Firenze 3 marzo: ipotesi di lavoro

Siamo dunque di fronte ad una nuova verifica delle possibilità e delle capacità di promuovere un processo aggregativo di comunisti che esca dalla retorica organizzativistica e dai propositi fondativi senza costrutto e strategia. Il 3 marzo ci riuniremo a Firenze, per la seconda volta, per dare un contenuto ai propositi unitari emersi a Torino nel novembre dello scorso anno.

Anche questa è una scadenza difficile e impegnativa. Difficile perchè quando si passa dalle enunciazioni generali alle discussioni concrete emergono i problemi che in un primo tempo possono essere stati accantonati. Impegnativa perchè dovremmo definire una progettualità che sia all’altezza delle questioni che vogliamo porre.

Anche per Firenze, come è stato per Torino, si tratterà di evitare le solite trappole della contrapposizione di ‘obiettivi’ e di ricondurre la discussione sui dati oggettivi che rendono necessaria e possibile una seria presenza comunista in Italia e su come rappresentare e gestire un programma fondato su questioni centrali. Quindi l’invito è a ragionare e verificare le proposte con il massimo di scientificità di cui disponiamo. Premesso questo, e bisogna dire che questa premessa non è acqua calda, ma questione metodologica fondamentale, quali sono le questioni da porre sul tappeto?

Noi ne vogliamo indicarne almeno tre:
1) un modello organizzativo di rapporto tra i compagni e le compagne che sia compatibile con la fase e con gli impegni che ci vogliamo prendere;
2) la ‘concretezza’ della battaglia teorica e di riaffermazione del marxismo-leninismo nella sua versione scientifica e con le dovute verifiche storiche;
3) la individuazione dei punti di programma sulla lotta all’imperialismo e sulle caratteristiche dell’organizzazione dello scontro di classe per dare corpo all’impegno concreto dei comunisti.

1. Il modello organizzativo delle relazioni. Rifiutata la caricatura di costruire qui e subito una nuova struttura di partito, Firenze dovrà chiarire in che modo va intesa la collaborazione tra comunisti e a che cosa è finalizzata. Noi escludiamo che si possa andare ad un coordinamento generico tra compagni e strutture che mantenga in una dimensione orizzontale di situazioni. Ripetiamo che talvolta due più due non fanno neppure quattro, nel senso che non si supera la solitudine senza una disponibilità a usare mezzi e capacità politiche per dare impulso ad un allargamento dei circuiti esistenti e spessore politico e teorico alla presenza comunista. Quindi, per essere espliciti, la collaborazione tra comunisti, oggi, va intesa come impegno unitario a sviluppare un’azione politica che crei le condizioni per superare non solo la frammentazione, lo schematismo, la cialtroneria, ma anche a realizzare la trasformazione di una vasta area politica che si richiama al comunismo.

A Firenze dovremmo quindi evitare il solito cretinismo leninista del dividersi per definirsi, che risulta un assioma quanto mai inadeguato dal momento che la definizione del soggetto politico comunista è proprio il senso della battaglia che intendiamo condurre, ma quello che ci divide dal cretinismo leninista è il semplice particolare che il soggetto di cui intendiamo parlare è un’avanguardia politica e di classe reale e non il gruppuscolo che ormai non riesce a superare, come numero, le dita di una mano. In questo senso, il processo unitario di cui parliamo serve a creare le condizioni per la costruzione, nel vivo della lotta teorica e pratica, di una vera organizzazione comunista. Col pessimismo dell’intelligenza e l’ottimismo della volontà.

Non sia presa questa come una frase fatta. Parafrasando Gramsci, intendiamo per pessimismo il riconoscimento delle difficoltà oggettive e soggettive di esprimere una posizione corretta nell’attuale situazione e per ottimismo non la dimensione retorica e vuota dell’autoproclamazione, ma la volontà effettiva di superare gli ostacoli e combattere i nemici veri e non quelli cartacei.

Perciò nessun corrdinamento, ma un lavoro collettivo per andare in questa direzione.

