LETTERA AI COMPAGNI

Cari compagni,

avrete avuto sicuramente modo di leggere i quattro numeri di AGINFORM usciti fino al mese di luglio. Il prossimo numero verrà spedito a settembre. Coerentemente all’impostazione del FOGLIO, riteniamo utile sollecitare un dialogo diretto con quelle che ci appaiono come realtà comuniste consolidate, o sarebbe meglio dire sopravvissute ai vari sconquassi di questi anni.

Ci rendiamo conto, sulla base anche delle informazioni in nostro possesso sui tentativi falliti di dialogo e/o di unificazione degli ultimi tempi tra vari gruppi, che lo sviluppo di processi unitari è molto arduo e certamente a noi non interessa la riproposizione di un ipocrita ecumenismo che non approderebbe a nulla di nuovo.

Sulla base di queste esperienze negative, ci sembra che l’unico approccio possibile, per evitare il mantenimento di una situazione di stallo, sia una discussione trasversale che, superando le vere o presunte contiguità tra gruppi, centri i nodi della discussione e metta in moto una situazione nuova. Quali sono i nodi della discussione possibile? Il primo di questi è una constatazione: i gruppi comunisti di tendenza ml esistenti oggi sono l’unica e possibile risorsa su cui possa, nella fase attuale, poggiare un progetto di riorganizzazione comunista. Ciò va affermato senza nessuna enfasi, dato il livello e le relazioni che caratterizzano queste realtà.

Di negativo esiste il fatto che le realtà di cui sopra si dimostrano incapaci di determinare uno sviluppo politico e organizzativo e di influenzare lo scontro politico in Italia. E’ possibile che ci si culli ancora nell’illusione che il proprio recinto politico sia comunque un punto di riferimento, ma se è vero che sono i fatti a dimostrare la validità dei progetti, non possiamo non constatare che la tendenza comunista non solo è minoranza, ma anche e soprattutto è minoritaria, mentre il massimalismo, il movimentismo e il trotskismo dominano la sinistra.

Ci sono ragioni che non dipendono da noi che contribuiscono a determinare questa situazione (la crisi del movimento comunista internazionale e la cultura della borghesia di sinistra), ma nonostante questo i confini in cui siamo costretti vanno ben al di l à delle condizioni oggettive. La responsabilità è dunque anche nostra e deve essere attribuita a vari fattori che qui di seguito riassumiamo:

1) la riduzione a fraseologia apodittica dei principi e della teoria comunista;

2) la mancanza di analisi della situazione oggettiva in rapporto alla potenzialità di sviluppo della forza politica dei comunisti;

3) la mancanza di una tattica e di una strategia basati sulla verifica nella realtà dei risultati prodotti;

4) la deresponsabilizzazione nel rapporto tra obiettivi dichiarati e risultati raggiunti, accettando che siano le dichiarazioni di principio a dare sostanza alla azione politica.

Senza voler strumentalizzare i recenti avvenimenti relativi alla guerra contro la Jugoslavia e la pericolosità del progetto mondiale delle forze imperialiste per costruirci uno stato di necessità e reclamare quindi l’unità dei comunisti, questi fatti rendono comunque urgente l’apertura della discussione sui nostri limiti e su un progetto di presenza comuinista in Italia con forti e validi legami internazionalisti. Il nostro non è, data la situazione, un progetto di unificazione affrettato, ma un tentativo di aprire varchi dentro una situazione chiusa e rendere possibile una presenza comunista che non sia di pura testimonianza. Ci auguriamo che, contrariamente al passato, l’impazienza rivoluzionaria lasci spazio a tentativi più prudenti di approccio alla discussione, senza che questo significhi abiure di percorsi o sottrarsi alla discussione delle questioni che animano il dibattito tra comunisti, e che questo invito alla discussione venga raccolto.

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