Gli assenti ingiustificati

Se si fa eccezione delle comparsate di Paolo Ferrero del PRC in qualche manifestazione indetta da Antonio Di Pietro o dal movimento viola contro Silvio Berlusconi, l'insieme di quello che viene definito 'movimento antagonista', compresa la sua ala 'comunista' si è ben guardato dall’indagare sulla natura dello scontro politico in atto e decidere sul da farsi.

E' vero che c’è stata l’importante intervista del segretario di Rifondazione, che ha sfiorato il ridicolo quando si è detto pronto a sostenere una coalizione antiberlusconiana purchessia, quando in campo c’erano forze di ben altro calibro che non avevano certo bisogno di Ferrero. L’appello è rimasto dunque inascoltato.

Ma non è  questo il punto. La questione è capire il significato dello scontro innescato in Italia da Berlusconi e, aggiungiamo, dalla Lega e la natura delle forze che lo contrastano. Da sempre abbiamo sostenuto che l’avventura berlusconiana non è un un pranzo di gala, ma l’uscita allo scoperto delle forze più reazionarie, criminali e razziste che vivono nella società italiana. E queste forze andavano prese sul serio fin dall’inizio per le conseguenze che hanno prodotto e continuano a produrre.

Così non è stato. Il PD ha cercato di evitare lo scontro con Berlusconi tentando di trascinarlo sul terreno della cosiddetta politica, finchè il cavaliere non ha rovesciato il tavolo costringendolo alla difensiva. Ci sono voluti i Di Pietro, i Travaglio e soprattutto Scalfari a lanciare il guanto di sfida e dire le cose come stanno, mentre il presidente della Repubblica si cullava nel mestiere di cerchiobottista.

Che il PD per sua natura non avesse la consistenza di una opposizione a un governo reazionario come quello di Berlusconi eravamo in molti a pensarlo e a denunciarlo. Ma lo scandalo, se così si può dire, non stava tanto nel comportamento politico del PD quanto nelle forze ‘antagoniste’ e di movimento. Le quali, invece di diventare la punta avanzata di un movimento antifascista e antirazzista, si sono trastullate nella ricerca di un rilancio elettoralistico per riconquistare una presenza nelle istituzioni e ricrearsi una nicchia.

Nondimeno i fautori dell’unità dei comunisti, invece di ritrovarsi in piazza come nel luglio ’60, organizzano convegni e confronti unitari illudendosi che così facendo si possano dare segnali di riscossa. Il paradosso è che, così facendo, ci si ritrova alla coda degli avvenimenti pur ritenendosi avanguardia del proletariato e della rivoluzione.

Erregi

8 marzo 2010


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