Idee chiare sullo stato di Israele

A sinistra si è riaccesa la discussione sul taglio da dare alla questione palestinese e alla solidarietà che si sta sviluppando a livello di massa.

In particolare l’attacco è concentrato sulla paura che solidarietà con i palestinesi si confonda con l’antisemitismo e con la voglia di distruggere i "legittimi" interessi all’esistenza dello stato d’Israele.

Attraverso questa operazione di messa in guardia si vogliono far passare contenuti che mascherano la realtà che sta dietro il conflitto arabo-israeliano e il carattere della repressione contro i palestinesi.

A questo riguardo e aldilà di quelle che potranno essere le soluzioni determinate dai rapporti di forza, alcune verità devono essere riaffermate con grande determinazione nel corso della battaglia politica che stiamo conducendo.

Innanzitutto la questione dello Stato d’Israele. Dire che questo stato fantoccio deve esistere e deve essere garantito nella sua esistenza è riconoscere la legittimità di una operazione di espropriazione della terra palestinese da parte dei fautori internazionali del progetto sionista, un progetto che nel corso di questi decenni si è intrecciato strettamente con gli interessi imperialisti e in particolare con quelli statunitensi nello scacchiere mediorientale. Quindi, la "legittimità" dello Stato d’Israele nasce unicamente dalla congiunzione di un interesse della diaspora ebrea a realizzare un progetto neocoloniale con l’appoggio dell’occidente e degli USA in particolare. I due popoli di cui si parla devono essere definiti per quello che sono. Gli ebrei israeliani sono dei coloni espropriatori della terra e della patria palestinese, così come lo furono i coloni bianchi della Rhodesia e del Sudafrica nei confronti di quelle popolazioni. Nessuna concessione deve essere fatta dunque all’idea di due popoli coinvolti nella tragedia della guerra. Da una parte ci sono forze coloniali e imperialiste e dall’altra un popolo, il palestinese, che subisce l’aggressione e il genocidio. E questa realtà non può essere contradetta neppure se gli aggrediti dovranno subire le condizioni del vincitore. Cioè due popoli, due stati.

Quanto all’etichetta di antisemitismo che viene attribuita a coloro che combattono il sionismo e la sua avventura neocoloniale, essa serve a mascherare e coprire il contenuto dell’aggressione. Coloro che vogliono effettivamente sostenere la giusta causa palestinese non possono che combattere tutte quelle forze interne allo stato di Israele e quelle sparse per il mondo che lo sostengono. E’ antisemitismo questo? Certamente no e quindi non bisogna cadere nella trappola del ricatto storico sull’olocausto. Semmai la strumentalità di questo riferimento nuoce proprio agli ebrei e li espone a rischi di nuove avventure antisemite.

A conclusione di questa nota, vogliamo aggiungere che anche sulla questione del terrorismo bisogna dire parole chiare e forti. Nello scontro in atto noi vediamo solo una politica di genocidio, quella d’Israele e una eroica e legittima resistenza, quella dei palestinesi, che si esprime nelle forme determinate dalla sproporzione dei mezzi. Tra i palestinesi non ci sono terroristi, ci sono solo dei martiri.

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