Un'equazione a due incognite

A proposito di una discussione sulla proposta di Giulietto Chiesa,
aperta da una nostra precedente nota e dagli interventi di Eros Barone e Amedeo Curatoli

"Un'equazione a due incognite". In questo modo il compagno Eros Barone definisce , in un intervento su Aginform, il rapporto che scaturisce da una duplice necessità posta dalla situazione attuale. In sostanza il compagno Barone dice che una proposta come quella di Giulietto Chiesa di costruire una forza politica e sociale che sia autonoma e alternativa al centro sinistra, compresa la sinistra cosiddetta radicale, ha senso se contemporaneamente si capisce in che rapporto sta questa proposta con la strategia dei comunisti. L'impostazione del discorso è sicuramente corretta, ma rischia di essere solo virtuale. Dov'è la forza comunista che sa manovrare tatticamente la situazione? Per questo a volte ci dobbiamo limitare a valutazioni specifiche, fermo restando che rimaniamo 'settariamente' legati a posizioni strategiche comuniste.

Nello specifico. Innanzitutto premetto che le considerazioni fatte da Aginform sulla proposta di Giulietto Chiesa erano un commento a una questione politica di attualità nel contesto della sinistra e delle posizioni che al suo interno emergono, e non l’accettazione di una proposta. La valutazione positiva che si dava era dunque sui contenuti e sulla presa di distanza non solo dal centrosinistra, ma anche dalla cosiddetta sinistra radicale e dal ceto politico corrotto che la caratterizza.

Necessariamente, però, la discussione impone anche una valutazione più complessiva, per evitare confusioni che possono generare equivoci. E’ da un po’ di tempo che andiamo dicendo, da comunisti, che quella sinistra antiberlusconiana che esprime coerenza con le posizioni sostenute fino alla vigilia della costituzione del governo di centrosinistra deve non solo interrogarsi sulle prospettive, ma anche portare avanti rapidamente un processo di profonda e non occasionale differenziazione da quelli che hanno trasformato una vittoria su Berlusconi in una Caporetto della sinistra. Qualcuno come al solito sostiene: "noi l’avevamo detto!" Dimentica però che i comunisti,se hanno una tattica devono poterla impostare per raccogliere le forze reali che partecipano allo scontro.

In questo contesto abbiamo messo in evidenza da alcuni mesi che le grida bernocchiane e cobasiste, emulate anche da altri 'radikalen', non hanno respiro, ma si dimostrano subalterne al quadro politico. E questo ci sembra un compito dei comunisti oggi. Quindi, il nostro era ed è un invito non solo a tracciare un solco, quanto più profondo possibile con i rifondaroli di vario genere, ma anche a prendere le distanze da posizioni come quelle che i trotskomovimentisti  hanno riproposto il 15 aprile a Roma e cercare di riaprire i giochi da anni bloccati dal PRC e dagli altri ‘radicali’. Ovviamente questa battaglia ha diversi possibili scenari e la trasformazione della sinistra non omologata e dei suoi riferimenti sociali dipende da come le posizioni comuniste agiscono nel contesto.

Ma dove sono i comunisti organizzati che hanno voglia e capacità di fare vere battaglie politiche? Per risolvere l’equazione che ci propone Barone bisogna avere un punto di riferimento, senza il quale non si può trovare la soluzione.

Per quanto mi riguarda ho coscienza di questa impotenza, che di fronte agli avvenimenti presenti e futuri è drammatica, ma questo non mi impedisce di ragionare su come le cose andrebbero affrontate. Questo è anche uno stimolo ad agire per risolvere le equazioni e per evitare quella caricatura delle ‘lettere da lontano’ che ci propone il compagno Curatoli.

Erregi
19 aprile 2007


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