Che cos'è realmente
lo sciopero generale del 21 ottobre

Come è tradizione del movimento, la ripresa autunnale è occasione per scendere in piazza e manifestare su tutto e mettendo assieme tutte le questioni politico-sociali su cui si discute.

Il 21-22 ottobre la tradizione si rinnova con la proclamazione di uno 'sciopero generale' e con la convocazione di una sorta di Leopolda in piazza, dove degli speakercorner (testuale) parleranno delle varie questioni.

Gli obiettivi della manifestazione, aldilà delle specifiche articolazioni, sono due. La democrazia e il referendum del 4 dicembre e la politica antisociale del governo Renzi.

Tutte e due le questioni sono ovviamente di estrema importanza, tanto che sicuramente molte migliaia di persone sentiranno il bisogno di esprimersi e scendere in piazza. Ma, aldilà di questa legittima esigenza, è bene rapportare l'iniziativa del 21-22 alla sua efficacia pratica. Intanto sul referendum e sulla riforma costituzionale. Improvvisamente il tema della scadenza del 4 dicembre è diventato il centro della manifestazione. C'è da domandarsi: come mai l'esigenza di aprire un fronte sul referendumda parte di un settore della sinistra italiana, quella definita 'di movimento', è venuta solo a ridosso della scadenza elettorale? Eppure lo scontro nel paese è aperto da mesi e finora a gestirlo sono stati i comitati del NO, i 5Stelle, i Brunetta e Salvini e i malpancisti alla Bersani. Il movimento dov'era in tutto questo periodo, come si è organizzato per la battaglia in corso, quale valore effettivo ha attribuito all'obiettivo?

Le domande sono puramente retoriche, dal momento che sappiamo che coloro che annualmente si ritrovano in autunno a sfilare si muovono secondo la ben nota logica: il movimento è tutto e la strategia è niente.

Questo conferma la sostanziale subalternità di questo tipo di movimento rispetto allo scontro reale su cui non riesce ad incidere se non con le cronache di un giorno.

Negli ultimi anni anni a questa regola hanno fatta eccezione solo due lotte, quelle dei NO-TAV e del NO-MUOS, condotte con molta generosità e con la partecipazione delle popolazioni direttamente interessate. Proprio la natura politicamente 'precaria' del movimento ha impedito però che la TAV e il MUOS diventassero qualcosa di qualitativamente diverso nel panorama italiano.

In questo contesto diventa ancora più singolare che a promuovere l'iniziativa del 21-22 ottobre siano state strutture che, pur definendosi sindacalismo di base, hanno firmato l'accordo confindustria-confederali del 10 gennaio 2014 sulla rappresentanza che è la negazione dei principi su cui il sindacalismo di base è nato. Non solo, ma gli stessi promotori dello 'sciopero generale' sono anche firmatari dell'accordo sindacati-governo che riduce a quattro i comparti del pubblico impiego annegando così non solo la possibilità di rappresentanza sindacale dei pubblici dipendenti, ma anche la difesa dei rapporti di lavoro dalle manipolazioni ministeriali.

Sarebbe il caso dunque che finalmente si scendesse in piazza anche con striscioni del tipo NO ALL'ACCORDO DEL GENNAIO 2014 e NO ALL'ACCORDO SULL'ACCORPAMENTO DEI COMPARTI NEL PI !

Anche questa è difesa della democrazia e della Costituzione. Oppure no?

Manifestare è sempre utile, ma che almeno non si imbroglino coloro che scendono in piazza.

Qualcosa va detto anche sugli 'scioperi generali' indetti dal sindacalismo di base, compreso quello del 4 novembre che si configura come una scelta minoritaria e autoreferenziale.

Tutti sappiamo qual'è la situazione nei posti di lavoro e nelle categorie. Basti pensare al fatto che nel Pubblico Impiego dopo otto anni di blocco contrattuale non c'è stata risposta dei pubblici dipendenti e che dopo l'approvazione della legge sulla buona scuola e nonostante la grande mobilitazione dei mesi precedenti, lo sciopero del sindacalismo di base, effettuato separatamente dalle varie sigle, ha coinvolto il 3% del personale scolastico. Tutti sappiamo che la riforma Fornero e il Jobs Act non hanno trovato risposta, come anche i grandi processi di riforma della pubblica amministrazione, precarizzazione, decentramento, delocalizzazione di questi ultimi anni. Certamente affrontare questi processi non è cosa facile, ma perchè mistificare e non affrontare i problemi reali e rifugiarsi in scelte di movimento che non chiariscono il ruolo e la natura delle forze in campo, dando l'impressione che si parli per tutti mentre si lavora solo per interessi di bottega?

Aginform
20 ottobre 2016