Quelli del Sabato sera

A partire dal 1968, attraversando gli alti e bassi del movimento vero, si è andata consolidando la negativa tradizione di quelli del sabato sera, di coloro i quali, al di fuori delle contraddizioni reali, fuoriescono dal contesto dello scontro e ripropongono la ‘manifestazione nazionale’ quale aspirina politica e panacea di tutti i problemi. In genere queste scelte rituali sono precedute da un grande lavorio di gruppi e sottogruppi che tentano di imporre una improbabile egemonia che mette allo scoperto lo squallore di un contesto prepolitico di aspiranti leaders del vorrei ma non posso.

In mancanza di meglio, alcuni compagni sostengono che va bene anche questo. Personalmente ritengo che sarebbe meglio il principio “meglio meno, ma meglio”. Per dire in sostanza che il tempo è ormai scaduto e sarebbe il caso di imparare a fare politica davvero e di organizzare le forze

Questo principio vale anche per le ultime vicende del movimento contro la guerra. Il 13 dicembre di due anni fa si è tenuta la prima assemblea del Comitato Iraq Libero, convocata a Roma dai compagni del Campo Antimperialista e che non solo ebbe un notevole successo di partecipazione, ma soprattutto esprimeva il coraggio di prendere posizione per la resistenza irachena, un fattore di eccezionale importanza contro la guerra infinita di Bush e capace di tener testa ad una coalizione di circa duecentomila mercenari, armati di ogni possibile tecnologia militare. Da quel momento il Comitato Iraq Libero si è sviluppato e sta preparando la conferenza internazionale di sostegno alla resistenza irachena per il 1º e 2 ottobre a Roma, ma per arrivare a questo esso ha dovuto pagare un pesante contributo con gli arresti di alcuni suoi esponenti. Come si sono mossi quelli del sabato sera, gli organizzatori abituali delle manifestazioni aspirina? Essi avrebbero dovuto prendere atto che qualcosa si stava muovendo e perlomeno accodarsi. Niente di tutto questo. Anzi, dal 13 dicembre, e anche prima, si è scatenata una campagna di calunnie contro il Comitato Iraq Libero fino al punto di impedirne l’adesione alle mobilitazioni ‘unitarie’ contro la guerra in Iraq. Pretesto di questa campagna di calunnie contro il Comitato Iraq Libero sarebbe l’ambiguità dei suoi promotori, tacciati di essere una “coalizione rosso-bruna”. I nomi dei compagni che gestiscono questo comitato sono ben noti per la loro storia di comunisti, ma tant’è, la campagna di diffamazione è andata avanti lo stesso.

Finalmente scopriamo il perchè e si chiarisce la vera motivazione delle calunnie. Dunque, ad opera dei soliti comitati di base, a cui si sono aggiunti, non a caso, esponenti del gruppo che fa capo alla rivista l’Ernesto, si è andata delineando un’alleanza “tutta rossa” che ha l’ambizione di gestire la lotta contro la guerra. L’unico particolare è che questa alleanza si è dimenticata della resistenza irachena! Difatti, in vista della ‘mobilitazione’ del 2 giugno, nel comunicato di convocazione, si parla di ritiro delle truppe italiane, ma non della resistenza irachena. Si dirà, ma non è importante lottare per questo obiettivo? Certamente il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq è cosa importante, ma in questo contesto non individuare nella resistenza irachena il punto centrale dello scontro con gli invasori vuol dire mascherare la realtà.

Questa scelta di non parlare della resistenza irachena e della sua funzione determinante nelle prospettive future, è gravissima. E finalmente spiega le vere ragioni della furibonda campagna contro il Comitato Iraq Libero. Già in varie occasioni storiche l’opportunismo si è presentato col volto del pacifismo. Dal “nè aderire nè sabotare” della prima guerra mondiale allo slogan “pace in Algeria” del PCF mentre l’FLN combatteva per l’indipendenza.

La storia si ripete ed è anche collegata ai rapporti politici interni. Quello che non si vuole riconoscere e dire apertamente è che una parte della sinistra ha posizioni di appoggio all’imperialismo USA e quindi affrontare il nodo della resistenza irachena significa anche mettere in stato di accusa la sinistra imperialista, quella che mette non solo in discussione il ritiro delle truppe dall’Iraq, ma che non fa menzione della presenza italiana in Afganistan e nell’ex Jugoslavia.

I crimini di guerra fanno ormai parte del DNA della sinistra imperialista italiana. Mettere sotto accusa i responsabili e dare centralità alla resistenza irachena è la premessa per andare avanti nella lotta alla guerra. Il pacifismo del sabato sera sta al di fuori di queste premesse.

R. G.


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