Linea Rossa: una voce fuori dal coro

(...) Le battaglie si promuovono quando vi sono le condizioni per poterle vincere. Altrimenti è meglio lavorare per rafforzarsi; in ogni caso non si deve giocare, per i propri interessi, sulla pelle di milioni di lavoratori e lavoratrici.

A conferma di quanto detto riportiamo una parte del nostro comunicato del 4 aprile scorso: "...L’abbassamento di guardia e, soprattutto, la sospensione della mobilitazione, ha favorito l’iniziativa della racolta di firme per il referendum che giudichiamo inopportuna, non certamente rispetto all’estensione della tutela prevista dall’art. 18 per le aziende al di sopra dei 15 dipendenti (la tutela dell’art. 18, infatti, significa difesa del posto di lavoro, rispetto e salvaguardia della dignità di uomini e di donne nei luoghi di lavoro).

Ma inopportuna perchè questa consultazione elettorale non aiuta la classe operaia, i lavoratori e le lavoratrici, come la stessa esperienza del 1985, contro il taglio della scala mobile, insegna: questa scelta referendaria è un errore politico perchè la vittoria del Sì è assai improbabile (considerando che, ad oggi, le forze politiche schierate per il No all’estensione dell’art.18 rappresentano quasi il 90% degli elettori) e sposta la difesa dell’art. 18 dalla lotta al voto, terreno in generale sfavorevole alle masse lavoratrici. Inoltre, una prevedibile sconfitta indebolirebbe l’imponente mobilitazione dello scorso anno (mobilitazione che, comunque, ha ostacolato e rallentato la volontà di padroni e governo di cancellare, una volta per tutte, l’art. 18 e non solo) e renderebbe difficile la possibilità di riaprire la lotta in difesa dell’art. 18.

Le sconfitte pesano negativamente, e in generale scoraggiano e sfiduciano i lavoratori... ". Nello stesso comunicato invitavamo alla più ampia mobilitazione a sostegno del Sì.

La prevista sconfitta, sul piano elettorale, è dovuta alla irresponsabilità dei promotori, peserà negativamente sui lavoratori e dovremo impegnarci affinchè lo sia il meno possibile. Lo stesso presidente di Confindustria, D’Amato, ha prontamente dichiarato: "Con noi il 75% degli italiani che ha dato ragione alle imprese, in maniera chiara e netta". La sua prossima battaglia sarà cancellare definitivamente l’art. 18, oltre a pretendere che le consultazioni elettorali non riguardino più tale materia.

(...) Il tronfio D’Amato sa bene che sul carro dei vincitori sono saliti anche coloro che, a proprio uso e consumo (l’esperienza del referendum a tale proposito è stata utile), hanno diretto la straordinaria mobilitazione in difesa dell’art. 18 (Cofferati e Fassino in primis).

Cofferati disse che l’art. 18 era un diritto indivisibile e universale e pertanto doveva essere difeso. Mai si è permesso, però, un accenno alla sua estensione nelle aziende sotto i 16 dipendenti. Quindi sbaglia chi evidenzia la contraddizione di Cofferati, in quanto l’ex segretario Cgil, con la posizione assunta (l’astensione attiva), è stato coerente con se stesso (nella difesa dell’art. 18 per i propri fini politici), a meno che non si continui a pensare che ai tempi della grande mobilitazione fosse stato fulminato sulla via di Damasco tanto da trasformarsi in strenuo e sincero difensore degli interessi delle masse lavoratrici. La realtà mostra che così non è! (...)

da "La Linea Rossa per l’Assalto al Cielo", numero speciale.

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