Francia:
la «Coordination Communiste» verso la costruzione
di un'organizzazione comunista indipendente

Con l'ultimo congresso del PCF, quello della cosiddetta "mutation", i compagni della "Coordination Communiste" sono usciti dal partito e vanno verso la costruzione di un'organizzazione comunista indipendente legata alla storia di classe di questo partito e all'eredità del movimento comunista internazionale. Nel fare questa scelta, la stragrande maggioranza dei compagni della Coordination ha fatto i conti con le tendenze entriste e trotskiste che negli anni scorsi ne avevano inquinato l'azione politica. Pubblichiamo il testo della mozione di maggioranza che ha dato vita al nuovo gruppo comunista francese e sui prossimi numeri di AGINFORM informeremo i compagni italiani sugli sviluppi. Il testo, proposto da otto membri della Commissione permanente della Coordination - Maurice Cukierman (Hauts de Seine), Robert Ertel (Val d’Oise), Christophe Goudelin (Val d’Oise), Roger Nadaud (Parigi), Laurent Nardi (Haute Savoie), Jean Poirier (Indre et Loire), William Roger (Nord), Jean-Luc Salle (Parigi) - è stato approvato il 5 dicembre 1999 dall'87% dei votanti alla Seconda sessione della III Conferenza Nazionale.

Questo testo si pone in continuità con il documento di orientamento adottato alla prima sessione della III Conferenza nazionale, il 24 aprile 1999. Esso intende precisare la nostra politica su alcuni punti: lo stato del partito, il nostro intervento al 30º congresso, la questione dell’unità dei comunisti che si oppongono alla "mutazione" e le prospettive di sviluppo del Coordinamento Comunista.

I. Per un’analisi di classe del PCF della mutazione

Il PCF si è rivelato il miglior partito rivoluzionario di cui la calsse operaia del nostro paese si sia dotata. Per il suo impulso e sotto la sua direzione il nostro popolo ha potuto ottenere importanti conquiste sociali e democratiche, dal Fronte Popolare alla Resistenza.

Il PCF ha contribuito così all’emergere di una potente corrente rivoluzionaria e internazionalista che per molto tempo è stata egemone nel movimento operaio.

Il capitale monopolistico e i suoi principali alleati politici: la reazione, il fascismo e la socialdemocrazia non hanno mai smesso di colpire il PCF.

Due metodi sono stati usati congiuntamente o successivamente:

- La repressione, l’interdizione, la criminalizzazione dei militanti e del loro partito rivoluzionario;

- il ricorso all’adulazione, alla corruzione, ai posti facili e ben remunerati per sostenere gli elementi meno fermi e opportunisti che emergevano nel partito in modo da favorire la vittoria di una linea revisionista che creasse le condizioni di un'ulteriore degenerazione del PCF (eurocomunismo, mutazione).

L’obiettivo finale del capitale su scala internazionale è chiaro: trasformare i partiti comunisti in appendici inoffensive del sistema imperialista che gestiscano la crisi su una linea di sistemazione del capitalismo.

E’ la politica di integrazione con gli interessi capitalisti tramite il consenso sulle quesioni essenziali.

Le cause principali della supremazia del riformismo sono materiali.

Lenin ci insegna che l’imperialismo, grazie al saccheggio (neo)coloniale divide la classe operaia. I sovraprofitti estorti consentono al capitale di prezzolare, comprare una piccola frazione del proletariato con alti salari e un inquadramento superiore (aristocrazia operaia).

L’emergere di quadri politici e sindacali a pieno tempo (una grande conquista all’inizio) ha posto nuovi problemi. Alcuni, indubbiamente i meno solidi sul piano della consapevolezza, si sono allontanati dalla classe di provenienza e dai suoi problemi e hanno formato a poco a poco uno strato sociale "al di sopra" del proletariato, incline per professione a contestare il sistema entro i limiti posti dal loro tenore di vita. Il riformismo si è così rafforzato (burocrazia operaia).

Questo strato sociale ha preso le redini del partito al 22º congresso (rifiuto della teoria marxista dello Stato ma anche del concetto e del termine di "proletariato").

Col suo nuovo programma opportunista il partito ha spalancato le porte ai ceti medi e alle professioni liberali diluendo via via sempre più il carattere proletario del partito.

La strategia della mutazione corrisponde alle posizioni di classe piccolo-borghesi di questi strati sociali divenuti col passar degli anni maggioranza nell’apparato e con un grosso peso tra i militanti.

