Vota Antonio?

La battuta è ripresa da un celebre film di Totò, ma nel nostro caso riguarda le elezioni regionali del 28/29 marzo. Anche in questa occasione si è riproposta la questione se votare o meno e non tanto per il giudizio sulle liste del centro-sinistra che per noi è scontato e negativo, quanto per la questione Berlusconi. Non abbiamo mai sottovalutato il significato dell'ascesa in Italia di un governo piduista, mafioso e fascistoide e per anni abbiamo polemizzato con chi, a sinistra, tendeva a sottovalutarne la portata. Poi però abbiamo conosciuto il governo D'Alema e quello Prodi, due governi di guerra e antioperai e abbiamo capito di che pasta è fatto l'antiberlusconismo di maniera, quello che spinge le forze popolari e di sinistra a turarsi il naso e a votarlo.

Anche stavolta il gioco viene riproposto dagli stessi protagonisti, dal PD e dalla sinistra governista. Dal partito democratico non c'è da aspettarsi un cambiamento di rotta sulle questioni di indirizzo economico e di politica internazionale. La guerra continua, Israele è un nostro stretto alleato e la crisi economica si combatte con un'ipotesi di neocorporativismo produttivistico. La sinistra governista, responsabile della collusione con D'Alema e Prodi, cerca di rilanciare l'ipotesi di una rappresentanza istituzionale, ma sappiamo che è solo un espediente per rientrare nel gioco e fare la sinistra del centrosinistra. Quindi?

Quindi cerchiamo di scartare in partenza le invocazioni di quelli che chiedono, senza un'analisi seria, l'unità antiberlusconiana e mettiamoci nell'ottica di vedere, senza romanticismi anarchicheggianti, la posta in gioco.

Certamente tutti noi abbiamo l'interesse a combattere e rovesciare il governo Berlusconi e quello che rappresenta, ma come questo deve avvenire e in vista di che cosa bisogna discuterlo e mettere dei paletti.

Non possiamo, in primo luogo, accettare la ripetizione dell'esperienza Prodi. Questo aprirebbe la strada ad esiti fatali. Ed è quello che invece si prospetta. Ma allora come si scioglie la contraddizione tra la necessità di rovesciare il governo Berlusconi e il giudizio sulle forze che egemonizzano l'opposizione antiberlusconiana?

In verità la questione non è elettorale, ma di indirizzo strategico. Come è possibile pensare che il voto delle regionali possa determinare una situazione qualitativamente nuova? Quali sono le condizioni soggettive che portano a credere in una cosa del genere, se non c'è stato neppure un sussulto popolare come nel luglio '60 di fronte a nefandezze come quelle a cui abbiamo assistito col governo di centro-destra? Con la manifestazione di piazza del Popolo del 13 marzo, il clima di unità nazionale che entusiasma   tanto gli antiberlusconiani di sinistra si è ricreato in toto con tutti i suoi equivoci. Quindi non ci rimane che dire 'vota Antonio'. Il tempo dei discorsi nuovi non è ancora venuto.

Erregi

16 marzo 2010


Ritorna alla prima pagina