Si può trasformare l'astensione in un movimento politico?

Quando si parla di astensionismo si usa quasi sempre la parola disagio o, nella versione classica, qualunquismo. Stavolta c'è stata più attenzione, perchè l'astensionismo ha colpito sia a destra che a sinistra. Quindi non solo i partiti ne hanno dovuto tenere conto, ma il fatto assume una valenza particolare. Se ha votato circa un italiano su due (se si contano anche i circa 10 milioni di schede nulle o bianche), esiste alla base del fenomeno qualcosa di nuovo che va colto.

Due elementi in particolare. Uno consiste nel fatto che l'elettore poteva optare sia a destra che a sinistra e circa il 50% non l'ha fatto, il che dimostra che è stata una scelta consapevole contro l'attuale sistema dei partiti. Il secondo elemento scaturito dal non voto è che i richiami 'rivoluzionari' - vedi la miserabile vicenda della Federazione della Sinistra e dei partitini messi in piedi dai trotskoidi - non hanno alcun effetto.

Queste le considerazioni di partenza, ma quella centrale riguarda le motivazioni vere del non voto. Rimanere alla constatazione che c'è sfiducia evidente verso la politica e non mettere in evidenza che dietro il non voto ci sono gli effetti sociali della crisi vuol dire non capire i veri caratteri di novità. La gente è stufa delle chiacchiere e vuole vedere i fatti, che ovviamente non vengono. Tutte le soluzioni prospettate dai partiti ruotano attorno alla cosiddetta ripresa economica e attorno a questo discorso c'è la scure dei parametri internazionali che impediscono una sostanziale modificazione della condizione sociale. Il futuro è buio e la gente non vota.

Ebbene, in questo contesto è possibile inserire un'indicazione di prospettiva che ci faccia vedere un panorama meno buio? Al tempo delle ultime elezioni politiche e fino alle ultime regionali ci siamo impegnati in una campagna astensionista che aveva come obiettivo di colpire le soluzioni alternative al berlusconismo basate sul 'meno peggio'. Ci siamo opposti a queste scelte ben conoscendo il significato del cosiddetto 'voto utile' e dei suoi effetti mistificatori. Purtroppo la logica gruppettara e cialtronesca dell'astensionismo ideologico non ha permesso di partire dalla sconfitta del PRC per andare avanti.

Ora la situazione impone di ragionare sul fatto che, liquidate le soluzioni di ripresa elettoralistica a sinistra, si può definire una proposta che coinvolga decine di milioni di non elettori in un progetto di movimento astensionista che coscientemente si rifiuti di partecipare al rito dell'alternanza e metta il re a nudo, presentandogli il conto, cioè un programma su cui misurare le novità.

In questo modo usciremmo dagli asfittici rituali di certa opposizione, che non ha ancora capito che l'imbroglio del voto è ormai scoperto, e ci connetteremmo invece a quelle decine di milioni di persone che, non votando, hanno dimostrato di essere ben più avanti. E' paradossale dirlo, data l'entità delle cifre, ma non lasciamole sole.

Erregi

4 aprile 2010


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