Da Stalingrado all'Ossezia

Considerazioni per la sinistra imperialista

Ebbene, sembrava che il barile della disfatta non avesse fondo e invece in Ossezia è accaduto quello che pochi si aspettavano. La macchina georgiana oliata da isreaeliani e americani per liquidare la popolazione dell'Ossezia del Sud e avanzare nel Cucaso ha trovato il suo punto di crisi e la sua disfatta. I russi di Putin hanno puntato i piedi e l'esercito georgiano si è dissolto.

Certamente non esiste una proporzione tra quello che è accaduto a Stalingrado contro i tedeschi e il confronto militare in Georgia. Nel primo caso la sconfitta ha riguardato le poderose forze militari naziste, nel caso della Georgia non era possibile comparare l'esercito russo con quello giorgiano. Eppure la risposta russa alla provocazione georgiana assume un valore strategico che avrà ripercussioni di fondo nei rapporti di forza internazionali, come avvenne con la resa tedesca a Stalingrado.

Consideriamo brevemente i fatti. Prima dell’attacco georgiano e della risposta russa l’area era considerata pronta per entrare nel progetto Nato e UE che prevedeva per la Georgia e soprattutto per l’Ucraina un ingresso del tipo di quello realizzato in Europa dell’Est con un accerchiamento completo della Russia. Ora questo obiettivo ‘occidentale’ diventa molto problematico.

Non vi è dubbio, poi, che l’occidente e in particolare gli USA hanno dovuto subire uno scacco diplomatico che non è stato certamente coperto dalla buona volontà europea di arrivare al cessate il fuoco e dalle tardive e inutili dichiarazioni americane. Quando si gioca a poker e l’avversario va a vedere, bisogna avere le carte per vincere. Gli europei hanno dimostrato che lo scontro con la Russia non è utile e praticabile, aldilà del chiasso prodotto dai paesi vassalli dell’Europa orientale. Soprattutto gli americani hanno dimostrato di non poter improvvisare una guerra globale.

Tutto ciò, come abbiamo detto, modificherà il clima mondiale, ma non nel senso di resuscitare una nuova guerra fredda. Ciò che si può prevedere è che il governo ‘globale’ preteso dal club dei 7 dovrà fare i conti con interlocutori del calibro della Cina e della Russia (e non solo).

Siamo a una svolta che chiude il ciclo inaugurato nell’89? Diciamo che si intravede una crisi ’occidentale’ che blocca la grande avanzata a stelle e strisce e si comincia a ragionare su una prospettiva internazionale diversa e più favorevole alle forze antimperialiste.

Queste forze, però, in Italia come in tutto l’occidente imperialista, devono fare i conti con quello che definiamo imperialismo di sinistra e che rappresenta la quinta colonna del movimento contro la guerra. Questo tipo di imperialismo che si maschera dietro il pacifismo generico e qualche volta con le tendenze ‘ultrarivoluzionarie’ fa da interfaccia con le campagne antirusse, anticinesi, antiarabe che vengono condotte dagli organi di informazione al servizio della Nato. Gli esempi nostrani sono giornalacci come il Manifesto e Liberazione.

Le forze antimperialiste diventeranno più forti se sapranno condurre una lotta senza quartiere all’imperialismo di sinistra.

Erregi

17 agosto 2008


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