Dibattito sulle prospettive di Aginform

Roberto Gabriele risponde ad Alessandro Mazzone

Caro Mazzone,

non ti rispondo ufficialmente, ma personalmente. La scelta di Aginform come foglio di corrispondenza tra compagni mi impone di rispettare le regole.

Mi sembra che tu abbia colto perfettamente un dato. Dopo l'89, quelli che si ritenevano ancora comunisti dovevano capire in che modo continuare ad esserlo. Questo chiarimento andava fatto non solo nei confronti dei gruppetti 'rivoluzionari' preesistenti all'evento, ma anche e sopratutto verso i 'rifondatori' del comunismo o i continuisti che ancora occupano la scena senza aver risposto agli interrogativi che le vicende storiche hanno posto. La cosa riguardava tutti quei compagni che, non identificandosi con il 'nuovo' comunismo, si ponevano il problema del 'che fare?'.

Giustamente dire 'il comunismo è morto, viva il comunismo' è troppo riduttivo. Qualcuno ci ha provato, ma non ha risolto la questione di prospettiva. Noi diciamo, e mi sembra di capire che tu sei d'accordo su questo, che la risposta al quesito sta nella dinamica storica su cui i comunisti riescano a  ridefinire una loro egemonia come è accaduto nell'800 e nel 900.

La questione è su quali punti questo può avvenire. Il dibattito deve concentrarsi su questo. La questione delle 'reti', aldilà del giudizio su quelle esistenti, rappresenta un escamotage metodologico che non ci fa fare passi avanti. E se non abbiamo fatto passi in avanti è perché, da una parte, non siamo riusciti a individuare bene questi punti e dall'altra perché la devastazione culturale e teorica  rappresenta la base oggettiva delle difficoltà.

Come dire, è il serpente che si morde la coda. Finora i tentativi di uscirne ci hanno portato all'Ernesto e dintorni. Cioè a scoprire l'acqua calda, che è la madre di tutti gli opportunismi. E attorno a questa esperienza sono ruotati tutti i progetti del comunismo 'critico' senza cavarne un ragno dal buco. Ti ho inviato il testo di Preve perché mi sembra che egli ha il coraggio almeno di dire le cose come stanno senza partire dai tradizionali parametri che hanno sempre rappresentato il comunismo 'critico' occidentale. Quali sono questi parametri? L'analisi dei processi produttivi, cioè la comprensione di come il capitale sviluppa la sua dinamica nell'epoca attuale, senza rendere politico e storicamente determinato un progetto comunista che sappia agire in modo rivoluzionario oggi.

Dobbiamo dire, e personalmente mi sono sforzato di esprimerlo in questi anni, che le vicende post '89 non potevano permettere di capire immediatamente il da farsi. Certo, c'era la guerra imperialista e l'ondata anticomunista, ma da questo a individuare una strategia di ripresa ce ne passava. Mi sembra che i processi storici ci insegnano che la ripresa debba essere costruita su basi reali, di analisi e di proposta politica. Mi sembra che molti abbiano scambiato la ripresa con il social forum o con la 'disobbedienza' politica o col sindacalismo di base. Che c'entra questo con le questioni che abbiamo davanti e su cui si sta arenando anche l'esperienza di Aginform? Credo molto poco.

Mi permetto quindi di esprimere quelle che sono le esigenze irrisolte su cui i comunisti dovrebbero misurarsi.

55 numeri di Aginform hanno tentato di produrre un risultato significativo su queste basi. Non ci siamo riusciti. In che cosa abbiamo sbagliato? Quali sono i limiti oggettivi che ci hanno impedito di andare avanti? E' questa la discussione che a mio parere andrebbe fatta .Col contributo di tutti quelli che sono interessati .Mi rivolgo ai comunisti 'sparsi' più che alle reti.

Cordialmente

Roberto Gabriele


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