LA STORIA RITROVATA
a proposito del libro di Domenico Losurdo su Stalin [*]

Domenico Losurdo, Stalin - Storia e critica di una leggenda nera, Carocci, ottobre 2008

La recensione del libro di Losurdo su Stalin pubblicata su Liberazione [**], per il fatto stesso di essere pubblicata e indipendentemente dal contenuto, ha provocato la sdegnosa reazione di una ventina di giornalisti del quotidiano 'comunista' i quali si sono spinti a dire che anche solo aprire una discussione sull'argomento è puro negazionismo.

Non avevamo dubbi che gran parte della sinistra e molti che si dichiarano comunisti sono in realtà frutto di quella cultura che su una serie di questioni storiche che riguardano le vicende del movimento comunista ha mutuato argomenti e metodi di analisi che derivano direttamente dal pensiero anticomunista borghese. Quella di Liberazione è stata una grave conferma. Se c'è stato un periodo in cui perlomeno si poteva discutere sugli 'errori ed orrori' del '900 comunista ora siamo arrivati al reato di negazionismo. Lo stesso che viene usato per coprire le nefandezze dei nazisionisti.

E' certamente un segno dei tempi, e credo che Domenico Losurdo dovrebbe meditare sul suo assenteismo politico all'epoca in cui Bertinotti, con la complicità del PRC portava il suo affondo per creare le condizioni della nascita del reato di negazionismo comunista. Come diceva Galileo al suo allievo, nel testo teatrale di Brecht, certe verità per avere una portata rivoluzionaria vanno dette al momento giusto .

Non è solo questione di tempi però, ma anche di modi di presentare le cose. E la recensione del libro di Losurdo su Stalin fatta da un certo Guido Liguori sfrutta uno dei punti deboli. Nonostante i clamori suscitati, il recensore non fa veramente capire i contenuti del libro e la sua importanza. Certo, non parte dall’accusa di negazionismo e si azzarda persino a dire che su certe cose Losurdo non ha tutti i torti, ma in definitiva lo accusa di compiacenza giustificazionista verso qualcosa che cozzerebbe contro i sacri principi del socialismo. "Non consola sapere che peggio fece - per fare un esempio - il Regno Unito con gli irlandesi o con i deportati in Australia: ciò che ci si aspetta da un sistema che fa dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo la sua legge non è giustificabile per uno Stato che nasce per combattere tale sfruttamento e tutto ciò che di 'bestiale' vi è nell'umanità". Le comparazioni con le nefandezze altrui, su cui Losurdo insiste molto, sono evidentemente un argomento poco convincente.

In realtà basta seguire il testo per capire l'origine del Gulag nel contesto del processo rivoluzionario iniziato con l'ottobre russo ma, se proprio ci si vuole richiamare ai sacri principi, è il caso di ricordare che Lenin - non un anarcoide qualsiasi - ha scritto un testo contro Kautski che parla della dittatura proletaria nella fase di transizione al socialismo e che il concetto è ripreso nientemeno che da Carlo Marx. Queste cose Domenico Losurdo le conosce molto meglio di noi ed è inutile quindi nascondersi dietro comparazioni con situazioni che dimostrerebbero che il Gulag è esistito a diverse latitudini e con effetti magari peggiori di quelli sovietici. I comunisti non devono fare comparazioni di questo tipo, devono solo riaffermare una scelta che è stata la conseguenza di un processo rivoluzionario che andava difeso, date le circostanze, col ferro e col fuoco. Questo diceva Lenin e questo aveva detto Marx.

Sarebbe stupido però valutare il libro di Domenico Losurdo adottando il criterio del censore emme-elle. L’autore non ha la pretesa di rappresentare un’ortodossia, ma cerca di fare una diversa operazione politico-culturale e non nei confronti di qualche eretico della falce e martello; al contrario, con coraggio e con profonda onestà intellettuale, si misura a proposito di Stalin con il pensiero dominante dei maîtres à penser dell’intellighenzia borghese e lo fa sia rispetto alle scelte politiche di Stalin sia rispetto alle ragioni che lo hanno portato a essere definito un mostro comparabile a Hitler.