2. La seconda questione concreta (usiamo il neretto per sottolineare che anche la battaglia teorica è concretezza) è appunto la capacità di imporre nella situazione italiana un capovolgimento di tendenza rispetto alla espansione non solo dell’anticomunismo di destra, ma anche delle idelogie neotrotskiste e del comunismo idealistico di stampo premarxista. Perchè è necessaria e concreta questa battaglia?

Ai compagni e alle compagne non sarà certamente sfuggito che, dopo la grande ondata anticomunista successiva agli avvenimenti dell’89, è partita la pulizia etnica dei neocomunisti che tentano di fare piazza pulita della nostra storia e dei capisaldi teorici del marxismo leninismo.

A questa ondata di piena non serve certamente contrapporre la linea di resistenza di una dozzina di organizzazioni e partiti formato francobollo che si definiscono comunisti e si trastullano con giornaletti politicamente clandestini, mentre i nostri avversari fanno terra bruciata attorno a noi.

Bisogna battere questa forma paleolitica di marxismo leninismo, che oltre che sclerotica e maniacale è anche una forma di pigrizia intellettuale e di opportunismo. E’ certamente più facile emettere bolle di scomunica a getto continuo che misurarsi sul terreno vero dell’egemonia teorica e dell’approfondimento scientifico. Questa arretratezza è frutto di una malintesa battaglia antirevisionista che ha portato a credere che bastasse denunciare il tradimento della nuova socialdemocrazia per cambiare le cose.

Molti compagni, di tendenza comunista, di fronte a forme di sterile arroccamento ideologico hanno preferito ripiegare su forme di "concretezza" operative che hanno lasciato campo aperto al nuovo revisionismo. Col risultato che oggi ci troviamo di fronte a una subalternità dei comunisti dentro la sinistra che schiaccia qualsiasi possibilità di riorganizzarci.

Siamo dunque dell’opinione che a Firenze occorra mettere al centro del nostro lavoro il rilancio di un impegno teorico e di produzione scientifica che, senza concedere nulla all’intellettualismo, fornisca ai compagni gli strumenti adeguati per la lotta politica.

3. Le priorità operative. I comunisti non possono limitarsi a creare forum di discussione, ma nel momento in cui pongono problemi di organizzazione o di riorganizzazione e di presenza politica sono spinti a questo da esigenze che nascono dal contesto dello scontro con il nemico di classe.

Ebbene, da questo punto di vista ci sono due esigenze prioritarie per i comunisti e che ne rappresentano il banco di prova della capacità di essere effettivamente un'avanguardia rivoluzionaria. Queste esigenze si chiamano lotta all’imperialismo e direzione dello scontro di classe. Anche qui si tratta di uscire dai proclami e di sapersi misurare concretamente con le questioni sul tappeto.

L’imperialismo, compreso quello italiano, continua a produrre guerra e nuovi progetti militari, come inarrestabile prosegue la marcia contro ogni forma di garanzia sociale dei lavoratori e di contenimento delle forme di sfruttamento. La presenza dei comunisti si richiede innanzitutto su questo terreno dove forme di neocorporatismo di stampo cobasista e formulazioni generiche contro la cosiddetta globalizzazione mascherano l’esigenza di una vera lotta antimperialista e di resistenza nel cuore vero dello sfruttamento capitalista.

Anche qui si tratterà, a Firenze, di uscire dalla retorica dell’operaismo e dell’antimperialismo a parole e di vedere come una presenza politica comunista sia in grado di attivare progetti comcreti che non solo forniscano indicazioni vere di lotta, ma sappiano coniugare azione e strategia e, quindi, far emergere nel vivo delle contraddizioni la presenza comunista.

A partire da queste due esigenze fondamentali si tratterà di evitare di rinchiuderle dentro uno schematismo di impostazione, come direbbe il compagno Amata, che escluda il contesto idelogico e ambientale in cui questo scontro avviene. Per essere espliciti bisogna dire che c’è necessità di aggiornemento dell’approccio che tenga conto del rapporto guerra imperialista e ‘diritti umani ‘ come del rapporto tra produzione, sfruttamento, ambiente e risorse. Bisogna in sostanza evitare una dicotomia tra elementi centrali dello scontro e forme di imposizione dell’egemonia dell’imperialismo e dello sfruttamento.

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