La Russia di Putin secondo Il Manifesto

Il Manifesto del 14 marzo scorso è tutto un proclama contro Putin. Si va dal "molta politica e poca etica" del servizio di Astrit Dakli a una noterella sui sistemi ABM di difesa missilistica, da cui si desumerebe che russi o americani è sempre la stessa storia: Anche Mosca prepara il suo scudo antimissile [...] Con gli stessi argomenti usati da Washington per l'installazione di un radar nella Repubblica Ceca e di una batteria di 10 missili in Polonia, Mikhailov ha difeso il progetto russo perché «non è un'arma offensiva ma difensiva». Passando naturalmente per la Cecenia: «La situazione in Cecenia è del tutto inaccettabile», «Via il segreto sugli orrori» e via denigrando. Ma la parte più sublime è la "Lettera aperta a Putin" di Predrag Matvejevic, pubblicata con risalto a partire dalla prima pagina. Dopo aver addebitato a Putin tutti gli omicidi avvenuti in Russia ecco qualche perla di Matvejevic:

Dalla Lettera aperta a Vladimir Putin
Predrag Matvejevic
Il Manifesto, 14 marzo 2007


Signor Presidente,

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Mi sembra indegno - vorrei aggiungere - il sostegno dato ad alleati politici quali sono lo stalinista Aleksandar Lukashenko o il tiranno Ramzan Kadyrov; riproverevole prendersi gioco della sovranità di paesi confinanti, in particolare dell'Ucraina; ed è sospetta l'ambizione di restituire alla Russia lo status di «grande potenza» con tutto ciò che tale termine sottintende.

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Dopo tutte le disgrazie abbattutesi sulla Russia all'epoca dell'Unione Sovietica mi sbalordì la dichiarazione da Lei fatta al Parlamento federale nell'aprile del 2005: disse che «lo sfacelo dell'Urss» era stata «la più grande catastrofe geopolitica del Ventesimo secolo». Una catastrofe che, Lei sosteneva, aveva portato alla «distruzione dei vecchi ideali, allo scioglimento e alla distruzione improvvisa di molte istituzioni», uno sfacelo nel quale «gruppi di oligarchi hanno conquistato un potere illimitato (...), mentre la miseria di massa è stata accettata come regola e si è giunti alla paralisi della sfera sociale». Quali sono questi «vecchi ideali» distrutti, se non quelli che lo stalinismo aveva già distrutto nel peggiore dei modi? Tanti di noi hanno condiviso questi ideali...

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Chi conosce la Russia e la sua storia, chi ha conosciuto l'Unione Sovietica e la sua realtà non si aspettava certamente che la transizione sarebbe stata rapida e facile, che le trasformazioni sarebbero avvenute senza difficoltà e senza ostacoli. E tuttavia non potevano credere che, dopo tutto, la popolazione della Russia sarebbe piombata in una miseria ancora più nera di quella conosciuta al tempo dell'Unione Sovietica, che la Russia sarebbe arretrata tecnologicamente rispetto ad altre potenze industriali, che la privatizzazione in Russia avrebbe assunto l'aspetto di un saccheggio generalizzato dei beni pubblici e che le disuguaglianze sociali si sarebbero approfondite in proporzioni inammissibili, abissali, che in un paese così immenso e così ricco di risorse naturali, qual è la Russia, la durata media della vita umana sarebbe scesa al di sotto del livello medio di tutti gli altri paesi dell'Europa. Ci saremmo attesi un graduale affermarsi della democrazia ma non la continuazione della dittatura, che fu dei tempi passati, non soltanto dei tempi sovietici.

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Molti di noi hanno l'impressione che anche un oligarca della grande finanza qual è Hodorkovski non sia stato rovesciato dal piedistallo e confinato in Siberia per aver accumulato illecitamente troppo denaro - e certamente non è l'unico - ma per aver finanziato e sostenuto i partiti di opposizione qual è «Jabloko», il quale critica i detentori del potere come lo criticavano i giornalisti che sono stati ammazzati. Non so se i suoi consiglieri l'hanno sufficientemente informata del fatto che nel mondo c'è gente che ama la Russia, ma non chiude gli occhi di fronte a ciò che vi accade, riflette sulla situazione e ne scrive. Non ci è sfuggita la ferocia della repressione in Cecenia, giustificata come risposta al terrorismo islamico, che nel Caucaso è più spesso una conseguenza piuttosto che una causa.

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Abbiamo visto come è stato sventato il tentativo dell'Ucraina di attuare delle riforme, e in quale modo sono stati messi a tacere Juschenko e la Timoscenko. Ho avuto l'occasione di incontrare Gorbaciov in Italia e in Spagna, al World political forum del quale lui è presidente ed io uno dei soci: mi sono accorto che il promotore della glasnost Vi teme ed ha perciò deciso di rinunciare a qualsiasi critica relativa alla situazione attuale, critica che invece la perestrojka permise di lanciare in altre direzioni.

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L'autoritarismo non ha portato fortuna alla Russia, Le politiche da grande potenza l'hanno distrutta. Il potere esercitato che tuttora esercita su altri paesi e popoli l'hanno coperta di vergogna. Sono convinto che Lei e i suoi collaboratori sa bene queste cose.

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