A proposito della nuova fase

Movimenti e autonomia dei comunisti

Che siamo entrati in una nuova fase politica sul piano interno e internazionale è evidente. La questione ora è di inquadrare correttamente i fatti per evitare il fascino della novità senza una loro capacità di collocazione strategica.

Partiamo innanzitutto dai movimenti interni, da ciò che si sta esprimendo nella realtà italiana. Le novità sono rnolte. Al tradizionale movimento antiglobal e cobasista tipico di un settore sociale consistente, ma fortemente minoritario, si sono aggiunte situazioni nuove e, in taluni casi, di più vasta rappresentanza sociale. La novità politica più rilevante sta nel fatto che l’area di sinistra moderata si è ribellata all’egemonia d’alemiana e ulivista e ha reagito in modo diretto - come nel caso dei Palavobis, del girotondo morettiano e prima ancora con l’inaugurazione dell’anno giudiziario a Milano - alla minaccia di berlusconizzazione della società. I temi dell’intervento diretto sono circoscritti, ma non secondari: la giustizia, l’informazione, il conflitto di interessi, la prospettiva di un regime di destra che stravolga le basi costituzionali dello stato postresistenziale.

Il movimento di cui stiamo parlando ha come base politica la sfiducia nei dirigenti dell’Ulivo e dei DS ritenuti responsabili di non aver saputo fronteggiare l’ondata reazionaria, inseguendo il nemico sul suo stesso terreno.

Un’altra grande novità è la tenuta della CGIL nel confronto sull’art. 18 e la proclamazione dello sciopero generale. Non entriamo nel merito ovviamente della linea generale di questo sindacato, ma ci limitiamo a constatare la rilevanza oggettiva del fatto.

Siamo quindi nel pieno di uno scontro che supera largamente i limiti tradizionali delle forze ‘resistenti’ e, a pochi mesi dal 13 maggio, scuote le certezze della destra e la possibilità di realizzazione dei suoi progetti.

E’ singolare, ma non casuale, che i settori tradizionalmente ‘alternativi’ non sappiano cogliere le novità e attrezzarsi adeguatamente. Ad esempio Bertinotti, dopo aver invocato per tanto tempo l’alternativa, si ritrova nel cul de sac degli antiglobal e cerca di mettere malamente le braghe alla realtà. Insomma, dopo tanta innovazione teorica, il segretario del PRC rischia di essere sopraffatto dalla realtà.

Gli altri, gli alternativi di varia estrazione, fanno la voce grossa contro le ambiguità confederali e pensano che giocare al più uno possa modificare i rapporti di forza.

In questo contesto, si sente tremendamente la mancanza di un partito comunista che sappia efficacemente intervenire e utilizzare le contraddizioni.

Tuttavia, la domanda che dobbiamo porci come comunisti è sul come muoverci di fronte allo sviluppo di questa nuova realtà. Scartata l’ipotesi di poter ‘estremizzare’ i dati oggettivi senza che questo corrisponda ad una evoluzione della situazione, logica tipica degli avanguardisti di varia estrazione, dobbiamo puntare, utilizzando appunto questi dati, a individuare correttamente i risultati che si possono ottenere. In termini di obiettivi programmatici e di cambiamento di rapporti di forza politici e di orientamento generale della sinistra.

A noi sembra che siano almeno tre gli obiettivi che la fase ci propone e che dobbiamo saper vedere senza i paraocchi dell’avanguardismo.

Primo obiettivo, di caratte politico, nella sinistra è quello di utilizzare a fondo la crisi di fiducia verso il d’alemismo e la dirigenza ulivista per estendere il dibattito su tutte le questioni che hanno caratterizzato la gestione di destra dei DS e del cartello elettorale, combattendo il nuovo camaleontismo di Fassino e soci. L’unità a sinistra si fa contro questo camaleontismo e contro l’orgoglio ulivista. L’unità a sinistra si fa in primo luogo sui contenuti e non sugli schieramenti elettorali. A partire dalla questione della guerra che rimane una discriminante. E’ questo che dovrebbe fare un ipotetico partito comunista invece di inseguire a senso unico le vicende di Porto Alegre, questa fumisteria fuorviante messa su da socialisti riciclati, trotskisti e alternativi post-sessantotteschi.

Secondo. Nello scontro con la destra non possiamo certamente avere un atteggiamento ideologico rispetto alle forze in campo, ma dobbiamo saper vedere gli obiettivi concreti, anche se parziali, e su quelli concentrare le forze, utilizzare le contraddizioni e stabilire i punti di unità possibili, per poi riprendere un cammino autonomo legato ad una visione comunista delle cose.

Qui non vale distinguersi, come fanno gli ‘alternativi’ per salvarsi la coscienza. Occorre saper colpire l’avversario e non limitarsi alle parate. Quindi articolo 18 e sciopero generale, 23 marzo un milione di persone in piazza, battaglia sulla RAI, sul conflitto di interessi, sulla sanità, sulla giustizia, tutto ciò che è contraddizione reale va utilizzato sapendo definire il punto di compromesso possibile secondo i rapporti di forza.

Purtroppo la discussione su questi problemi è ancora virtuale perché non esiste la sede adatta per valutare e decidere. Ma è utile iniziare. Soprattutto è necessario portare la discussione dalla tradizionale e rituale pratica dei cortei alla strategia di lotta e alla organizzazione delle forze.

Sullo sfondo di ciò che sta accadendo in Italia in questo momento grava la situazione internazionale. E questo è il terzo punto di un impegno portante della presenza comunista.

Le lezioni che vengono dalla Palestina e dall’Afghanistan dimostrano che non solo si stanno aprendo crepe nella capacità di attacco dell’imperialismo e del suo alleato sionista, ma che sul piano generale saranno proprio quei popoli e nazioni rimossi dalla nuova ideologia ‘innovativa’ sull’impero e sulla globalizzazione a mettere in crisi il blocco occidentale guidato dagli USA.

A noi comunisti spetta il compito di capire la dinamica vera dello scontro internazionale, senza tema di sporcarsi le rnani, come certa opposizione interna in Rifondanone dimostra di avere, e organizzare o guidare il movimento. Innanzitutto imponendo ai vari movimenti il rifiuto della guerra come discriminante. E questo non vale solo per i DS, ma anche per la nuova opposizione moderata. La barbarie leghista e berlusconiana è ben poca cosa di fronte al neonazismo USA e al macellaio Sharon.

In pratica spetta ai comunisti il compito di guidare coerentemente le forze per impedire all’Italia e all’Europa di portare avanti le guerre di aggressione e l’occupazione di altri stati. In questo, limitarsi ad esprimere solidarietà non basta, ci vuole la lotta aperta.

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