Il gioco dell'oca azzera l'opposizione. Che fare?

Agli inzi degli anni '90, dopo la trasformazione del PCI in PDS è ricominciato il grande gioco dell'oca a sinistra. Usciti di scena, per consunzione o per conversioni varie, i partitini cosiddetti extraparlamentari, sul palcoscenico si sono presentati i "rifondatori del comunismo", naturalmente non quello becero e improponibile della Rivoluzione d'Ottobre e della Terza Internazionale, bensì quello purificato dagli "orrori ed errori" dello stalinismo. Come fosse una moda politica ricorrente, gli orfani del comunismo si sono ritrovati nella nuova esaltante avventura verso un "altro mondo possibile".

Al gioco ci sono stati tutti. I direttori d'orchestra paracadutati nel nuovo partito per prenderne le redini e gli eterni dissidenti che hanno dato vita a correnti e sottocorrenti "rivoluzionarie" che asserivano di lavorare per rafforzare il carattere comunista e di classe della nuova formazione che nel frattempo si è duplicata per una diatriba di poco conto come la guerra in Jugoslavia.

Dopo anni di forti discussioni e manovre, le nuove formazioni "comuniste" si sono ritrovate in un governo neocentrista, con la prospettiva di essere travolte da un'ondata di ritorno della destra.

Errare è umano, ma ciò che è più sorprendente è che, a conti fatti, i fautori del nuovo comunismo e i loro critici di sinistra, invece di capire gli errori, hanno accettato il principio della governabilità e ritrovato l'unità di tutti sulla prospettiva di un nuovo partito della sinistra europea di stampo nettamente socialdemocratico.

Se ci può essere di consolazione, possiamo dire che sin dall'inizio noi avevamo capito di che pasta erano fatti i rifondaroli e le loro varie articolazioni e non abbiamo partecipato ai festeggiamenti. Questo non ha impedito però che, come nel gioco dell'oca, si è ritornati al punto di partenza, senza una vera opposizione di sinistra e comunista e con la prospettiva di doverci subire la demagogia di qualche scheggia trotskista trasformata in minipartito, per la gioia dei rivoluzionari non più in grado di fare il comodo entrismo nel PRC.

Allora è il caso di prendere atto di quanto è avvenuto e di chiedere a tutti i compagni e le compagne che vivono di residui idealismi ideologici, o che scelgono sempre il meno peggio per non andare fino in fondo nelle cose, di pensare seriamente al che fare. Le vie brevi sono frutto di imbrogli o di logiche buoniste e, nel migliore dei casi, portano al movimentismo, che è la panacea della subalternità politica e dell'impotenza.

Parafrasando Garibaldi del "qui si fa l'Italia o si muore" dobbiamo dire che per gli imbroglioni della sinistra "antagonista" non ci sono più alibi. O si crea una forza politica vera, o il gioco dell'oca continua.

Erregi
13 marzo 2007


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