Nudi alla meta

Da una postazione sicuramente settaria cerchiamo di commentare il via vai di allestimenti di cantieri che stanno concludendo un ciclo politico di cui  si stanno tranciando le ultime radici storiche.

Non mi occuperò del cantiere più importante, quello del Partito Democratico, non perchè non meriti una seria considerazione. La riorganizzazione di uno dei principali partiti della borghesia italiana, al di là delle simpatie o antipatie politiche che suscita, è un fattore oggettivo, anche se esso nasce sulle ceneri di quello che fu il PCI, il che ovviamente chiarisce anche ai più 'politichesi' rimasti a sinistra il senso delle feroci polemiche 'antirevisioniste' che hanno attraversato questi ultimi decenni.

La vicenda che ci riguarda più da vicino però è quella del cantiere della sinistra. Qui qualcosa mi viene da dire ai 'compagni' che hanno vissuto i tormenti delle rifondazioni comuniste. Cari 'compagni', come si spiega che un movimento di 'comunisti' si trasformi, opposizioni interne comprese, in un movimento di ricostituzione di un partito dichiaratamente socialista, cioè socialdemocratico? Mentre sul primo cantiere le premesse c'erano tutte per arrivare al Partito Democratico, meno scontata era la deriva sul cantiere di quelli che amavano chiamarsi comunisti. C'era qualcosa che non avevamo capito? Intanto cominciamo con la conta: quanti 'comunisti' cambieranno casacca? Non dubito che saranno molti, in forma diretta o indiretta, perchè in questo secondo caso dovremo considerare quelli del discorso "abbiamo famiglia", abituati cioè a inventarsi mille forme di attività sussidiaria per mantenersi dentro il sottogoverno o a gestire protagonismi che diano il senso di una dialettica fasulla tra moderati e radicali, su cui poi guadagnarci sopra.

Se questa è la dimensione del fenomeno dobbiamo ammettere che non ci troviamo di fronte a tradimenti specifici. Qui smotta definitivamente e con grande evidenza una storia 'antagonista' di alcuni decenni. Cosa rimane in piedi? Direi poco o nulla, se si fa eccezione di qualche conato trotskista. Sparisce, intanto, l'ingombrante rappresentazione di come dovrebbe essere il comunismo e finalmente si parlerà di sinistra e di socialismo, cioè di nuova socialdemocrazia, anche se il termine è demodè e si usano dei sinonimi più moderni. Anche i movimenti dovranno adeguarsi perchè se chi alza la voce dovrà fare i conti con la polizia, gli altri dovranno, come sta accadendo ora, essere subalterni alla grande politica, quella che garantisce il pane a tutti. A quella melassa che rimane da questo grande rimescolamento spetterà il ruolo di rappresentare  quell’area dei ‘movimenti’ che serve all’equilibrio politico costituito.

Quello che andiamo ripetendo da mesi è che bisogna continuare a bastonare il cane caduto nell’acqua, cioè gli ernestini residuali, i trotsko-movimentisti ecc. che rappresentano il cascame delle grandi manovre socialdemocratiche e nient’altro. Ogni progetto alternativo dovrà essere verificato alla luce della serietà delle intezioni e dell’immagine organizzativa.

E i comunisti? Farebbero bene, quelli seri, a porsi il problema di quale ruolo svolgere in questa nuova situazione. Mimetizzarsi nel mucchio, come fanno certi compagni, non giova.

Erregi

24 aprile 2007


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