Della Mea e la violenza

Lettera - non pubblicata - a «Liberazione»

Caro Direttore,

il simpatico e spesso acuto Ivan Della Mea ('Liberazione’ del 15 giugno) porta, certo senza porvi mente, una bell’acqua al mulino del revisionismo storico, mettendo nello stesso sacco del fascismo Pinochet, Videla, Papadopoulos e altri insieme... a uno Stalin (che, bontà di Della Mea, peraltro 'ha contribuito a liberare il mondo dal nazifascismo") o a un Ceausescu (vilmente e oscenamescie trucidato da servizi segreti e oggi addirittura rimpianto da tanti rumeni). E perché non include Truman, che ha ordinalo Hiroshima e Nagasaki, Bush padre (Iraq), Clinton (Jugoslavia), Bush figlio (Afganistan)? Ma pur se tralasciamo questo filone capitalistico, lo sa Della Mea che, con il criterio da lui assunto (l’uso della violenza in sé, prescindendo dai contenuti di classe), ''fascisti' sono, come dicono coerentemente i nostri avversari, non solo Lenin, Mao, Castro, ma gli stessi Marx ed Engels? Non si chiude il "Manifesto dei comunisti" con l’indicazione del "rovesciamento violento di tutto l’ordinamento sociale esistente"? A chi giova la confusione?

Cordialmente

Aldo Bernardini

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