Corteo! corteo!

Roberto Massari

5 agosto 2007


Prima che scoppiasse il ‘68, era il nostro modo fondamentale di  differenziarci dal Pci/Psi e dal blocco “riformista”, convinti che un  bel corteo finale, possibilmente animato dallo scontro con la  polizia, fosse il modo migliore di far emergere le contraddizioni di  classe, antimperialistiche ecc. “Corteo! corteo!” gridavamo alla fine dei comizi del Pci/Fgci, oppure  nelle assemblee per il Vietnam o in qualunque altra occasione ci si  presentasse. Alla testa del corteo, poi, ci si metteva chi aveva il  fegato di andare all’assalto per primo e non chi doveva farsi bello  per i fotografi.

Dei maniaci del “corteo, corteo” di allora siamo rimasti in pochi  ancora in circolazione e ancor meno quelli schierati contro il  capitale. Ripensando al movimento a Roma (che però un tempo  condizionava il movimento nelle altre città) non fatico a farvi i  nomi di chi ancora resiste: Piero Bernocchi, Roberto Gabriele, il  sottoscritto e Oreste Scalzone (il quale però non fa testo dopo il  banco che gli cadde... in testa).

Poi venne il ‘68 e cominciammo ad essere in molti a gridare “Corteo!  corteo!”, soprattutto alla fine di quelle estenuanti assemblee in cui  dovevamo sorbirci la sfilata dei leaderini in formazione, quasi tutti  futuri esponenti del fronte carrieristico piccolo-borghese/ antiborghese (ma poi, alla fine, borghese tout court). Lo slogan  s’inflazionò, mentre si scoprivano nuove e più incisive vie di  mobilitazione. Qualcuno di noi cominciò a ricredersi sull’efficacia  di quella forma di lotta. Io fui tra i primi a pentirmi, aiutato  forse dall’overdose di cortei che avevo contribuito a organizzare  dalla morte di Paolo Rossi in poi. Oggi, poi, che vedo l’utilizzo che  la società dello spettacolo fa dei nostri cortei... Beh, insomma,  consideratemi un pentito, ma non collaborazionista. Roberto Gabriele ci ha messo un po’ più di tempo, ma a partire da un  certo momento l’ha capito pure lui e oggi - sulla corteomania - la  pensa come me; Piero Bernocchi, invece, è praticamente l’unico di  quella generazione presessantottesca che insiste ancora, senza  esitazioni. Vedremo fino a quando...

Ma perché, direte voi, queste note nostalgiche, in pieno agosto,  quando le persone sagge stanno in vacanza e si temprano in previsione  delle fatiche “politiche” che le attendono al rientro? Perché la lettura dei giornali in questi ultimi due giorni non mi dà  pace. Nelle orecchie continua infatti a ronzarmi uno slogan  ossessivo, da cui credevo d’essermi liberato: “Corteo! corteo!”. E se mi date il tempo di raccontarvi le cose, forse mi darete anche  ragione.

Ieri, 3 agosto, le prime pagine di Liberazione e il Manifesto  annunciavano un grande corteo per il 20 ottobre, di quelli  politically correttissimi, visto che tra le firme brillavano alcuni  grandi nomi del centrismo (di destra) italiano: Ingrao, la Rossanda,  il Revelli (quello che un paio di mesi fa sembrava aver rotto per  sempre con il carrozzone Prodi: ah, capolavoro di ubiquità...),  Sullo, i soliti Tortorella e Tranfaglia e pochi altri: ma il resto  delle firme oggi è già cominciato a dilagare (Cremaschi, Rinaldini,  Agnoletto e tutto lo stato maggiore dei Forchettoni rossi Prc, Pdci e  Verdi - questa volta, per fortuna, Paolo Cento incluso). Un appello sbalorditivo per l’assenza di critiche specifiche  all’operato del governo Prodi (“l’attuale governo non ancora [errore  di sintassi] ha dato risposte ai problemi fondamentali che abbiamo di  fronte” - tutto qui!), per la genericità delle cose da proporre, fino  al capolavoro di slalom gigante su questioni brucianti con frasi tipo  “vogliamo vedere una via d’uscita dall’Afghanistan” o, meraviglia  delle meraviglie “Per questo, ipotesi come la Tav in Val di Susa  vanno affrontate con questo paradigma” [ma il famigerato  “paradigma” (parola magica di cui tutti si riempiono la bocca senza  sapere cosa sia) non c’è perché la frase prima ci dice solo che  “l’ambiente ha tanti risvolti” e che bisogna definire “nuove basi per  lo sviluppo” fondate sul rispetto del territorio. Punto.]. Vado avanti poi nella lettura dei giornali e trovo che Prodi, in una  lettera originariamente indirizzata ai due quotidiani, scrive: “Per  tutte queste ragioni [che potete immaginare] vorrei davvero che in  autunno vi mobilitaste: nelle piazze, come sui luoghi di lavoro.  Portando sì le vostre istanze, l’orgoglio ‘popolare’, gli stimoli e  naturalmente anche le critiche”. Pure lui... “Corteo! corteo!”.

