12 aprile: continua il gioco dell'oca
ma anche la battaglia contro il movimentismo

Sarebbe stato inutile, alla vigilia della manifestazione indetta dai 'movimenti' per il 12 di aprile, ripetere la giaculatoria sul carattere di una scadenza che sembrava, o meglio era concepita, come un minestrone.

Ora però che l'evento si è consumato e i protagonisti si stanno leccando le ferite e meditano sulle ragioni della sconfitta, vale la pena di riprendere l'argomento. In piazza c'era di tutto, dal NO-TAV al NO-MUOS, al job act, alla casa, alle bandierine dei partitini che portano il verbo alle masse, agli avversari della gabbia europea, ecc.. Insomma il solito calderone che serve a coprire lo scadenzario del 'movimento' che cerca di bucare l'attenzione per dimostrare di essere vivo.

Ma come nel gioco dell'oca, dopo tante scadenze si torna al punto di partenza, come appunto è avvenuto il 12 aprile. Poca partecipazione e molta confusione politica.

Il tono polemico di questa nota, però, non riguarda tanto la voglia di scontro coi personaggi che danno vita a forme di kermesse politica, quanto la necessità di proseguire una battaglia alla quale abbiamo dedicato molto impegno in questi decenni, registrando anche qualche successo. Una battaglia che ha avuto come riferimenti organizzativi e di classe il Movimento per la pace e il socialismo, l'organizzazione proletaria, la fondazione internazionale Nino Pasti e il sindacalismo di base, le Rdb.

Negli anni cruciali della controrivoluzione post '89,il nostro debole vascello è stato travolto dalla portata mondiale degli avvenimenti e dal rafforzarsi del trasformismo di 'sinistra' interno ed esterno a noi. La rifondazione bertinottiana e cossuttiana ha portato i settori di tradizione comunista verso la catastrofe, mentre il tessuto di classe ha subito una lacerazione e una disgregazione profonda. E anche noi ne abbiamo subito le conseguenze in termini di riflusso verso la capitolazione degli elementi più deboli.

Da questo marasma sono tornati a galla, com'era prevedibile, i fautori delle terze vie, quelli che rifiutano l'organizzazione di classe, quelli che non stabiliscono nessi profondi tra il proprio essere oggi e la storia del movimento comunista, quelli che pensano che la lotta di classe si riduca ad un corteo, quelli che usano esperienze generose per creare etichette socio-politiche per camparci sopra. Ma la situazione oggettiva, come il 12 aprile dimostra, non lavora a favore di questi protagonisti di una rivoluzione di cartapesta. Le prospettive di guerra, il ruolo dell'UE e dell'Italia di Renzi, la crisi economica che impoverisce milioni di persone e rende sempre più pesante lo sfruttamento dei lavoratori, rimettono all'ordine del giorno la costruzione di qualcosa di diverso da ciò che si è espresso nel corso della manifestazione di cui stiamo parlando. Riteniamo difatti che riprendere il cammino non sia un atto di volontarismo, ma un'esigenza che nasce da dati oggettivi. Attorno a questa ripresa stiamo lavorando, cercando di individuarne le basi di classe e la strategia politica.

Come abbiamo fatto nel post-sessantotto non faremo appello all'unità della 'sinistra' e all'unità dei 'comunisti'. Non ci sono oggi comunisti da unire e una sinistra da rilanciare. Semmai, col letamaio sedimentato da queste esperienze occorre concimare la nuova fase, in cui nuclei di classe e una nuova forza comunista che sappia interpretare in modo dialettico e rivoluzionario la realtà potranno definitivamente seppellire il movimentismo che si morde la coda.

Erregi

15 aprile 2014