Guerra di posizione e guerra di 'movimenti'

Anche il 9 novembre ha avuto i suoi eroi, decine di migliaia di persone in corteo e due milioni di scioperanti, oltre le più rosee previsioni, scrive Bernocchi a nome dei Cobas nel suo comunicato.

Contestare cifre e argomenti non serve, come anche ripetere i discorsi già fatti sui cattivi maestri che da quarant'anni a questa parte giocano a fare i comunisti di mezzo o gli alternativi per poi alimentare le schiere della nuova socialdemocrazia o, spesso, dei pentiti.

Oppure, se vogliamo parlare di contenuti, inutile ripetere che certe logiche politiche si possono definire come 'il programma del giorno dopo', cioè di mobilitazioni per protestare contro l'ultimo negativo avvenimento o l'ultima finanziaria.

Potrà menare scandalo accanirsi contro lavoratori in lotta e definirli 'quelli del giorno dopo', ma la colpa è non nostra bensì di chi non verifica l'efficacia della propria azione e i risultati conseguiti.

Il fatto che non si vada alla verifica la dice lunga sul clima politico dei 'movimenti'. Cioè quello che conta è apparire, essere visibili 'politicamente', accumulare una merce da contrattare. Difatti che senso ha per chi lotta veramente raccontare la balla, ad esempio, dei cinquantamila in corteo a Milano, quando in realtà c'erano il 9 novembre appena duemila persone? Chi inganna chi e perchè?

Rompere questa logica di guerra di 'movimenti', analizzare il contenuto sociale e l'obiettivo vero di questi movimenti è questione antica che ci portiamo avanti dal '68, a partire dal quale movimenti reali vengono ritualizzati e gestiti politicamente creando ipotesi politiche fasulle.

C'è voluto Bifo, un 'interno' ai movimenti, per mettere in chiaro su Liberazione che sulla base di certi comportamenti si arriva a sbocchi diametralmente opposti.

Uscire da questa logica è dunque necessario e la nostra polemica mira a mettere in chiaro, senza problemi concorrenziali immediati, che c'è bisogno di una svolta. Questa svolta si chiama 'guerra di posizione' cioè stabilire un nesso diretto tra discorsi e obiettivi e risultati concreti. Quello di cui abbiamo bisogno è la capacità di individuare un terreno in cui si possa effettivamente incidere sui processi che si vogliono contrastare.

Per fare questo, però, abbiamo bisogno di livelli organizzativi, di gestioni politiche, di analisi concrete che diano senso ad un progetto di lotta vero. La guerra di 'movimenti' non ci porta a questo. Solo la guerra tenuta realmente su posizioni di classe, su obiettivi antimperialisti, su alternative al governismo della sinistra, può aprire una fase nuova. Il resto è un rito scontato e inefficace.

Erregi

12 novembre 2007


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