I NODI VENGONO AL PETTINE
Sindacalismo 'di base', siamo alla frutta?

Più che gli stati generali del sindacalismo di base, l'incontro di Riccione è apparso un consulto al capezzale di un moribondo che cerca trovare una via d'uscita per non morire.

Se i compagni e le compagne ricordano, in epoca non sospetta abbiamo denunciato la deriva cui stava andando incontro il settore che nel periodo d'oro della contestazione ai confederali aveva cercato di consolidare un rapporto con la base evitando da una parte l'ideologizzazione del cobasismo e dall'altra l'anarco-sindacalismo degli autonomi.

La nascita dei sindacati di base avrebbe dovuto rappresentare l'uovo di colombo per dare una prospettiva a centinaia di migliaia di persone che avevano intenzione di opporsi ai tradimenti confederali e di difendersi dai padroni, pubblici e privati, a cui era stato dato il via ad una politica di contenimento salariale, di precariato, di modifica delle tutele sindacali.

Quando fondammo le RDB siamo partiti da questa esigenza dando forza a due questioni centrali insite nel progetto. Non fare un ennesimo sindacatino e puntando invece alla rappresentatività erga omes delle decisoni dei lavoratori e delle lavoratrici, coinvolgendoli in una partecipazione al disopra delle sigle e per conquistare i diritti sindacali per i lavoratori e non per le organizzazioni sindacali in modo da poter superare l’ostacolo della 'maggiore rappresentatività' attribuita d’ufficio a CGIL –CISL –UIL.

Questo progetto, di cui rivendichiamo la validità nel contesto in cui è maturato, ha dovuto fare i conti, però, con una realtà che si andava rapidamente modificando proprio nei punti forti della contestazione ai confederali, le fabbriche. Le ristrutturazioni, la cassa integrazione e il decentramento produttivo hanno creato una condizione di assoluta debolezza della classe operaia, resa ancora più evidente dal trasferimento degli impianti all’estero e dal ruolo dell’immigrazione come deterrente.

Nonostante l’evidenza dei fatti, l’ipotesi del sindacalismo 'di base' è stata spregiudicatamente utilizzata col duplice scopo di alimentare un sindacalismo del pubblico impiego e dei servizi che raccogliendo lo storico’autonomismo’ di queste categorie forzasse i limiti imposti dal cambiamento di linea dei confederali che passavano dal corporativismo all’efficientismo e di creare un’altra sinistra istituzionale parallela a DP-PRC.

Per un po’ sembrava che la situazione funzionasse, ma alla lunga il nuovo sindacalismo di base ha mostrato la corda. Non solo perché i settori della produzione industriale non hanno supportato la nuova ipotesi organizzativa, ma anche perché nello stesso settore del pubblico impiego e dei servizi,  nonostante il fumo delle agitazioni, spesso cartacee, e delle scadenze rituali non si è bloccata la contrattualità imposta dai confederali. Ora il brunettismo minaccia di radere al suolo i vantaggi della rappresentatività su cui si basa la rendita del sindacalismo di base nel pubblico impiego. Sembra ora che Riccione abbia aperto uno squarcio sulle mistificazioni del sindacalismo di base, sia quello a versione Cobas Scuola che quello sindacale puro di SDL e CUB.

Una discussione vera? A giudicare dall’inizio sembrerebbe che la confusione regni sovrana e che la linea movimentista che viene scoperta come panacea in realtà ripiega su un calderone che porterà alla liquidazione della vecchia ipotesi del sindacato di base per andare nella notte dove tutti i gatti sono bigi. Cioè il movimentismo senza un retroterra consolidato e con egemonia post-sessantottesca. In fondo si ripete la storia e il destino della sinistra governista.

Erregi

28 maggio 2009


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