I toni e la chiarezza

Il compagno Aldo Bernardini che sappiamo impegnato in importanti battaglie in difesa del movimento comunista si è indignato per il modo in cui Amedeo Curatoli ha considerato, nei suoi articoli, il progetto del Centro per la transizione costituitosi a Napoli dopo un convegno ad hoc.

L’articolo del compagno Bernardini, aldilà di certi toni polemici che non è utile raccogliere, è fondato su due elementi centrali. Con il primo si accredita l’ipotesi che il Centro sulla transizione sia contiguo alle nostre posizioni. Il secondo sul fatto che le critiche al compagno Andrea Catone sono assolutamente infondate o perlomeno di poco conto, per cui polemizzare diventa un’operazione strumentale che sottende altre cose.

E’ vero questo? Ovviamente si possono avere opinioni diverse su ambedue le questioni, ma non si può definire un delitto di lesa maestà un giudizio diverso espresso dal compagno Curatoli. Già altre volte abbiamo avuto occasione, anche col compagno Bernardini, di discutere e polemizzare. Ad esempio sul voto o sul referendum sull’art. 18. Anche qui abbiamo sottolineato che non c’erano delitti di lesa maestà, ma discussione aperte tra comunisti che non avendo un partito a disposizione cercano di misurarsi per definire una posizione comune. Ed AGINFORM, come è stato più volte spiegato, è un foglio di corrispondenza comunista e non un organo di partito. La discussione, dunque, è nelle cose.

Mi sembra che la prima divergenza sia sul fatto se le posizioni del Centro in questione siano contigue alle nostre. Qui non bisogna confondere le ottime posizioni di Bernardini, Chiaia, Dubla, Holz (che abbiamo riportato per primi in AGINFORM), Gossweiler, espresse nel convegno di Napoli, che non sono solamente contigue ma interne, con l’impostazione di questo Centro e la metodologia da esso adottata. Diciamocelo francamente, in questa fase in cui Bertinotti sta tentando di mettere fuorilegge i comunisti col discorso degli errori e orrori del ‘900 c’era bisogno di un centro che indagasse sulla transizione o non piuttosto di una risposta decisa dei comunisti che riproponesse il valore dell’esperienza comunista, anche attraverso un’indagine documentale e scientifica, intendendo con questo termine non una ricerca per tesi di laurea, ma un approfondimento sul percorso rivoluzionario dei comunisti e sulle difficoltà di realizzazione del socialismo? A mio parere, se svista c’è stata, essa è da attribuire proprio al compagno Bernardini che, accontentandosi di quello che passa il convento, ha ritenuto che quello che c’era era meglio di niente. Ovviamente questo non implica una guerra santa, ma una discussione aperta. Ma a ben vedere, quello che passa il convento non è poi cosi anonimo come il compagno Bernardini crede. Trattandosi di persone che hanno una posizione professionale e culturale nota, quando affermano certe cose non sono compagni che sbagliano, ma compagni che vogliono farci accettare posizioni e ambiguità che non ci rafforzano. E qui rimando ai miei ‘improvvidi’ articoli per non ripetermi aggiungendo solo, trattandosi di una iniziativa che parte da Napoli, che accà nisciuno è fesso.

Se alcuni di noi, anche se in modo diverso, considerano certe ambiguità frutto di una tendenza precisa che vuole dare, nella ricostruzione della storia del movimento comunista, un colpo al cerchio e una alla botte, rendendo più debole la battaglia contro gli anticomunisti di sinistra, non bisogna menare scandalo. Soprattutto perchè non è casuale che anche coloro che ‘ricostruendo’ la storia del socialismo riconoscono certi risultati, li collegano con difficoltà alla direzione rivoluziaria del partito bolscevico sotto la direzione di Stalin. Per capire certe critiche occorrerebbe aprire un dibattito su questo. Ma rischierei di fare la fine di Curatoli.

Quanto poi alla posizione del compagno Catone, mi sembra che sia lo stesso Bernardini a metterne in evidenza le contraddizioni. Questo non significa che il compagno Catone sia il peggiore dei nemici. Tutt’altro. Tant’e che il titolo dell’articolo di Curatoli era: il socialismo imperfetto del compagno Andrea Catone. Ma su questo cito lo stesso compagno Bernardini il quale sostiene nell’articolo di risposta a Curatoli: ‘Certo, alcune considerazioni finali di Catone, pur basate su nuclei di verità, ma a mio parere espresse in modo inadeguato, lasciano perplessi. Così quella per cui la pianificazione staliniana non è modello assoluto: banalmente vero, perchè modelli non si danno, ma dunque affermazione superflua e quindi dannosa, quasi una presa di distanza, una excusatio non petita laddove si sarebbe dovuto sottolineare l’insegnamento permanente che se ne ricava, l’intransigenza e al tempo stesso l’adattabilità alle condizioni reali e alle prospettive nonchè ai rischi incombenti che la vincente linea staliniana comportò. Lo stesso vale per l’altra asserzione, quella sul revisionismo, mi pare non felicemente formulata.....’.

Sarebbe un far torto all’intelligenza del compagno Catone pensare, come sostiene il compagno Bernardini, che affermazioni di quel tipo siano forse sfuggite di penna. Tra l’altro è bene ricordare che il compagno Catone è il coordinatore del Centro sulla transizione e non un semplice collaboratore. Il compagno Bernardini sostiene che tutti gli equivoci sono nati proprio dalla scelta del nome di centro sulla transizione, tant’è che egli dice che non vi è stata sufficiente riflessione e su questo ha forti riserve. Ma è un caso che siano passate certe definizioni e non altre? A questo punto, abbassare i toni e fare chiarezza mi sembra una necessità.

Roberto Gabriele

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