Avete passato il segno !

Lettera aperta a Luigi Pintor

Ci sarebbe molto da discutere sul suo editoriale "Ei fu" (il Manifesto del 2 marzo scorso) dedicato a Giuseppe Stalin, sulla personalità del quale, da un lato sospende "un giudizio storico equanime" perché, come par di capire, ancora prematuro, mentre poi, contraddittoriamente giudizi ne dà, eccome! Ma, appunto, varrebbe la pena di discuterne, mentre c’è soltanto da indignarsi per una recensione apparsa il 1° marzo nella Talpa Libri del supplemento a il manifesto, "Alias".

Rivolgo a lei questa lettera aperta perché nello stesso editoriale scrive: "... non dimenticherò quell’inverno in cui il mondo cessò di respirare, dall’Atlantico agli Urali al Pacifico, in attesa di conoscere il proprio destino... I secondi (i sovietici) avevano vinto i primi (i nazisti) nella più grande delle battaglie e fu così che il mondo uscì dal coma. Un crinale della storia era stato varcato con nostra fortuna" (parentesi e sottolineatura mie).

Sì, fu quello il crinale sul cui orlo il mondo rimase sospeso e non cadde nell’abisso perché l’intero popolo sovietico, con i suoi 20 milioni di morti ed il suo immenso eroico sacrificio si mise sulla strada della croce uncinata ed impedì che si instaurasse nel mondo intero il "nuovo ordine" di Hitler.

"Lolita sovietica" è il titolo della recensione assolutamente acritica, anzi del tutto favorevole del vostro Mauro Martini al libello "Nuda. Mucha la piccola pioniera" di Michail Kononov, leningradese classe ’48, già "dissidente" ("non è riuscito per lungo tempo a trovare un editore", si rammarica il vostro recensore) ed ora finalmente arruolato nelle file dei pennivendoli al servizio dell’oligarchia mafiosa instauratasi al potere nella Federazione Russa.

Negli ultimi anni, da parte di reazionari, pentiti e revisionisti di ogni risma, si è passati dalla demonizzazione di Stalin, a quella di Lenin e via via risalendo, alle calunnie sull’intero movimento operaio rivoluzionario, sulla sua storia, sui tentativi di costruire una società non basata sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, sugli stessi ideali comunisti. Nella propaganda fascista- berlusconiana l’infame equazione Stalin=Hitler si è ben presto trasformata in quella di comunismo = nazismo. Ma finora, tranne che nel "Libro nero sul comunismo" e nei tentativi di Gasparri e camerati di riscrivere la storia, ben pochi avevano osato infangare la "Grande guerra patriottica" e finora nessuna pubblicazione di "sinistra" o che addirittura si definisce "comunista", come il suo giornale, lo aveva fatto.

L’eroina del libercolo in questione, a cui "Alias" dedica una pagina intera, " è impegnata sul fronte della guerra contro i nazisti in una straordinaria impresa collettivistica: dar sfogo con il proprio corpo ancora immaturo alle pulsioni sessuali degli ufficiali" e ancora "è una coerente rappresentante di un mondo, tutto sovietico, di valori esageratamente forzati all’eccesso, in cui il collettivismo è la fonte di ogni bene e a Stalin è riconosciuta la paternità di ogni cosa..." (commento del vostro recensore). E sapete perché Mucha agisce in questo modo? "con l’unico desiderio di essere finalmente ammessa al Komsomol".

Ma non basta: il degno rappresentante della "moderna" cultura russa, già che c’è, deve dare il fatto suo al generale Ukov o Zukov che sia, il quale "aveva la pessima abitudine di uccidere di persona i soldati che tornavano vivi dai combattimenti con ‘spari psicopropedeutici a bruciapelo’ ", il che, oltre che un’infamia, è un’illogica idiozia. Se davvero il generale avesse applicato questa pratica, con quali soldati avrebbe combattuto e sgominato i nazisti? Ma il vostro recensore non se ne accorge e ripete fedelmente.

E perché non manchi nulla, non si rinuncia a gettare un’ altra palata di fango, annunciando un capitolo che affronta "il tema a lungo tabù del cannibalismo durante l’assedio di Leningrado". C’è da chiedersi se si vuole davvero infrangere un tabù o tentare vigliaccamente di insozzare l’immagine terribile e solenne, per sempre impressa nei nostri cuori, di una città stretta per lunghi mesi nella morsa di in un terribile assedio e quotidianamente bombardata, i cui abitanti morivano lentamente di fame, di freddo e di malattie, ma non rinunciavano né a combattere il nemico con le residue forze, né alla loro vita spirituale. Una città assediata dove Shostakovich compose la sua Settima sinfonia e Vera Inber scriveva i suoi versi e li recitava nelle biblioteche fredde e buie, dove i cittadini di Leningrado ancora si riunivano e prendevano libri in prestito. No, non siamo degli inguaribili romantici. Rispettiamo il più alto livello raggiunto dalla coscienza umana.

Per concludere, il giudizio del vostro recensore si sintetizza come segue: "Nuda è un romanzo che si nutre delle sue ricercate contraddizioni: lo smantellamento della esaltazione del ruolo eroico svolto dai pionieri in guerra dà luogo all’improbabile convivenza di una linea apertamente pornografica e di una linea di letteratura bellica di denuncia. E la denuncia è rivolta con tutta evidenza a quel genere macabro che glorifica le sofferenze e il martirio degli adolescenti, un genere, sembra suggerire l’autore, non molto diverso dalla pornografia infantile".

Con questa recensione avete davvero passato il segno. E per favore non venite a parlarci di rispetto per la "libertà di espressione" e di non voler applicare la censura ai recensori che ospitate. Tanto valeva recensire favorevolmente "Il libro nero del comunismo"!

