Il dopo Berlusconi

Per quanto sia stato capace di catalizzare, sostenuto da un solido blocco di destra, l'attenzione del paese imponendo la sua logica di uomo forte e determinato, l'attuale capo del governo appare un pugile suonato alla fine della sua avventura. La sua caduta è solo questione di tempo. Essa però non sarà frutto di quella che si accredita come opposizione parlamentare, ma di altri fattori e in particolare è bene citarne due.

Parliamo innanzitutto del primo. L'ascesa di Berlusconi, seppure è stata facilitata dallo stato confusionale del centro sinistra e dagli effetti della politica del governo Prodi, ha trovato uno schieramento di opposizione, di fatto extraparlamentare, che ha suscitato vaste adesioni. Le campagne giornalistiche e televisive contro la criminalità al potere hanno lasciato il segno e se non c'è stato un nuovo luglio '60 ciò è dovuto all'inesistenza, meglio dire inconsistenza della sinistra che non ha saputo incanalare la rabbia che stava crescendo. Una rabbia che sarebbe dovuta uscire dai limiti del giornalismo e farsi battaglia di piazza. Comunque questa forte opposizione, nelle forme in cui si è potuta manifestare, c'è stata ed ha avuto in Di Pietro, in Scalfari e nel quotidiano il Fatto i suoi riferimenti.

Stupidamente la sinistra, compresa quella che si definisce radicale, ridotta al lumicino, pretende di negare questo dato e incita ad andare oltre l'antiberlusconismo, ma per andare oltre bisogna costruire una forza che sia in grado di aprire altre prospettive, ma soprattutto non si possono saltare le tappe. Comunque dov'è questa forza?

Mentre Berlusconi, ed è questo il secondo fattore della sua crisi, stava programmando l'accerchiamento e la liquidazione dell'opposizione giornalistica e del movimento di ribellione civile si è aperto un altro e più importante fronte sulle questioni economiche e di politica sociale che hanno portato lo scontro nel cuore del blocco elettorale della destra facendo crollare la favola del buon governo che lo teneva unito.

Il decreto anticrisi ha messo in evidenza di che pasta è fatto l'impegno sociale della destra. E Marchionne ha fatto il resto. Il segnale della crisi politica sta nei dati dell'astensione e del voto nullo. Essa ha raggiunto il 46% dell’elettorato e accompagna la perdita di credibilità del governo della destra. Quello che rende problematica  la svolta  però è il discredito di cui gode il PD come forza di alternativa e il vuoto esistente alla sua sinistra. E allora? Allora aspettiamoci una palude da cui nasceranno soluzioni di ricambio che andranno nella direzione di una gestione 'pulita' della crisi fatta di alchimie politichesi che aumenteranno il distacco tra la gente e il potere.

Su questo distacco bisogna lavorare per costruire l’alternativa impedendo in primo luogo che l’antiberlusconismo di facciata serva da paravento alle nuove logiche di lacrime e sangue.

Erregi

30 giugno 2010


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