Con l’appello prodiano ancora nelle orecchie, vado avanti nella  lettura e trovo che Pecoraro Scanio propone una manifestazione (un  corteo, ma preferirebbe un concerto) il 13 ottobre contro il  precariato, a riprova della sensibilità dimostrata recentemente dai  Forchettoni verdi nella questione delle pensioni, dell’occupazione ecc. Ma tutto ciò era solo ieri, perché oggi (sabato 4 agosto) trovo che  Guglielmo Epifani, dopo aver regalato il bel sì della Cgil  all’accordo di governo su pensioni e welfare, invita a sua volta a  manifestare in lungo e in largo per l’intera penisola. Cito dalla sua  intervista al Corriere della Sera: “Ho proposto tre iniziative. Il referendum fra tutti i lavoratori e  pensionati, una manifestazione con Cisl e Uil a favore degli  immigrati e una serie di manifestazioni locali, più una  manifestazione nazionale a Roma a favore dei giovani, in tutti gli  aspetti della loro condizione, inclusa la precarietà”. “Corteo! corteo!”, gridano Prodi, i Centristi autonomi, i Forchettoni  Rossi, quelli Verdi, la direzione della Cgil, le opposizioni di sua  maestà interne alla Cgil... Insomma, l’intero paese sembra non  chiedere più panem et circenses - come faceva accortamente la plebe  romana - ma solo circenses: si vede che di panem ne ha ad abundantiam  oppure non è più la plebe a gridare. Resta il fatto che ci hanno preso proprio per scemi. Evidentemente  qualche nostro comportamento del passato recente deve averli conventi  che ci si può far ballare e sfilare indefinitamente e senza costrutto  alcuno.

Corteo! corteo! E noi che facciamo? Non lo facciamo anche noi un bel corteo? di  quelli “nostri”, però, mica come i loro! Suvvia, non facciamoci  scavalcare su questo terreno che ci ha visti egemoni per un decennio  nella seconda metà del secolo scorso, ma in netta ripresa da Genova  in poi.

Ecco qualche corteo che suggerisco a chi di dovere, ma che non posso  proporre personalmente vista la mia posizione di “pentito anticorteo  non-collaborazionista” (è una nuova categoria politica creata  appositamente per me - magari ci scrivo sopra un libro...)

1) Un bel corteo il 30 settembre (che cade di domenica, quindi lo  anticiperei al sabato 29) per ricordare l’unica manifestazione  antimperialistica al 100% che si sia vista nella storia dell’estrema  sinistra italiana dai primi anni ‘70 ad oggi e che non si è più  ripetuta. Vi ricordo che era contro la spedizione militare italiana  inviata a disarmare Hezbollah in Libano (e contro tutte le altre  missioni). Non vi partecipò nessuna delle correnti che avevano votato  il governo Prodi e che gli hanno poi riconfermato la fiducia con i 12  punti: mi riferisco ovviamente a Sinistra Critica, ma anche a  Cremaschi e vari altri attuali “critici” del governo Prodi - gli  stessi che hanno poi condizionato pesantemente le “nostre”  manifestazioni successive. Sarà però difficile rimettere insieme i  cocci visto che da quel Comitato qualcuno se n’è andato anzitempo,  qualcuno è stato mandato via e qualcuno sta lì a fare il furbo,  fingendo che il Comitato del 9 Giugno sia il proseguimento di quello  del 30 Settembre. Qui, effettivamente, abbiamo un problema. Ma chi so  io troverà sicuramente una soluzione equa e centripeta. L’importante  è che il corteo si faccia.

2) Un altro bel corteo il 9 ottobre (che cade purtroppo di martedì)  per commemorare il 40° anniversario della morte di Guevara. Non inviterei, però, Bertinotti che nella sua visita in Cile ci ha  spiegato che il modello cui ispirarsi non dev’essere più quello del  Che, ma quello di Allende.
E non inviterei tutti coloro che all’epoca della conversione sulla  “non-violenza” (cosa antiguevariana per eccellenza) diedero  apertamente ragione a Bertinotti, oppure gliela dettero in forma  ambigua. I loro nomi li troverete nel libretto pubblicato da  Liberazione (“La politica della non-violenza”) in cui sono raccolti  tutti gli interventi fatti tra la fine del 2003 e l’inizio del 2004:  un libretto molto istruttivo che consiglio di conservare gelosamente,  perché non si sa mai...
E non inviterei quelli che rifiutano di appoggiare apertamente le  Resistenze impegnate a lottare concretamente (e con i loro poveri  mezzi) contro l’imperialismo e il sionismo: il Che, infatti, si  rivolterebbe nella tomba (pardon... nel mausoleo).
E non inviterei quelli che pongono la lotta contro l’imperialismo Usa  al primo posto rispetto alla lotta contro il proprio imperialismo,  perché il Che - pur stando a Cuba - invitava a lottare  internazionalmente contro l’imperialismo francese (Algeria) e quello  belga (Congo), spiegando che la natura di classe dell’imperialismo è  unica su scala mondiale.
E non inviterei tutti i nostalgici dell’Urss (pre o postbrezneviana),  visto che non accettano l’ultimo Guevara, quello che dal 1963 in poi  cominciò a criticare apertamente e in forma via via crescente l’Urss  e gli altri paesi presuntamente “socialisti”, fino ad arrivare a  scrivere di loro, nel 1966: “Se está regresando al capitalismo”. E  ciarlar più chiaro no se podrìa... Ecco, a parte questi, gli altri li inviterei tutti. (Oddio, ma è  rimasto qualcuno?)