Vi siete resi complici di chi ha deliberatamente voluto infangare figure eroiche, come quelle di Zoja Kosmodemjanskaja, giovanissima partigiana, che operò nei territori sovietici occupati e che, scoperta, fu torturata e impiccata dai nazisti, di Ivan Buslov, dodicenne, che compiva azioni clandestine di ricognizione al di là delle linee nemiche, torturato e fucilato dai nazisti, dei 700 membri del Komsomol che si arruolarono volontari come esploratori nella battaglia di Stalingrado e, in generale, di centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi delle organizzazioni giovanili comuniste, che, a fianco dei membri del Partito, nella guerra contro il nazismo ebbero il solo ed unico privilegio di essere in prima fila nello scontro, i primi ad attaccare, i primi a ricevere in carne propria la mitraglia del nemico.

Non si tratta di non voler "incrinare il monolitismo della letteratura dedicata alla guerra". Gli autori sovietici che svilupparono questo tema erano in gran parte combattenti (in mille furono presenti su tutti i fronti, 300 di loro non tornarono); nei loro scritti essi colsero tutti gli aspetti di quella che fu una grande epopea e non ne dettero una descrizione agiografica, ma ne misero in evidenza la ricchezza, non nascondendone le diversità e le contraddizioni. Basta leggere la vasta letteratura che ci hanno lasciato e che purtroppo è sparita dagli scaffali delle librerie e dai cataloghi degli editori, in quella distruzione silenziosa della memoria che ha sostituito il rogo nazista dei libri, per far posto ai nuovi generi: trash, pornografico e horror che la "moderna" critica letteraria, Alias inclusa, sembra prediligere.

Mi chiedo: di questo passo arriverete ad avallare le calunnie della propaganda dello Stato di Israele, secondo la quale i ragazzi dell’Intifada sarebbero deliberatamente mandati al massacro dai combattenti palestinesi e dalle loro stesse famiglie? Con la scusa di recensire qualche "nuovo storico" fascista, o un "nouveau philosophe", gli darete una mano per infangare anche le nostre staffette e le combattenti partigiane con interpretazioni porno della loro partecipazione alla Resistenza?

Quando, due anni fa, avete subito un attentato fascista, avete ricevuto, in segno di solidarietà e com’era giusto, una valanga di abbonamenti al giornale, da parte di chi era d’accordo e di chi era in disaccordo (come la sottoscritta) con voi. Ma non c’è solidarietà che tenga per difendervi dal vostro nemico interno, molto più pericoloso di una bomba fascista: da quel revisionismo, che spesso sfocia in anticomunismo, che pervade le vostre pagine, a dispetto della vostra testata che recita ancora: "quotidiano comunista".

Malgrado tutto ciò, può esserne certo, Pintor, anche la seconda parte della profezia di Stalin si avvererà. Il vento della lotta di classe spazzerà via dalla sua tomba e da quella di tutti i rivoluzionari cha hanno fatto la storia la montagna di immondizie che in tanti vi hanno accumulato. Il socialismo è stato solo temporaneamente sconfitto.

In quanto agli "uomini comuni" che oggi come ieri si battono per i loro diritti, per la loro dignità, per la giustizia sociale, contro la guerra imperialista "con la forza della loro semplicità" a cui si riferisce in chiusura il suo editoriale, ne sia certo, Pintor, che più presto che tardi - ci sono segnali incoraggianti in questo senso - la loro parte più avanzata, nelle cui file la classe operaia riconquisterà sul campo la sua funzione dirigente, sentirà il bisogno di sbarazzarsi delle menzogne mediatiche e di attingere autonomamente all’immenso patrimonio dell’esperienza del movimento operaio rivoluzionario e comunista internazionale, dei suoi partiti comunisti, della strada aperta dalla Rivoluzione d’Ottobre alla costruzione del socialismo in Unione Sovietica e negli altri paesi socialisti.

All’immagine oscenamente distorta del passato, che viene loro ossessivamente proposta all’unisono da chi li sfrutta ed opprime e dai "disertori della speranza" della cosiddetta sinistra, le nuove leve rivoluzionarie sapranno sostituire lo studio scientifico delle conquiste del movimento rivoluzionario internazionale; sapranno far tesoro degli apporti teorici e pratici di coloro che l’hanno ispirato e diretto: da Marx, ad Engels, a Lenin, a Stalin, a Mao Tse-tung, di coloro, cioè, che hanno guidato le grandi masse proletarie alla conquista del potere e alla costruzione del socialismo, i movimenti di liberazione nazionale alla vittoria sul colonialismo ed in generale il proletariato mondiale al raggiungimento dei più alti livelli di protagonismo politico e pratico mai conquistati dall’umanità; sapranno infine fare, senza remore, il bilancio degli errori in rapporto alle circostanze in cui sono stati commessi, quelli inevitabili e quelli evitabili, collocandoli nel loro contesto storico e nel quadro della lotta che, per la legge ineluttabile delle contraddizioni di classe, continua - sebbene in forme diverse - durante la transizione dal capitalismo al comunismo e ne ricaveranno preziosi insegnamenti per non ripeterli e non pretesti per disertare.

Da questo inestimabile patrimonio e dalla loro esperienza trarranno la capacità e la forza per sviluppare creativamente la teoria rivoluzionaria, adattandola alla situazione concreta e alle condizioni particolari di ciascun luogo, e per costruire partiti comunisti all’altezza del compito di far avanzare i lavoratori e l’intera umanità verso l’unica società senza sfruttamento, ingiustizie e guerre: il comunismo.

Adriana Chiaia

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