Antistalinismo: un’invenzione per nascondere l’abiura rivoluzionaria

Noi che conserviamo un forte legame con le tradizioni e la storia del comunismo siamo in genere definiti nostalgici dello stalinismo, o più semplicemente "stalinisti". Non saremmo quindi solo degli sprovveduti come tutti i "nostalgici" in generale, ma anche degli idioti, nel caso particolare, perché legheremmo i nostri idilliaci ricordi ad uno dei più mostruosi personaggi della storia dell’umanità. Alcuni compagni, facendo davvero la figura delle anime candide, si gloriano a fronte alta dell’attributo "stalinista" che gli avversari ci appioppano. Il fatto è che lo stalinismo, se vogliamo dare a questo termine un contenuto positivo, se vogliamo cioè intenderlo come stadio di sviluppo ulteriore del marxismo ufficialmente riconosciuto tale dagli stessi bolscevichi, ebbene questo stalinismo non è mai esistito. Sia detto per inciso: il comunismo dovrà pure definitivamente emanciparsi dalla pratica di ufficializzare l’elenco dei grandi pensatori marxisti: varrà meglio che i loro apporti restino nei libri e nella memoria di chi pratica il comunismo anziché effigiare i loro visi su una bandiera in un allineamento configurante le successive tappe di sviluppo ideologico-dottrinario attribuito esclusivamente a loro. Deng Xiaoping ha avuto il coraggio di dire che "il pensiero di Mao non appartiene solo a lui ma è anche il pensiero dei suoi compagni d’arme, del partito e del popolo". Ha aggiunto che "nessuno deve essere considerato un semidio" (Den Xiaoping, Socialismo alla cinese, Editori riuniti, pag. 86-87).

Ritornando al cosiddetto stalinismo, fu principalmente Trotski (che accecato dall’odio per Stalin e la disfatta politica subita, divenne, egli sì, un controrivoluzionario) a costruire attorno a questa parola, una quantità di significati negativi e di valori abietti. L’opera di demonizzazione fu ripresa da Krusciov (con ben altro impatto mondiale rispetto a Trotski) nel suo famigerato rapporto segreto fatto conoscere alla Cia prima ancora che ai vari partiti comunisti. Dunque "stalinismo" si configura storicamente (dall’epoca del rapporto segreto ma soprattutto dopo il crollo dell’Urss) come contenitore di ogni possibile ignominia. E’ divenuto un anatema. Quando, ultimamente, Scalfari attaccò Bertinotti, Liberazione scrisse: "Perché un importante giornalista liberale finisce con l’adottare un impianto analitico violento, con torsioni francamente staliniste?… Leggere questi articoli genera, sul momento, rabbiosa preoccupazione; essa poi si stempera in malinconia; di fronte all’eclissi di un pensiero importante come quello liberale" (Liberazione, 23.1.2003). Come si vede i toni sono elegiaci: si rimpiange il liberalismo, pensiero "importante", per le contaminazioni subite dallo stalinismo…

Voltaire, su cui evidentemente agiva ancora un forte sentimento di ripulsa per le stragi che insanguinarono l’Europa all’epoca delle guerre di religione, disse che non si poteva leggere la Storia senza provare orrore per il genere umano. Sentimenti simili, ma di sicuro più interessati e quindi meno innocenti, ispirarono gli scritti degli avversari della Rivoluzione francese che videro in quell’evento, culminato nel terrore giacobino, il semplice trionfo di un’orgia di sangue. E, naturalmente, a Robespierre toccò in sorte di essere trasfigurato in demone. Attenzione però: non solo la pubblicistica della Restaurazione, fautrice del Vecchio regime, ma anche la pubblicistica liberale dipinse il grande dirigente giacobino come una belva sanguinaria. Gli eventi sconquassanti della Storia, quelli che producono accelerazioni, quelli che danno un forte impulso in avanti al cammino dell’umanità verso l’emancipazione, spingono sempre i controrivoluzionari a celebrare, trasfigurandolo, il "bel tempo antico". E fu Hegel a polemizzare contro quella visione del mondo (sia dei fautori della Restaurazione che dei liberali) che, riducendo la storia universale ad un cumulo di rovine costituisce la più radicale confutazione dell’idea di progresso: egli si spinse addirittura, sicuramente in un clima di conformismo controrivoluzionario imperante, a tributare un riconoscimento positivo all’opera di Robespierre! (D.Losurdo: Hegel e la libertà dei moderni). I comunisti alla Bertinotti, riducendo la storia delle rivoluzioni proletarie del Novecento ad un ammasso di macerie, si inseriscono in quella tradizione di pensiero liberale contro cui polemizzò il grande filosofo tedesco. I liberal-comunisti di oggi che inorridiscono per la mancanza di democrazia dal basso nell’Urss di Stalin, dovrebbero andare a lezione da Hegel prima ancora che da Marx. Per Hegel, che guardava alle tappe storiche del processo di sviluppo della libertà, il discrimine tra rivoluzione e controrivoluzione ovvero tra progresso e reazione e persino tra libertà e oppressione non coincide affatto con il discrimine tra iniziativa dal basso e iniziativa dall’alto (Losurdo, op.cit.). Ciò che conta, nell’analisi concreta di un determinato evento, è saperne cogliere il carattere progressivo oppure regressivo, prescindendo dal dogma (populista) che solo l’iniziativa dal basso ha sempre e comunque un segno di progresso.

