Una buona notizia:
forse il quotidiano Liberazione chiude

I giornalisti e il personale tecnico-amministrativo di Liberazione, quotidiano semi-clandestino del PRC, hanno scioperato per due giorni. L'avvenimento non ha avuto grande eco, anche se la solidarietà a chi da settembre non riceverà lo stipendio è doverosa.

Ma la questione non può essere giudicata da questo punto di vista. Bisogna considerare alcune altre e fondamentali questioni di natura politica che riguardano il quotidiano del PRC, a partire dai dati sulla diffusione. Quelli ufficiali ci dicono che le copie vendute oggi sono 4.000 (dato che potrebbe essere sovrastimato) e che negli ultimi tempi è stata persa il 50% della tiratura. Questo vuol dire che la 'sinistra' a cui gli editori di Liberazione ritengono di potersi rivolgere non dimostra interesse per un quotidiano che non ha nessuna funzione e che nel passato se l'ha avuta è stata certamente negativa.

Ricordiamoci del ruolo che Liberazione ha avuto in passato. Nel periodo dello splendore bertinottiano il quotidiano è stato un devastante veicolo di anticomunismo, basato sulla definizione del ventesimo secolo come il secolo degli 'errori ed orrori' del movimento comunista.

Si può avere solidarietà per un quotidiano siffatto? Un altro fattore importante nel ruolo di Liberazione è stato l'imperialismo di sinistra che si è espresso infinite volte, dall'assunzione del cliché del ‘terrorismo’ islamico e di Al Qaeda alle critiche ad Hamas, a Cuba, ovviamente al governo iraniano, fino al sostegno alle invasioni della Somalia promosse dagli USA e ai loro governi fantoccio.

A proposito di imperialismo, ricordiamo anche l’episodio emblematico della mancata pubblicazione (a pagamento!) della pubblicità dei nostri quaderni sul sionismo. Il direttore di allora, giustamente chiamato da Fulvio Grimaldi Sionetti e non Sansonetti, alla sola idea che si potesse mettere il sionismo sul banco degli imputati, magari anche col conforto di autorevoli pensatori ebrei, fu preso dalle convulsioni.

Un’ultima considerazione su come gli editori concepiscono il ruolo del giornale. A gran voce si richiede che lo Stato continui a finanziare la 'stampa indipendente’, dal Manifesto a L’Unità, passando per il Foglio e il Riformista perchè in questo modo si garantirebbe la libertà di stampa. Ma davvero si garantisce la libertà di stampa finanziando giornali che non hanno lettori e alcuni dei quali servono da corredo all’informazione di sistema?

E allora viene da dire, buonanotte Liberazione.

Erregi

5 agosto 2010


Ritorna alla prima pagina