Purtroppo questa operazione di demistificazione non sembra ricevere buona accoglienza, e non tanto per l’accusa di negazionismo da parte di un gruppo di giornalisti di Liberazione della corrente Sinistra e Libertà apertamente anticomunista, quanto per i ragionamenti di coloro che in apparenza avrebbero sponsorizzato la recensione. Basta leggere i testi del recensore stesso e la difesa d’ufficio del direttore del giornale per capire di che pasta sono fatti i fautori odierni della falce e martello.

In ogni caso, nonostante la miseria di questa ‘sinistra’ e di questi ‘comunisti’, il libro di Domenico Losurdo ha per noi un grande valore storico e teorico che ci aiuta a recuperare la verità dei fatti e le ragioni stesse dell’operato dei comunisti e di Stalin dopo la morte di Lenin.

Parliamo innanzitutto del recupero della verità storica. Losurdo, sfidando il senso comune ormai acquisito, di destra e di sinistra, demolisce le falsificazioni del famigerato rapporto Kruscev al XX congresso del PCUS. Su fatti importanti come la conduzione della guerra antinazista, il rapporto con le nazionalità, la natura dello scontro politico all’interno del partito bolscevico, le ragioni della radicalizzazione dello scontro sociale dopo la NEP, dimostra che Stalin ha condotto con grande intelligenza ed efficacia le sue battaglie. Perchè dunque tanto livore antistaliniano? Sarebbe il caso di dire: elementare! Dopo la morte di Lenin nel ‘24, a rappresentare il comunismo fu Stalin, il quale non solo riuscì a tenere insieme l’Urss per un trentennio, ma ne seppe fare una potenza industriale, un paese moderno in grado di sconfiggere il nazismo, una macchina da guerra potentissima. E' questa capacità di statista e di rivoluzionario che non può essere perdonata a Stalin che per la borghesia e l'imperialismo rappresentava, più che l'impero del male, una minaccia di avanzata ulteriore del comunismo, come è stato con gli esiti della seconda guerra mondiale e del grande processo di decolonizzazione. E la sinistra occidentale si è adeguata a questa campagna antistaliniana, dimostrando di contribuire alla falsificazione storica. Perchè sia avvenuto questo è il caso di discutere e di indagare.

Qualcuno obietterà che l’attacco a Stalin non è partito solo dai centri di propaganda delle ‘democrazie occidentali’, ma anche dentro il partito bolscevico. Su questo si dimostra assai utile la lettura del libro di Losurdo, che ha avuto il coraggio di sfidare una certa sinistra ‘comunista’ dimostrando in che modo agivano Trotski, Bucharin, Kamenev e soci e quindi quali conseguenze ha avuto il loro comportamento e quale inevitabile esito in un periodo di rivoluzione.

Ma Losurdo non si limita a rivisitare la storia recuperando spazi di verità, ma va più a fondo e inquadra gli obiettivi ‘staliniani’ sostenendo che con Stalin il comunismo ideologico si fa realtà e diventa sintesi di un processo reale in cui il particolare e il generale si coniugano. Essendo un filosofo, Losurdo utilizza abbondantemente Hegel, cosa utile, ci sembra, per aprire la discussione su quella che egli definisce la tendenza ideologico-anarcoide nel movimemento comunista. Tutto ciò apre un discorso molto complesso, che non può essere sottratto a un'attenta valutazione, evitando soprattutto nuovi modelli di riferimento. Quando ci si incammina sul terreno della realpolitik, come ci insegna la fine dell'URSS, nascono nuovi problemi e la via del socialismo è lastricata di svolte repentine. La dialettica tra libertà e necessità, tra movimenti rivoluzionari e obiettivi storici è ancora aperta.

Roberto Gabriele

19 aprile 2009


[*] Stalin. Storia e critica di una leggenda nera , con un saggio di Luciano Canfora, Carocci, pp. 382, euro 29,50.

[**] La recensione, il dibattito su Liberazione e vari altri commenti sul blog di Domenico Losurdo

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