Strasburgo, ce n'est q'un debut?

La stampa borghese si è dimostrata incerta tra l'estrema pubblicizzazione degli scontri di Strasburgo in occasione del vertice NATO e la riduzione dell'avvenimento a fatto di cronaca nera. Forse il regista si è accorto che le immagini degli incendi e dell'estrema determinazione dei manifestanti potevano provocare un effetto di emulazione. O meglio, qualcuno deve aver pensato che si sarebbe potuta stabilire una connessione tra Parigi, Atene e Strasburgo e da questa connessione si poteva dedurre che il vento della rivolta si estende nella metropoli imperialista europea.

Rapporto da Strasburgo
Rete nazionale Disarmiamoli

Qualche guru dell'economia e dell'opinionismo mediatico ha già paventato in interviste e dichiarazioni che lo scenario non sarà roseo e che l'obamismo, la nuova dottrina della crisi, potrebbe trovare il suo limite nell'innalzarsi dello scontro sociale. Dunque la rabbia cresce e si vede.

I fatti di Strasburgo vanno quindi inquadrati in questo contesto. Certamente oggi i grandi del mondo sono impegnati in una operazione di recupero di immagine e di tenuta economica che cerca di contrastare la possibilità di crisi ancora più profonde e determinare una stabilizzazione al ribasso dell’economia mondiale. Da questo punto di vista la situazione va seguita con molta attenzione e precisione per evitare le improvvisazioni a cui siamo abituati da un certo estremismo ideologico.

In questo contesto però due cose sono evidenti. Primo, che dentro questa crisi si passa da una dimensione internazionale di scontro tra area imperialista e impero del male a una dimensione di scontro interno alla metropoli occidentale che cambia i connotati qualitativi delle contraddizioni. Non c’è quindi da scandalizzarsi se il livello del confronto si alza e anzi, questo è il sintomo della condizione oggettiva e non di derive estremiste.

Secondo, che  la sinistra istituzionale e tradizionalmente movimentista perde la sua capacità di espressione e di rappresentazione, come Strasburgo ci insegna. Le dichiarazioni ‘pacifiste’ di chi aveva sperato in qualche momento di notorietà sono cadute nel nulla e hanno accentuato la estraneità di chi pensa ai recuperi elettorali e non alla lotta vera. Ferrero in testa, che alla vigilia di Strasburgo aveva dichiarato che lui ci sarebbe stato. Nessuno se ne è accorto anche perché questo nessuno avrebbe potuto chiedergli dov’era quando il governo Prodi rinnovava le missioni in Afghanistan.

Erregi

6 aprile 2009


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