L’unità imperialista

Un nuovo 11 settembre, questa volta casereccio, fatto di improvvisazione e di arroganza mediatica, è in pieno svolgimento. Non si tratta del drammatico impatto del crollo delle due torri (e dell’edificio 7 crollato senza essere colpito), ma di un modo nuovo per gestire qualcosa di simile. Una spudorata manovra internazionale per accreditare di nuovo la minaccia islamica in occidente e dispiegare la nuova strategia militare del premio Nobel per la pace, il presidente Obama.

Dobbiamo interrogarci sul perché, dopo tanti discorsi sul nuovo clima internazionale, ci si ritrova a dover fare i conti con un rinnovato impegno militare degli americani e dei loro alleati occidentali.

La questione è che con le chiacchiere non si sciolgono i nodi internazionali. L’Afghanistan è divenuto un incubo e il teatro di guerra si è allargato al Pakistan, alla Somalia e ora allo Yemen. La tentazione abbastanza evidente di Obama è quella di arrivare ad una resa dei conti definitiva con la resistenza islamica e magari, al momento giusto, affrontare anche la questione iraniana.

Il progetto, seppure elaborato razionalmente sul piano militare, presenta però molti rischi. La scelta militare degli Stati Uniti, anche se in proporzioni diverse, somiglia all’aggressione anglo-francese all’Egitto, e già allora con la collaborazione attiva dello stato sionista che partecipò all’aggressione. Come è noto l’aggressione all’Egitto pose fine alle velleità egemoniche dell’imperialismo francese e inglese.

Con le prospettive di una nuova fase della guerra, che è l’elemento dominante della situazione internazionale, si pongono anche gli interrogativi su come reagire. L’occidente democratico è immerso nella retorica antiterroristica e quindi segue le indicazioni di Obama. In Italia la musica è la stessa, ma quello che colpisce è l’unità imperialista tra destra e sinistra (non dimentichiamoci che Napolitano è stato il più duro nel dire che in Afghanistan bisogna restare nonostante i morti). Si parla di elezioni regionali e di riforme costituzionali, ma la guerra è assente dal dibattito. La sinistra alternativa si pone il problema di come entrare nel gioco usando l’antiberlusconismo e non si pone il problema della criminalità imperialista dei suoi alleati, sul piano ‘locale’, per ora.

Erregi

6 gennaio 2010


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