Dal 22º al 28º congresso si è passati dal revisionismo (revisione dei principi marxisti, opportunismo nella pratica) al riformismo borghese. Lo dimostrano, sul piano politico, l’abbandono del socialismo come obiettivo fondamentale; sul piano sociale, la crescente collaborazione di classe; sul piano ideologico, il rifiuto di ogni riferimento al marxismo (dopo la rottura col leninismo) e del ruolo di direzione della classe operaia.

Le conseguenze della mutazione sono drammatiche: emorragia di militanti, indebolimento elettorale, subordinazione al Partito Socialista e al governo, «l’Humanité» senza più insegne nè contenuti di classe rivoluzionari.

Il riformismo si concretizza con la partecipazione al governo Jospin al servizio degli interessi capitalisti.

Così la direzione fa svolgere al partito una funzione socialdemocratica che punta a irregimentare i lavoratori, a ingannarli e mistificarli. La manifestazione del 16 ottobre, accompagnata dal voto quasi simultaneo della legge Aubry è significativa al riguardo.

Il processo di liquidazione non è tuttavia esente da ostacoli. Singoli compagni, cellule, sezioni e persino una federazione si sono via via opposti: è la resistenza alla mutazione riformmista, il cui nucleo è costituito dalle cellule aziendali e dagli intellettuali rivoluzionari.

Recentemente il risultato disastroso della lista «sposta l’Europa» ha prodotto collera, sconcerto e dubbi in molti militanti.

La crisi ha coinvolto soprattutto la base, ma l’apparato ha resistito manovrando: finto rallentamento del ritmo delle trasformazioni annunciate, maggior visibilità del partito (il 16 ottobre, fraseologia di sinistra), ma gli obiettivi sono sempre gli stessi: liquidare l’eredità e quanto sopravvive di rivoluzionario (le cellule), portare a termine la mutazione.

Nel valutare la degenerazione del partito non bisogna deviare a destra, presentando gli abbandoni come se si dovessero ancora verificare. Il processo di liquidazione del partito rivoluzionario è già ben avviato: rifiuto dell’avanguardia, della rivoluzione, del socialismo, del potere della classe operaia e dei suoi alleati, del centralismo democratico, dell’internazionalismo proletario. Tutto ciò rappresenta un indebolimento senza precedenti della corrente rivoluzionaria: nel PCF ma anche nella CGT!

Il capitale sostiene la socialdemocratizzazione del PCF a condizione che le masse decisive del partito siano legate alla teoria e alla pratica riformista e si impedisca in ogni modo la rinascita di un’avanguardia comunista che rischierebbe di rendere inutile (agli occhi del capitale) il partito della mutazione.

Nella trasformazione generale in corso la borghesia conta sul trotskismo, che può svolgere una funzione tribunizia senza rappresentare per essa un pericolo, per recuperare i comunisti delusi mediante:

- la creazione di un partito a sinistra del partito della mutazione (LO, LCR);

- ovvero la pratica dell’entrismo nel partito e l’opposizione alla mutazione finalizzata alla costruzione di un’ala "sinistra" nel partito mutato (strategia del PT a cui si è allineata tra gli altri la "Sinistra Comunista") (1).

Si tratta del versante "di sinistra" della liquidazione del PCF.

Tenendo conto dei tagli già operati, della natura di classe della strategia della mutazione, di un apparato che mantiene il fermo controllo, alla domanda se si possa, a partire dal PCF mutato, riconquistare la direzione del partito, la nostra risposta è: NO!

Bisognerà ricostruire un’avanguardia rivoluzionaria a partire dai militanti comunisti del partito, dal Coordinamento, dai lavoratori in lotta e da una pratica comunista indipendente. I guasti prodotti dal revisionismo e dal riformismo rendono necessaria la partecipazione di molti e molto lavoro, formazione e tempo per far rinascere il PCF rivoluzionario!

II. Il 30º congresso

Questo congresso ha un carattere decisivo e costituirà un momento importante della lotta di classe che oppone i fautori di un partito socialdemocratico ai fautori di un partito rivoluzionario.

