La Cina e l’ONU

L’approvazione da parte della Cina della risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che copre, apparentemente, la presenza americana in Iraq ha sicuramente suscitato molte perplessità.

Prima di entrare nel merito del voto cinese, occorre fare una considerazione di carattere generale sul carattere di quella risoluzione. Da quando essa è stata approvata niente è cambiato in Iraq e la conferenza di Madrid ha dimostrato che l’atteggiamento della Francia e della Germania non è sostanzialmente mutato. Nè un soldo nè un soldato è venuto da questi paesi, mentre gli iracheni hanno intensificato i loro attacchi per mettere in chiaro che gli organismi internazionali non sono graditi in un regime di occupazione. D’altronde la risoluzione prevede che al più presto la sovranità del paese dovrà passare agli iracheni.

Quindi, a nostro parere, la risoluzione del Consiglio di Sicurezza è un gioco diplomatico per dimostrare che gli USA hanno dovuto accettare una tutela internazionale in Iraq e che essa mira a ripristinare la sovranità di quel popolo. A fronte di questo gli americani sono rimasti soli con alcune nazioni mercenarie tra cui l’Italia di Berlusconi a combattere.

E la Cina? Il modo con cui questo paese sta affrontando la nuova congiuntura internazionale dimostra che esso punta sui tempi lunghi e nella consapevolezza dei rischi che l’imperialismo possa colpire in una situazione sfavorevole. Ricordiamoci del bombardamento ammonitore dell’ambasciata cinese a Belgrado durante la guerra NATO e la faccenda dell’aereo spia americano fatto atterrare in territorio cinese.

Successivamente la vicenda WTO a Cancun e gli attacchi quotidiani della borghesia occidentale verso il pericolo giallo rappresentato dall’economia cinese mettono in evidenza che il governo cinese è abbastanza consapevole degli obiettivi che vuole raggiungere nella competizione internazionale. Richiamare a questo proposito il famoso, e per molti ‘compagni’ famigerato, patto Stalin-Ribbentrop può apparire semplicistico. Però qualche suggerimento da questo passaggio storico possiamo trarlo.

Si tratta quindi di non cadere nel semplicismo ‘rivoluzionario’ e capire in che modo reale si sta giocando la partita contro la più grande potenza economica e militare esistente oggi, gli Stati Uniti d’America.

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