Durante la rivoluzione culturale in Cina, bastò che Mao lanciasse un’accusa grave a Liu Chaoqui (definito "Krusciov cinese") perché quest’ultimo fosse oggetto di ripetuti attacchi oltraggiosi da parte delle guardie rosse. Non ebbe la possibilità di difendersi da un’imputazione mai provata (l’aver imboccato la via capitalistica) e fece la peggiore fine che si possa immaginare: morì con il marchio d’infamia di aver tradito la causa del comunismo. Viceversa, i russi Zinoviev, Kamenev, Bucharin e Rykov che dirigevano, agli ordini di Trotski, una vasta rete cospirativa presente a tutti i livelli nel partito, nell’esercito e nello stato, ebbero un regolare processo pubblico, secondo la legge sovietica, e i resoconti stenografici di quei dibattimenti furono integralmente pubblicati. Gli imputati, tranne alcune eccezioni, rinunciarono agli avvocati per loro scelta e provvidero essi stessi alla loro difesa (Aginform tradurrà in italiano gli atti di quel processo e li pubblicherà).

Krusciov, revisionista da un punto di vista ideologico e politico, fece ricorso anche al revisionismo storico pur di dar credito - e la cosa si comprende - agli artefici del primo antistalinismo. Egli disse: "Dov’erano uomini come Molotov e Kaganovic o Voroscilov o Mikoyan mentre Zinoviev, Kamenev, Trotski, Bucharin stavano costruendo la nazione?" (Krusciov: Krusciov ricorda, Sugar editore, pag. 94). Venticinque anni prima la musica era diversa: "Il nostro Partito - egli proclamò - schiaccerà senza pietà la banda dei transfughi e dei traditori che compongono il blocco dei destri e dei trotskisti… disperderemo le loro ceneri al vento" ( cit. in: The question of Stalin, pag.9). Ma la statura morale dell’uomo emerge in tutta la sua maestosità da queste altre sublimi testimonianze: "Attorno a Stalingrado trovammo soldati tedeschi morti privi d’uniformi e seminudi, non avevano più né calzoni né stivali e questo non era certo dovuto alle esplosioni che li avevano colpiti, purtroppo era opera di ignobili saccheggiatori. Penso che con ogni probabilità avessero preso parte sia soldati che civili alla spoliazione dei cadaveri" ( Krusciov ricorda, cit. pag. 215-216). Oppure: "Stalin fece appello ad Eisenhower perché ritirasse le sue armate; gli disse che in base agli accordi con Roosvelt… i nostri soldati avevano il diritto di entrare a Berlino prima degli alleati occidentali… Eisenhower seppe dar prova di questa cavalleresca generosità" (Ibid. pag. 234). E qui Krusciov, sorta di re Mida stercorario, riesce ad imbrattare una delle pagine più gloriose della storia sovietica. Ecco dunque da quale marciume trae alimento il termine stalinismo. Non siamo né nostalgici né ‘stalinisti’: amiamo la Storia e amiamo la Verità che in essa si cela. Il crollo dell’Urss ci pone di fronte a notevoli problemi politici e teorici lasciati irrisolti dalla prima esperienza storica (vittoriosa) di edificazione socialista. Ma a parte questo ovvio riconoscimento che tutti siamo disposti a fare (tanto non costa niente), sarebbe ora che ci riunissimo da qualche parte e mettessimo un punto fermo sulla nostra storia. Come atto assolutamente preliminare per riflettere - domani - sulle leggi di sviluppo delle future rivoluzioni comuniste nell’Europa e nel mondo.

Amedeo Curatoli

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