1. La posta in gioco per la direzione riformista

Con la proposta di un "congresso costituente", i dirigenti vogliono eliminare, emarginandoli o integrandoli, tutti gli elementi che sono di ostacolo al pieno dispiegarsi della politica della mutazione e liquidare le ultime sopravvivenze dell’eredità politica e organizzativa del partito: le cellule e sezioni, a partire da quelle aziendali, ed eventualmente il nome stesso del partito in modo da:

- confermare la politica di razionalizzazione capitalista fatta passare per "superamento";

- confermare l’adesione all’Europa sovranazionale capitalista;

- servire da supporto riformista alla politica di guerra dell’imperialismo;

- mantenere la partecipazione al governo e servire da "sostegno sociale" alle riforme reazionarie;

- edulcorare l’eredità rivoluzionaria con il pretesto del "nuovo comunismo";

segnando così la nascita, con il compimento della mutazione, di una nuova formazione riformista, come variante del PSU bis versione "force Communiste", se l’operazione riesce, o come "Congresso di Tours alla rovescia", in mancanza di spazio politico. Le due varianti significano la liquidazione del partito comunista.

2. La posta in gioco del 30º congresso per i rivoluzionari

Il congresso rappresenta una delle nostre ultime possibilità di convincere la massa dei nostri compagni che la mutazione non è la modernizzazione o l’adeguamento del comunismo ai tempi nuovi ma la rinascita della vecchia tendenza socialdemocratica alla capitolazione di fronte al capitale. In questa occasione noi difendiamo quelli che devono essere i lineamenti principali di un partito rivoluzionario, il che comporta:

- l’analisi di classe del capitalismo imperialista, delle sue leggi permanenti di funzionamento, della sua strategia mondiale e nazionale: disoccupazione, deregolamentazione, privatizzazioni, precarietà, distruzione delle conquiste sociali e democratiche;

- la denuncia dell’imperialismo americano e della NATO, gendarmi del nuovo ordine mondiale imperialista, del blocco capitalista europeo (UE), delle guerre condotte per la spartizione del mondo;

- la denuncia del governo Jospin al servizio del capitale e della UE;

- il bilancio della mutazione e della partecipazione al governo.

Inoltre con le nostre proposte dobbiamo far vivere una strategia rivoluzionaria alternativa a quella della mutazione:

- difesa del bilancio del comunismo e dell’eredità teorica di Marx e di Lenin, volontà di ristabilire e sviluppare i rapporti con i partiti comunisti, solidarietà con tutti i paesi che resistono all’aggressione imperialista e tutti gli stati rimasti socialisti;

- priorità al movimento popolare, solidarietà di classe, convergenza con le lotte sociali;

lotte democratiche per riconquistare la sovranità nazionale, soddisfare le rivendicazioni sociali, nazionalizzare o rinazionalizzare i settori chiave, lottare contro la guerra, internazionalizzare le lotte in Europa.

In rapporto a questi compiti esplicitazione del nostro fine strategico costituente e fondamentale: una nuova rivoluzione francese: socialista nella prospettiva del comunismo.

Strategia che non potrà concretizzarsi se non in presenza di un partito rivoluzionario.

Al congresso, operando per raccogliere le forze, il Coordinamento dovrà puntare a:

1. Salvaguardare l’eredità leninista nell’organizzazione contro il "congresso costituente": le cellule e le sezioni aziendali.

2. Rafforzare il Coordinamento Comunista e la resistenza ottenendo l’adesione di nuovi compagni e guadagnando nuove posizioni.

3. Far crescere le esigenze seguenti: censura delle posizioni e del gruppo dirigente che preparano la liquidazione del PCF; ritiro dei ministri del PCF dal governo Jospin e priorità al movimento popolare.

Il nostro obiettivo sarà restituire speranza, combattività e prospettive, mostrando chiaramente che, al di là delle diversità dei contributi, la lotta avrà per fondamento di classe l’alternativa tra partito socialdemocratico e partito rivoluzionario.

III L’intervento del Coordinamento
e la questione dell’unità al 30º Congresso

La direzione del partito ha deciso: la discussione precongressuale avverrà su un testo unico, il che riflette il dominio di un apparato guadagnato al riformismo. I rivoluzionari non si sottometteranno a queste procedure.

L’opposizione dopo il 29º congresso si è allargata: nuove pubblicazioni, strutture, sezioni aziendali, vecchi dirigenti, eletti, deputati (Hage) si uniscono (ma rimanendo distinti) alla lotta iniziata dal Coordinamento e dalla Federazione del 62.

Questa diversità è il riflesso di dati locali, umani, ma anche politici.

Lenin tracciava la via seguente per l’unità: distinguersi per meglio unirsi; noi siamo ancora nettamente in questa fase di distinzione, anche se il bisogno dell’unità è stringente.

Saranno proposti molti contributi: quello dei "comunisti" (R. Perlican), dei "500", della "Sinistra Comunista", della Federazione del 62 e di G. Hage (sostenuta dal Coordinamento 62) ...

