può ribellarsi e questa è adesso proprio la paura del Pentagono.

Trasformazioni della classe operaia negli USA
La “Million Worker March”

Già a metà degli anni ’80 Sam Marcy nel libro “Alte tecnologie - bassi salari” analizzò le trasformazioni che si stavano producendo nella classe operaia degli Stati Uniti, coinvolgendo una parte sempre maggiore di neri, latini, asiatici, indigeni, donne e operai immigrati, compresi quelli privi di permessi di soggiorno. “[Questa trasformazione] comporta anche una riduzione relativa della percentuale degli operai specializzati e un aumento vertiginoso del numero dei meno specializzati. In complesso ciò comporta anche la creazione di posti di lavoro a salario inferiore che vanno a sostituire quelli a salario più elevato. Significa il declino degli operai tradizionalmente più privilegiati e delle industrie a salari più alti e la creazione di un vasto esercito di operai a basso salario.” (vedi www.workers.org/marcy/cd/samtech/index.htm).

Quando Marcy scriveva queste parole, la tendenza stava appena emergendo e non si era ancora tradotta in una espressione politica indipendente. Adesso, 20 anni più tardi, la tendenza è più manifesta e il tentativo di costruire la cosiddetta “Million Worker March” (MWM) [la “Marcia di un milione di lavoratori”] incomincia a darle una espressione politica. (Vedi www.millionworkermarch.org/).

I comunisti svolsero un ruolo fondamentale nella organizzazione dei sindacati dell’industria negli Stati Uniti negli anni ’30 e ’40. Negli anni ’50 le misure repressive che vanno sotto il nome di maccartismo riuscirono a cacciare molti comunisti dai sindacati. I dirigenti della AFL-CIO cooperarono col governo nella conduzione della guerra fredda. L’organizzazione sindacale fu dominata nel paese da forze conservatrici se non peggio. Intanto gli iscritti crollarono dal 34% della forza lavoro al 12% attuale.

Negli ultimi importanti scioperi nuovi settori della classe operaia hanno manifestato la maggiore combattività. Così gli assistenti sanitari a domicilio nella California meridionale o gli addetti dei supermercati. La prima forma politica assunta da questo nuovo movimento è stata l’appello per una “Marcia di un milione di lavoratori”. Non è un caso che i quadri sindacali che hanno assunto un ruolo dirigente nella MWM siano afro-americani, tanto uomini che donne. Sono militanti che affondano le loro radici nel Movimento di Liberazione dei Neri degli anni ’60 e ’70 e che poi sono diventati dirigenti sindacali. Questi quadri hanno saputo coinvolgere gli immigrati e stanno contribuendo a organizzare il movimento contro la guerra.

La dirigenza conservatrice della AFL-CIO ha rifiutato di sostenere la marcia, affermando di voler concentrare tutte le forze nella sconfitta elettorale di Bush e di non avere risorse per altre attività.

Nonostante queste posizioni, un’ondata di mobilitazione dal basso ha provocato l’adesione alla marcia da parte di molte strutture sindacali in tutto il paese. Sono strutture rappresentative di centinaia di migliaia, anzi milioni di lavoratori.

Per darvi un’idea dello spirito della marcia, ecco qualche passo dell’appello:

“La crisi che i lavoratori affrontano oggi è anche più acuta. Col pretesto di sistematiche menzogne e inganni, guerre devastanti sono state lanciate in ogni luogo a detrimento dei lavoratori.

In nostro nome, un pugno di ricche e potenti imprese ha usurpato il governo. Un’oligarchia di imprese e di banche si cambia d'abito per occupare l’amministrazione pubblica e condurre una guerra di classe contro i lavoratori. Hanno catturato lo Stato per servire i loro interessi.

La grande maggioranza dei lavoratori americani si trova sotto assedio. I servizi sociali e i fondi necessari per scuole, biblioteche, case abbordabili e sanità sono ridotti ed eliminati.”

L’appello prosegue su questo tono.

Non sappiamo che livello potrà raggiungere la marcia del 17 ottobre, se coinvolgerà già grandi masse o sarà solo un inizio. Ma quale che sia l’esito, lo sforzo di organizzazione ha già creato, all’interno del movimento operaio organizzato e nel movimento progressista esterno alle organizzazioni dei lavoratori, una rete di forze che promette bene per il futuro.

Sappiamo che i comunisti portoghesi, che hanno fatto l’esperienza del 25 aprile 1974, comprendono bene l’importanza della solidarietà tra le lotte di liberazione dei popoli delle colonie e le lotte operaie nei centri metropolitani e anche l’importanza di una organizzazione dei soldati.

L’amministrazione Bush non è semplicemente una banda di usurpatori, ma rappresenta la classe dominante imperialista degli Stati Uniti, i banchieri, i miliardari, la grande finanza, più i generali, i consiglieri di amministrazione e i politici al loro servizio. C’è però una forza che li può fermare se avrà coscienza dei propri interessi e si organizzerà per difenderli. Questa forza è rapprentata dalla classe operaia e dai popoli oppressi di tutto il mondo e in particolare la classe operaia degli Stati Uniti.

Noi chiamiamo tutti i lavoratori coscienti, tutti coloro che lottano contro il razzismo, contro i bigotti reazionari, per la liberazione delle donne, degli omosessuali, dei bi e transsessuali e per i diritti degli immigrati, a unirsi per lottare contro il progetto ultrareazionario di un impero USA. Ci impegnamo di fronte ai lavoratori e alle loro organizzazioni in tutto il mondo a continuare la lotta e ci aspettiamo da loro solidarietà e mutua assistenza. Solo la solidarietà internazionale dei lavoratori e dei popoli oppressi può fermare l’impero USA prima che conquisti il mondo o lo distrugga.

John Catalinotto

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