3) Un corteo ci vorrà necessariamente il 20 ottobre, sia per non  essere da meno rispetto al corteo di critica/sostegno al governo  Prodi, sia per esprimere la nostra indignazione sul modo in cui si  saranno concluse le primarie del Partito democratico il 14 ottobre.  Sarà anche una bella sfida nel moltiplicare i numeri dei presenti in  piazza: partiti dal x3 noi siamo arrivati a moltiplicare x5. Loro,  che da tempo moltiplicavano x5, dovranno cominciare ad alzare il  tiro: x6? x7?. Sarà comunque una bella sfida, in cui importante sarà  accattivarsi l’orientamento dei giornali e non tanto della Questura  (che poveretta, per la prima volta comincio veramente a  compatirla...). Ripeterei, comunque, l’esperienza del 9 giugno - la  contemporanea - in modo da consentire ad alcune anime belle del  Forchettonismo rosso di fare la spola tra un corteo e l’altro. Questa  volta gli ambifidi potrebbero essere molti più dell’altra volta e  quindi costituire di fatto un corteo nel corteo, anzi un corteo tra i  cortei. Stupendo! Sai come piacerà ai giornali e alle Tv una simile  novità!

Allo scopo di favorire l’andirivieni bisognerà, però, calibrare  attentamente le parole d’ordine in modo da non chiudere troppo la  porta. All’uopo basterà creare nuovamente una commissione ad hoc, con  Cannavò, Cremaschi e, perché no, anche Casarini: avremo così le tre C  del centrismo (un po' di sinistra e un po' sui generis) italiano, una  sigla che certamente colpirà l’immaginazione dei mass-media. (A chi  proponesse di aggiungere Cararo, direi che è meglio non esagerare,  anche se l’idea delle quattro C è tentatrice: ma se ce li giochiamo  tutti nella commissione, chi rimane per approvare l’operato delle tre  C di cui sopra? E poi, che ne sappiamo di ciò che faranno quelli con  la B, con la F o con la G? Staranno sempre zitti e buoni come il 9  giugno? L’istinto mi dice che questa volta non sarà così semplice...) 4) E un nuovo corteo per Vicenza, non lo vogliamo fare? Su, compagni,  vinciamo lo sconforto che spero qualcuno abbia provato quando si è  saputo il giorno dopo il 9 giugno che mentre noi sfilavamo in  100-150.000 (e chi più ne ha più ne metta), Prodi - incurante delle  voci che giungevano dalla piazza - stava firmando l’accordo  definitivo con Bush riguardo al nuovo aeroporto di Vicenza. Suvvia,  non arrendiamoci: in fin dei conti, per le manifestazioni non conta  il risultato pratico (vedi anche il precedente corteo a Vicenza  stessa), ma lo spettacolo che si offre. Anzi, guai a porsi degli  obiettivi concreti (tipo: costringiamo i Forchettoni rossi a bloccare  col voto parlamentare l’aeroporto a Vicenza, magari anche con le  botte, che oltre a far notizia fanno male) perché poi gli aficionados  dei cortei si accorgono che detti obiettivi non vengono raggiunti e  ciò crea disaffezione.

5) E infine non escluderei la possibilità di qualche corteo extra per  episodi di politica internazionale al momento non prevedibili. Insomma, ci attende un bell’autunno di cortei d’ogni genere e grado.

Quindi, avanti tutta, compagni e compagne (già, le donne, quasi me ne  dimenticavo... un bel corteo, di quelli fantasiosi e molto figurati,  ci vorrebbe pure per loro che di affronti ne stanno subendo tanti; ma  in quanto maschio non posso essere io a proporlo: attendo  suggerimenti e, almeno per questo corteo, credo che nemmeno Bernocchi  possa essere utile). Quindi, dicevo, avanti tutta al grido di:
“Corte! corteo!”.

Ma nell’attesa, anche l’augurio di Buone vacanze da un pentito anticorteo non-collaborazionista

Roberto Massari


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