Noi proponiamo che il Coordinamento Comunista rediga anch’esso il suo testo: "basi per l’intervento e l’unità d’azione dei comunisti", che, come indica il titolo, non sarà un documento da prendere o lasciare. Il testo dovrà essere diffuso ampiamente nel partito, nelle conferenze, al congresso, ma anche nelle situazioni di lotta.

Come nei congressi precedenti, proponiamo di legare l’espressione indipendente del Coordinamento e l’intervento unitario.

Non ci sono le condizioni per una piattaforma unica della resistenza alla "mutazione", soprattutto per le divergenze per esempio sulla portata dei guasti provocati dalla "mutazione" e sull’esigenza di ritiro dei ministri del PCF dal governo Jospin (vedi i testi di R.Perlican e della Federazione del 62).

Con l’ampliamento della resistenza alla mutazione, dobbiamo porre la questione dell’unità sotto una luce nuova. All’inizio l’aspetto principale riguardava le alleanze con compagni conosciuti e rispettati. Di qui il ruolo principale degli "appelli" con relative firme. Questa tattica ha svolto un ruolo positivo.

Adesso, in ragione della diversità delle situazioni e dei contributi, per evitare che la divisione faccia il gioco dei "mutanti", l’aspetto principale va visto nell’unità dal basso, là dove i compagni si conoscono meglio grazie agli anni di militanza comune, nelle cellule, sezioni, ecc.

Al di là della diversità delle situazioni, perchè in una decina di dipartimenti il Coordinamento è la sola o la principale forza di opposizione e nel 62 l’unità si realizza con la federazione, altrove bisognerà lavorare per l’unità dal basso con i "Comunisti" a cui si aggiungono i "500" e il gruppo di G. Poussy nella regione parigina. Dappertutto bisogna lavorare per avvicinare le cellule aziendali.

Il Coordinamento deve prendere l’iniziativa di incontri con i compagni che si oppongono al riformismo nelle sezioni e federazioni per organizzare e preparare l’unità nell’azione a partire dalle nostre basi e dalle convergenze che si realizzano.

Il mandato deve basarsi sulla necessità di far crescere le forze della resistenza, scartando tutto ciò che riteniamo deviare dalle posizioni di principio nella lotta unitaria contro il riformismo, come la passività di fronte alle manovre entriste del PT trotskista e dei suoi alleati.

In tutte le fasi congressuali, il Coordinamento deve trovare il modo per "colpire uniti", base per un ulteriore avvicinamento tra compagni e gruppi oggi separati e divisi.

IV Sviluppo del Coordinamento
e prospettive politiche

Nonostante i tagli col passato e i pentimenti, i fautori della mutazione mantengono il controllo del partito, riescono a "inquadrare" globalmente i membri del partito. La resistenza comunista si batte in un contesto sfavorevole in ragione dell’emorragia di militanti prodotta dal corso riformista e dagli effetti della controrivoluzione nell’URSS.

Al tempo stesso, nonostante l’assenza di un’avanguardia comunista, la lotta di classe prosegue e spesso muove spontaneamente contro gli stati maggiori della rassegnazione, e la stessa crescita dei voti trotskisti che accompagna lo slittamento a destra del PCF e il risultato interessante della lista "comunisti e progressisti" del 95 nelle regionali mostra l’aspirazione al "voto rosso".

Dobbiamo dunque aprire il dibattito per avviare il processo di ricostruzione del partito rivoluzionario di cui i lavoratori hanno bisogno e farlo tenendo conto del fatto che:

1. Il PCF, al di là dei ridultati del 30º congresso, continua e continuerà a comprendere elementi e strutture comuniste.

2. Molti comunisti delusi e sconfortati hanno abbandonato il partito (75.000 dopo il 29º congresso); e domani? Molti lavoratori, molti giovani si scontrano quotidianamente con la logica inumana del capitalismo e in mancanza di prospettive si uniscono ai trotskisti o abbandonano l’impegno politico.

3. La resistenza comunista denuncia con forza la mutazione ma, agendo esclusivamente all’interno del partito, non riesce a impedire e nemmeno a limitare i danni prodotti dal riformismo. Subordinare le lotte e le attese all’impatto nel PCF mostra tutti i suoi limiti.

4. L’adesione della direzione della CGT alla collaborazione di classe semina smarrimento e disimpegno, ma produce anche combattività come dimostra il rafforzamento di "continuare la CGT" e la crescita delle lotte.

