IN INDIA OBAMA TENTA LA SORTITA
riuscirà a rompere l'accerchiamento?

Il quadro internazionale in cui si sviluppano le contraddizioni di questo mondo globalizzato non è certamente stabilizzato. I teatri di guerra sono ancora molto ampi, e domina la politica tenace con cui i protagonisti della scena tentano di mantenere le loro posizioni. Però, come abbiamo avuto occasione di dire più volte, un salto qualitativo è stato compiuto sotto l'effetto delle sconfitte militari USA e sotto la pressione delle vicende economiche della crisi e del cambiamento dei rapporti di forza a favore dei paesi emergenti. Il mondo non è più unipolare. Gli Stati Uniti stanno perdendo quell'egemonia che avevano conquistato con la seconda guerra mondiale e rafforzato col crollo dell'URSS. Di questo ormai c'è una consapevolezza certificata dai dati dell'economia e dal nuovo corso dell'economia mondiale. Produzione, cambi e caduta del dollaro, costituzione di nuove aree geopolitiche ci mostrano una realtà ben diversa dagli anni di Bush. La bestia, però, è ferita ma non domata e tenta una reazione che a volte è disperata. Cerca di uscire dalla crisi economica manovrando al ribasso sul dollaro e creando problemi ai paesi che contano, Europa compresa. Soprattutto cerca di uscire dall'accerchiamento strategico in cui si è cacciata. Il viaggio di Obama in India è stato concepito in questo senso. Un’operazione di sfondamento in Asia per far fronte alla forza egemonica della Cina nei rapporti internazionali, quasi ad imitare la Germania di Hitler dopo Stalingrado, quando cercò con la grande battaglia di Kursk di cambiare le sorti della guerra, senza riuscirci. L’India in questa condizione di difficoltà rappresenta per gli Stati Uniti un'ancora di salvezza contro il ridimensionamento della condizione di superpotenza. Conquistare come alleato strategico un paese in forte crescita economica e con un miliardo di popolazione può, appunto, significare mettere un argine all’avanzata cinese. E’ possibile che l’operazione riesca? Non è facile, ma ci provano. Contemporaneamente Obama cerca di riorganizzare le fila del fronte occidentale, anche se su questo deve pagare un prezzo. A Lisbona il vertice NATO  è servito per dire ai partners degli americani: 'cerchiamo una strategia comune inter pares che salvaguardi gli interessi comuni'. Non più sfida ad Est dunque, ma coinvolgimento anche russo nello scudo missilistico per avere una condivisione contro i nuovi nemici della civiltà imperialistica occidentale. Il nodo afgano è diventato quindi la cartina di tornasole della nuova alleanza: continuare la guerra per dimostrare che l'alleanza è pronta a battersi contro i barbari islamici e la potenza cinese. Quanto è forte questa strategia? In ogni caso essa rappresenta un pericolo serio che le forze antimperialiste devono affrontare per mettere in crisi un governo multipolare a conduzione NATO. La questione dell'imperialismo sta sempre al primo posto nell'agenda del movimento rivoluzionario.

Erregi

21 novembre 2010


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