Una buona notizia: nelle ultime elezioni il PRC ha perso il 60% dei voti
parola di Leonardo Masella del CPN del Partito della Rifondazione

Nell'articolo pubblicato da Liberazione sabato 14 luglio, Leonardo Masella, esponente di spicco della corrente ernestina del PRC, ci dà notizia che nelle recenti elezioni amministrative il suo partito ha perso il 60% dei voti. Una buona notizia dunque per tutti quei compagni e quelle compagne che da mesi si stanno battendo contro quella 'sinistra rivelata' di cui si parla diffusamente nel libro di Badiale e Bontempelli (vedi la nostra manchette nella colonna di sinistra) e il quale, a nostro parere, costituisce una sorta di 'manuale popolare' adatto a vaccinarci dai tentativi di coinvolgimento, elettorali e di altro tipo, nella logica del meno peggio.

I risultati dunque si vedono e bisogna insistere. Insistere su che cosa? Su una battaglia dura che abbia il suo asse su due punti principali. La linea rigorista alla Quintino Sella di Padoa-Schioppa e le scelte di guerra del governo Prodi.

Del primo punto si parla molto, mentre della politica di guerra del governo si parla meno e questo non è certamente un bene. Certo di Afganistan si è parlato, ma già da alcuni mesi la questione è archiviata, non certamente nelle cronache dei massacri, bensì sulle responsabilità.

Soffermiamoci dunque un momento sulla politica di guerra. Un governo di centrosinistra non ha solo votato per il mantenimento delle truppe in Afganistan, ma ha compiuto scelte che possiamo definire di guerra strategica. Osservava giustamente Raniero La Valle in una conferenza tenuta recentemente a Vicenza [leggi il testo], che il raddoppio delle base americana non ha una valenza quantitativa, ma qualitativa, dal momento che il destino di questa struttura è quello di rispondere coi bombardieri strategici nel corso di una guerra atomica. Se a questo si aggiunge che a Cameri si è deciso di costruire gli F35, bombardieri strategici e a Napoli componenti di cargo militari, ne scaturisce che questo centrosinistra è impegnato scopertamente nella preparazione delle prossime guerre, in particolare quelle atomiche.

Il crollo elettorale del PRC è il segno che molti non si sono fatti coinvolgere dalla demagogia della sinistra governista e che si prepara la resa dei conti finale. Alla quale dobbiamo lavorare tutti e non solo nell’area degli addetti ai lavori, cioè di coloro che normalmente fanno politica in vario modo, ma nella più vasta platea di coloro che hanno associato la sconfitta di Berlusconi con un vero cambiamento di linea.

Alla luce dell’esperienza di più di un anno del governo Prodi vasti settori di questa platea si sono accorti che il cambiamento non c’è stato e sono semplicemente disgustati. Molti sono pronti a non votare, altri però possono essere coinvolti nel recupero della destra, qualcuno, più debole, penserà ancora all’appiglio del meno peggio. Bisognerà lavorare perché si costruisca una sorta di muraglia cinese tra il popolo delle lotte e della sinistra dei valori e la sinistra governista e filomperialista. A questo proposito si legga il paginone di Liberazione dedicato alla Somalia dove, su suggerimento di Patrizia Sentinelli che se ne occupa, si parla della conferenza di conciliazione nazionale in un paese occupato dalle baionette etiopi, dagli americani, dalle forze di intervento africane.

Di fronte alla crisi della sinistra governista, alcuni gruppazzi già si leccano i baffi pensando che sia giunto il momento del loro rilancio partitico, mentre a sinistra si prepara qualche elettoralistica operazione basata su quelli che, parafrasando Follini, possiamo definire i 'comunisti di mezzo', cioè coloro che, basandosi su una fraseologia da marxologi, cercano di creare una sponda allo smottamento della sinistra radicale. E il gioco si ripeterebbe, all’infinito, come dimostrano le cronache di questi decenni.

A nostro avviso invece, sfruttando la situazione favorevole, bisogna non solo arrivare alla liquidazione di quella cloaca a cielo aperto che è ormai la 'sinistra radicale', ma impostare anche un discorso di movimento politico che si dialettizzi con quei vasti settori che si distaccano dal centro sinistra, superando la logica del movimentismo e del gruppettarismo. Un obiettivo difficile, ma necessario da raggiungere.

Erregi

16 luglio 2007


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