Il dibattito con gli abbonati

Assieme al numero 19 di Aginform abbiamo inviato una lettera agli abbonati che è stata variamente interpretata. A questa lettera sono seguite una serie di risposte, alcune da pubblicare, altre di carattere più ‘riservato’. Come è nostro costume pubblichiamo tutto il pubblicabile, riservandoci un commento che ci consenta di riassumere l’essenziale per sviluppare in futuro un approfondimento delle questioni.

Quelle che noi abbiamo posto esplicitamente ai compagni sono due. Una ci riguarda direttamente e concerne il futuro del nostro foglio di informazione. In sintesi abbiamo detto che un avvenire di isolamento, una situazione che non prevede una crescita di forze, ha poco senso. Alcuni compagni ci incitano a proseguire, ma noi insistiamo sul concetto: passare dalla testimonianza individuale all’azione politica collettiva è una necessità per uscire dal ghetto e modificare gli orientamenti presenti nella sinistra. Ci sembra che molti dei compagni entrati in contatto con noi abbiano sottovalutato questa esigenza e sperino che all’improvviso si determini una situazione nuova, un punto di riferimento utile per tutti. Ci dispiace deludere questi compagni, ma riteniamo che i passaggi che ci aspettiamo dipendono dalla decisione di ciascuno di partecipare al lavoro politico comune. Le strade che abbiano tentato con gli incontri di Torino e di Firenze sono per ora bloccate e non per responsabilità nostra. Sta ai compagni e alle compagne che ci hanno seguito finora decidere se fare o no questo passaggio. Da questo dipenderà anche il nostro impegno redazionale.

La seconda questione che emerge dalla discussione riguarda Rifondazione Comunista. In realtà anche noi l’abbiamo posta e non solo in occasione delle ultime elezioni.

Ci rendiamo conto che la questione è abbastanza controversa e certamente non si può ricondurre al dilemma stare o non stare in Rifondazione. La compagna Caldera sostiene che fuori di Rifondazione l’esistenza dei comunisti è solo virtuale e non sbaglia a dire questo, ma a noi sembra che l’ombrello di Rifondazione rende spesso virtuale anche l’esistenza dei comunisti dentro questo partito. La questione vera è la visibilità dei comunisti, la loro capacità di esprimere un’azione incisiva e credibile. La presenza in Rifondazione non ha risolto questo problema, anche se all’esterno non si è fatto molto di più. Recentemente abbiamo assistito ad una sorta di pulizia etnica portata avanti dallo stato maggiore bertinottiano contro l’area dei compagni che si raccolgono attorno alla rivista l’Ernesto accusati di non essere omogenei al neotrotskismo imperante. Che ruolo svolgono effettivamemte questi compagni per contrastare la deriva ideologica del PRC, stretta tra lo zapatismo e l’esaltazione del popolo di Seattle? Dobbiamo dire che in questa fase il ruolo che questi compagni possono svolgere per contrastare il Bertinotti-pensiero e riportare il dibattito intemo a Rifondazione su basi legate alla storia vera del movimento comunista e alla teoria scientifica che esso ha espresso è importantissima, ma dobbiamo aggiungere la solita frase: ‘riusciranno i nosti eroi...?’ Francamente riteniamo che una simile battaglia per avere un significato generale debba uscire da pure logiche di schieramento e di ipotesi di ritagliarsi spazi di potere interno.

D’altra parte, dato l’andazzo, siamo convinti che l’offensiva scatenata dallo stato maggiore bertinottiano e dalle salmerie trotskiste non prevede ipotesi di tregua. Quindi i compagni sono avvertiti: sotto l’ombrello di Rifondazione si può anche annegare.

Per capirci, e per capire fino in fondo la posta in gioco, dobbiamo ribadire che il nostro non è un discorso strumentale o di rilancio centrista. Non vogliamo teorizzare un modo di agire speculare ai trotskisti. Il senso di tutto il discorso è che i comunisti debbono misurarsi, se vogliono crescere e progredire politicamente, con gli orientamenti della sinistra e con gli orientamenti che si richiamano, anche se impropriamente, al comunismo.

In sostanza, e per farci capire da quei compagni che arricciano il naso quando si parla di Rifondazione, il nostro è un discorso a tutto campo che contiene anche un’autocritica sul passato, in quanto la tendenza all’isolamento dei comunisti è stata un segno di debolezza e di incapacità politica, e non ci si può salvare l’anima rifugiandosi in un facile e inutile schematismo politico e ideologico.

Perciò ora, seppure in ritardo, dobbiarno risalire la china se vogliamo uscire da una situazione di stallo. Col concorso di tutti i comunisti.

Ritorna alla prima pagina