TERRORISMO E IMPERIALISMO
il corto circuito dell'occidente

Dopo i fatti di Nizza, di Monaco e di Turchia e prima ancora con la marea dei profughi, è ormai evidente che l'onda lunga delle guerre innescate dai paesi occidentali, Europa e Stati Uniti, in vaste aree del globo sta ritornando nella metropoli imperialista. Un'onda che cresce minacciosamente e prelude a sconvolgimenti molto grandi, sia in Europa che negli USA.

La guerra non è più un videogame in cui i giocattoli tecnologici dell'industria militare radono al suolo interi stati e maciullano le popolazioni, una parte delle quali è costretta a fuggire, mentre europei e americani si godono lo spettacolo davanti al televisore. Ora la guerra irrompe in Europa e crea tensioni negli Stati Uniti cioè coinvolge i paesi occidentali che da decenni hanno provocato il grande caos.

La situazione, da noi, sta dunque mutando in senso qualitativo. La prima cosa da considerare, da questo punto di vista, è che è entrato in crisi il vecchio contesto in cui si determinava il controllo mondiale sia economico che militare. Fino a poco fa bastavano i G5, 6 o 7 per regolare le questioni. Ora l'area anglossassone, con Trump e con la Brexit, mette in discussione i modelli di collaborazione tra gli stati imperialisti mentre la Germania si ritrova a gestire un' UE monca e immobilizzata e con la grossa incognita della Turchia.

Crisi ecomica e crisi politica si riversano dunque nell'occidente imperialista. Il quale viene travolto dalle ripercussioni di un intervento militare di larga portata che è fallito ed ha aumentato le contraddizioni e le crepe del sistema. Quando l'egemonia americana, che funzionava da collante, è entrata in crisi con gli esiti disatrosi delle guerre americane e NATO, i protagonisti attivi delle partite aperte con le guerre hanno cercato di ridefinire un proprio ruolo sulla base degli interessi in ballo. Sauditi, turchi, curdi, radicalismo islamico (che da pedina pilotata ha poi concepito un autonomo ruolo nell'area mediorientale) sono entrati in ballo, ciascuno secondo i propri interessi. Un esempio anticipatore era stato l'Afghanistan dopo il ritiro dei sovietici.

Oggi le nuove strategie dei paesi imperialisti sono ancora in via di definizione, ma un elemento sta emergendo chiaramente. Dalla guerra infinita contro i cosiddetti "stati canaglia" stiamo passando alla destabilizzazione terroristica degli stati imperialisti, una destabilizzazione che è riconducibile alla guerra scatenata in Medio Oriente. Apparentemente lo scontro oppone vecchie e consunte democrazie imperialiste al terrorismo. In realtà come il caos in Medio Oriente ha permesso alle armate occidentali di rientrare in gioco dopo Afghanistan e Iraq, magari con l'aiuto dei curdi, ora anche il terrorismo, con tutte le sue ambiguità, fa parte della strategia. Serve a giustificare il controllo militare delle metropoli e, con il compattamento ideologico delle popolazioni europee e americane, a proseguire le guerre e passare dal controllo dell'economia all'economia di guerra.

Aspettiamoci dunque la nuova stretta e soprattutto prepariamoci a definire gli strumenti di difesa, liberandoci anche dell'egemonia della sinistra imperialista che in questo contesto si prepara alla Union Sacrée. Serve un'organizzazione politica che sappia leggere e reggere i prossimi avvenimenti che riproporranno una necessità di trasformazione rivoluzionaria del panorama mondiale e soprattutto europeo. Senza interrompere il corto circuito guerre-crisi economica-repressione, non si va da nessuna parte. 5Stelle, Podemos e simili non possono rappresentare un'ancora di salvezza. Se vogliamo dirla con Marx, sembra proprio che siamo arrivati al punto in cui i rapporti di produzione entrano in crisi e si apre un'epoca di rivoluzioni.Questo è il tema su cui ricostruire un punto di vista comunista.

Aginform
23 luglio 2016