Riflessioni su "L'Ernesto"

Alcuni compagni, legati da lunghi anni di militanza comunista, hanno avuto a Napoli, un incontro - da tempo richiesto - con un esponente di Aginform, Roberto Gabriele.

Traendo ora un piccolo bilancio conclusivo da questa nostra conversazione di tre o quattro ore, in cui non c’era un ordine del giorno preliminarmente fissato, si può dire che si è imposto "da sé", come unico punto in discussione, la rivista "L’ernesto", il suo forte gruppo redazionale (Grassi, Sorini, Losurdo, Catone ecc.) e l’area politica (in espansione) che ad essa rivista fa capo.

Al riconoscimento unanime dell’importanza che riveste - in Rifondazione comunista - un periodico come L’ernesto, si accompagnano però dei malcontenti. Sul piano della lotta politica interna - si è rilevato - questi compagni (con tutto il rispetto e la comprensione per la tattica da loro scelta, volta, evidentemente, a non farsi emarginare) non riescono a "rallentare", per così dire, l’accelerazione divenuta ormai vertiginosa che il segretario di Rifondazione sta imprimendo alle sue idee tanto innovative da indurlo ad assimilare un partito comunista al movimento "no global" (non deve esserci differenza - dice - tra un circolo di Rifondazione e un centro sociale). Forse che Grassi, Sorini e gli altri della redazione stanno ancora in attesa, come Totò, di "vedere Pasquale dove vuole arrivare?". Bertinotti ha un pregio: non è ambiguo, si fa capire. Parla e straparla. Intende liberarsi da un incubo che deve averlo perseguitato per tutta la sua vita di socialista: lo "stalinismo". "Estirpare lo stalinismo" è la sua parola d’ordine, dopodichè il terreno è spianato per azzerare la storia del comunismo del 20° secolo. E’ lì che Pasquale vuole arrivare, e vuole arrivarci in pompa magna, con l’avallo del prossimo congresso, e come tutti i pavoni gonfi di orgoglio, troneggiando sulle macerie del comunismo, farà iniziare da sé il millennio. Sarà un congresso terribile, perché grande è la posta in gioco teorica, ideologica, o più semplicemente di cultura comunista. Il documento congressuale sta già lì in tutta la sua organicità. Emendarlo qui e lì - e voi certamente ve ne renderete conto, compagni de L’ernesto - sarebbe illusorio. Che senso avrebbe poi scavarsi una nicchia in un partito così radicalmente rifondato senza aver almeno tentato, a vostra volta, cari compagni, non diciamo di "estirpare il bertinottismo" ma almeno di assestargli una buona legnata sulla zucca?

Ma anche sul piano della lotta teorica - è emerso dalla nostra discussione - è consuetudine de L’ernesto mettere a confronto troppe posizioni e troppo eterogenee. Una rivista di tendenza deve educare, orientare. Non è produttivo di nulla confrontare la tesi A e la tesi non-A. L’inserto sul socialismo realizzato, che sembrava una cosa importantissima, si è poi ridotto ad un certame in cui si scontravano, annullandosi reciprocamente, la tesi dei difensori del socialismo in Urss, e quella contrapposta di chi narra la vecchia malinconica storia che anche l’assalto al cielo dei proletari dell’Ottobre russo è assimilabile ad un capitolo di storia del capitalismo, magari di stato (niente di nuovo sotto il sole, sempre e comunque borghesia, sempre e comunque capitalismo in ogni spazio geografico, in ogni tempo storico). I dirigenti de L’ernesto, nella loro nobilissima intenzione di apparire a tutti i costi imparziali, hanno offerto una palestra di confronto ad alcuni professori universitari ma son venuti meno al compito primario di orientare le nuove generazioni, abbastanza ignare di storia del comunismo. Una piccola nota a margine. Abbiamo recentemente appreso che le nuove regole del management americano sconsigliano di premettere i titoli ai nomi dei componenti gli staff dirigenziali a tutti i livelli. In ambienti comunisti questa dovrebbe essere una regola democratica consolidata. Vi immaginereste Stato e rivoluzione firmato: dott. prof. V.Ulianov docente universitario di…?

E se facessimo un’autentica rivista "di tendenza" che "correggesse" per così dire la insufficiente "tendenzialità" de L’ernesto? Con questo sogno ci siamo lasciati, nonché con l’impegno di rivederci ancora. Una qualche persona di grande prestigio sarebbe sicuramente in grado di dirigerla una rivista così. Ma si tratterà di vedere poi se c’è, disponibile, abbastanza manodopera qualificata.

Amedeo Curatoli

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