5. C’è bisogno di una opposizione rivoluzionaria al governo Jospin-Gayssot-Voynet che serve gli interessi della classe capitalista e semina la confusione nel movimento sociale.

E’ questo il vasto campo di intervento politico che il Coordinamento deve investire per rafforzarsi, allargare lo spazio comunista e porre le basi della ricostruzione del partito rivoluzionario che richiederà la fusione leninista dei comunisti e dei lavoratori in lotta.

Questo significa una nuova fase del nostro sviluppo: priorità al posizionamento in rapporto agli interessi della classe operaia e della lotta di classe con l’intervento tra le masse, pur proseguendo la battaglia interna al PCF per diffondervi la voce dei comunisti che contestano l’orientamento socialdemocratico.

Ciò deve portare il Coordinamento ad assumersi l’onere di una struttura e di un’attività politica indipendenti in rapporto alle lotte operaie e popolari e ad essere più presente sul terreno per mettere in pratica la nuova parola d’ordine: "far vivere una pratica comunista in tutte le situazioni". Questa pratica ha incominciato ad essere messa in atto: campagna massiccia di distribuzione di volantini per le europee, solidarietà attiva col popolo della Jugoslavia, festa del Coordinamento 59, incontro con i Wolber, corteo nella manifestazione del 16 ottobre ...

Dopo il congresso i punti interrogativi si moltiplicheranno. Che fare? Noi dobbiamo offrire la prospettiva di essere gli inziatori di una lotta lunga e tenace per la ricostruzione di un partito comunista; gli iniziatori, ma non da soli.

Iniziare non significa rinunciare all’unità, ma mostrare la via, come abbiamo fatto al 28° congresso. In effetti i comunisti sono dispersi, in strutture talora divergenti, non organizzati o anche "senza partito"; noi pensiamo che la convergenza maturerà nell’unità d’azione contro i colpi portati ai lavoratori, nei diversi cantieri della ricostruzione: nel PCF, nella difesa del sindacalismo di classe e di massa, nella lotta contro il governo Jospin, nella battaglia contro la guerra e l’imperialismo, ma anche alle elezioni se necessario.

Noi non smetteremo di interloquire e di fare appello all’azione unitaria, ma quando sarà necessario prenderemo l’iniziativa e ci assumeremo le nostre responsabilità. La ricostruzione si concretizzerà a partire dai progressi nell’unità d’azione, nella ricerca paziente dell’unità ideologica e politica, nella convergenza tra compagni abituati ad agire collettivamente. Il nucleo della ricostruzione è costituito dall’insieme dei comunisti rimasti rivoluzionari. (2)

Conclusione

La situazione è difficile, complessa e ci pone di fronte a compiti nuovi: come rimanere comunisti e agire da comunisti in un partito riformista? Come ristabilire i legami con il proletariato, con i salariati senza un partito rivoluzionario? Tentativi ed errori sono inevitabili. Ne abbiamo commessi e ne commetteremo.

La crisi nella direzione del Coordinamento deriva in gran parte da queste circostanze in un quadro di divergenze acute sull’insieme delle questioni fondamentali: stato del partito, costruzione dell’unità, come assicurare la continuità rivoluzionaria.

- coscienti delle serie insufficienze organizzative di cui siamo in parte responsabili,

- noi proponiamo di riformare in profondità il Coordinamento sulla base del piano di lavoro adottato nell’aprile 1999: attribuzione di poteri decisionali al CN, formazione di un esecutivo omogeneo che possa mettere in pratica le decisioni adottate, ruolo maggiore dei coordinamenti locali, un giornale che copra tutti i fronti della ricostruzione con un comitato di redazione.

Siamo convinti che la democrazia ci consentirà di superare la crisi e assicurare la continuità e lo sviluppo del Coordinamento Comunista confermando le scelte e gli orientamenti della prima sessione della III conferenza nazionale.

NOTE

(1) La "Sinistra Comunista" riprende l’insieme delle tesi trotskiste ben note: negazione del carattere rivoluzionario del PCF a partire dal 1924! Rifiuto di riconoscere che nell’URSS sia stato costruito il socialismo.

La vigilanza più attenta si impone anche di fronte alle rinnovate iniziative del PT sostenute da R. Auchedé, J.J. Karman e G. Hage per promuovere la "Conferenza Internazionale di San Francisco", organizzata nell’anno 2000 dall’Internazionale Trotskista con il sostegno dell’AFL-CIO americana.

(2) Ci sarà bisogno di forme di transizione: unione (organica) dei comunisti, movimento di lotta di classe? Il futuro e la pratica decideranno.

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